IL RACCONTO DELLA DOMENICA

IL RACCONTO DELLA DOMENICA
APPARIZIONI
     Sembra che le apparizioni o manifestazioni soprannaturali siano arrivate a cifre record. Se ne parlava recentemente alla televisione portando testimonianze, che vanno dalla statua sanguinate alle espressioni estatiche. Il più delle volte osservo estraneo rimanendo fra il critico e lo scettico; analizzo severamente la persona che ti sta dicendo di essere stata protagonista di un simile evento, cerco di rimanere indifferente. All’inizio riesco ad ascoltare trasformandomi in giudice silenzioso senza reazioni. Poi mi lascio trascinare e mi immedesimo. Lascio così andare la mia mente e superate remore e critiche mi ritrovo immerso in una situazione in cui io divento protagonista di un evento straordinario.  La cosa certamente avviene in ufficio, non essendo io né pastore né una giovane ragazza di campagna, oppure in casa mentre sto davanti alla televisione. Emozionato, immagino di ripetere gesti e atteggiamenti che molte volte ho letto e che sono usuali in queste occasioni. Tutto funziona sino al momento in cui inizia il dialogo o monologo. A questo punto vengo preso dal panico.  CONTINUA…

 Ritornato me stesso, mi guardo attorno e fortunatamente nessuno ha potuto leggere nei miei pensieri e tutto finisce quindi senza apparenti conseguenze. Ma dentro di me qualcosa è scattato.  Sabato dico a mio figlio di lasciare la cartella, avvisare la mamma, mettere il minimo indispensabile in una borsa e farsi trovare pronto immediatamente. Non erano nemmeno le due del pomeriggio che già correvamo sull’autostrada. A Ventimigllia mentre facevamo dogana Andrea mi chiede dove andavamo. “In Francia ho un appuntamento importante, urgente ”  Passata la Linguadoca sulla destra Carcassone ti guarda minacciosa. Quando entriamo in un tunnel più lungo di solito mi aspetto che dopo il buio mi appaia una luce abbagliante e quindi ricomincia il panico. Fortunatamente non succede niente perché una cosa sono le apparizioni ai viandanti sul dorso di un mulo, un’altra quelle sulle nostre autostrade. Stanchi e frastornati arriviamo a destino dopo la mezzanotte. Piovicchia e fa freddo. Giù i sedili, una coperta in due, le borse per cuscino. Avevo posteggiato davanti la fontana pubblica quasi all’altezza dell’ingresso della parte superiore. Vicino al cancelletto dove inizia la scala che ti porta in basso. Non avevo mai visto prima quell’enorme piazzale e così vuoto mi sembrava inutile. Centinaia di cartelli ti dicono chiaramente che tu non sai nulla e loro tutto. Ci eravamo sciacquati e pettinati appena. L’aspetto non doveva essere dei migliori e mi sentivo osservato. Beh, devo ammettere che nessuno poteva non notarmi. Il pensiero che il solo fatto di aver dormito in macchina, di essere spettinato e con un po’ di barba dovesse attirare l’attenzione degli altri mi fece sentire cretino. E’ bastato dare un’occhiata in giro e subito vedevi chi erano gli altri e come erano. Davanti alla grotta una messa dopo l’altra. Ogni gruppo aveva il suo prete, nella sua lingua. Si vedeva che si conoscevano, si rassomigliavano anche.  Noi abbiamo partecipato senza unirci al gruppo. Lì seduti guardavamo gli altri, il prete, il poco via vai data l’ora. Poi abbiamo lasciato che i cartelli ci guidassero. Preghiera, raccolta dell’acqua, cero votivo. Barelle, carrozzine, infermieri con cinghie e con distintivi, fasce al braccio con sigle indecifrabili, suore con copricapo che sembravano cappellini, portantini, guide, colonne infinite di disgraziati che non aveva bisogno di nessun cartello e di nessun distintivo per dirti cosa avevano e cosa volevano.
Un cartello mi impone di andare dove tutti vengono immersi nell’acqua della sorgente. No! Noi non andremo.  Ritorniamo verso la grotta dove nel frattempo la gente si è fatta numerosa, l’organizzazione più presente. Rimaniamo lì seduti sulle panche di ferro ancora un poco e poi usciamo dal cancello principale.  Ripartiamo che sono appena le dieci di domenica mattina.      Durante il viaggio di ritorno ad ogni uscita del tunnel mi appariva sistematicamente quella statuetta in gesso che avevo visto in alto nella grotta.  Rivedevo tutta questa gente e potevo ripetermi una per una le preghiere, le grazie richieste, i desideri, le angosce, le speranze. Le apparizioni si fecero puntuali per tutto il viaggio di ritorno. Ormai ad ogni tunnel dopo la luce abbagliante si ripeteva il fenomeno. Ed io ripetevo meccanicamente le stesse cose avendo davanti a me tutta quella gente e la statua di gesso. Ora sentivo il bisogno di parlarne con qualcuno. Non potevo tenere tutto questo dentro. Andrò dal mio parroco. Sì, certamente, racconterò tutto a lui. “Ho avuto una visione” dirò così.  No, non va bene. “Ho sensazione di aver visto…”. Nemmeno così va bene. “Mi ha dato un messaggio…” no, non è così. “Mi è apparsa…” sì, ad un tratto mi sento sulla strada giusta. Sì, farò così! Corro in chiesa di filato. Mi precipito. Sono emozionantissimo. Agitatissimo. Mi passano davanti quelle file interminabili di carrozzine, la statua di gesso, la gente inginocchiata per terra, i fiori delle spose lasciati davanti alla grotta, gli ex voto, le fotografie appese al muro, i disgraziati di mezzo mondo. Sono calmissimo, sereno.   “Senta  Parroco, vorrei confessare i miei peccati…”.

                                                                                                                    Onofrio Sanicola