mercoledì 27 aprile 2011

SALVATORE , IL MIO PERSONAL TRAINER O MEGLIO IL MIO ANGELO CUSTODE

Lo conosco da sempre. Sin da piccoli eravamo inseparabili. Certe scene rimangono molto sfocate nella memoria ma il ricordo che ne conservano gli adulti e la descrizione che ne fanno ti aiutano a mettere a fuoco alcune scene sbiadite nella memoria. “Se non era per lui andavi a finire contro lo spigolo del tavolo…”. “Grazie a lui ti ho afferrato in tempo mentre mi eri scappato per la strada e quella volta che stavi per cadere nell’acqua bollente?” L’elenco potrebbe andare avanti ed aprire squarci bellissimi nel grande vuoto della nostra memoria infantile. “Sì mi ricordo vagamente… fu quella volta che mi tenevi in braccio e poi finì che ti scottasti tu…”. Insomma siamo stati sempre con te  “Lo avevo detto che oggi ti interroga”. Oppure  “Lascia perdere non sei il tipo, se ne accorgono subito che sei stato tu”. Non che fosse angosciante ma praticamente sapeva tutto. Siamo andati avanti per un  bel po’e devo ammettere che tutto è filato liscio. Se debbo essere onesto non ho niente da rimproverargli.. Qualcosa però un giorno é successo! Mi sono accorto di essere rimasto solo, ti manca qualcosa, quel riferimento non c’ è più.  Credo che sia coinciso con il mio matrimonio. Fu l’ultima volta che lo vidi., mi spinse  verso l’altare, rimase un po’ a guardarmi, mi sorrise, io girai la testa come per ricevere un ultimo incoraggiamento, presi la mano della mia sposa e da quel momento non lo rividi più.  Ogni tanto lo cercavo, mi informavo, indagavo. Niente di  niente. Si vede, mi dicevo, che non vuole intrufolarsi. Poi la mia vita è trascorsa con figli, lavoro, tanti progetti, qualche sogno, qualche problema, amici e cose che segnano il tuo cammino come pietre miliari fisse da millenni allo stesso posto ma da dove tutti dobbiamo passare.  Qualche tempo fa, a messa nella chiesa strapiena mentre guardavo il minore dei miei figli seduto fra i compagni nei posti davanti come d’abitudine, ho visto un adulto vicino ai ragazzi, poi piano piano il mio stupore è diventato incredulità e poi gioia. Stavo per urlare “Salvo! Dove sei stato sino ad oggi?” Mi sono controllato, ho atteso pazientemente la fine della messa, dei saluti, degli avvisi, degli avvisi degli avvisi, degli applausi non so per chi, del coro piccolo, del coro grande; la passerella dei sorrisi, l’imposizione della buona stampa; scampando almeno a tre riunioni su scuola per genitori ripetenti; su come educare i figli con lezioni con uso di terminali collegati con assistenti sociali educati dai salesiani e con dispense intercambiabili in base al tipo di figlio posseduto e alla fine sono uscito di corsa gridando “Salvino, non si può sparire per vent’anni anni come se niente fosse… giuro che ho pensato che fossi geloso… capisco che prendere moglie cambia la vita ma se ben ricordi fosti proprio tu a spingermi, non credo di essermi comportato scorrettamente e in modo tale da essere evitato per così lungo tempo…” Ho ammesso di avere una serie di difetti: sono egoista, non ho pazienza con gli ipocriti, non sopporto la metà di quelli che mi stanno accanto malgrado riconosco che sono molto più bravi di me, sono aggressivo verso chi magari sbaglia in buona fede, non so tacere molte volte, beh insomma non vorrai che ti faccia l’elenco. Durante la settimana ci siamo visti spesso, soprattutto la sera sul tardi perché di giorno è molto impegnato. Facciamo lunghe passeggiate poi mi riaccompagna fin sul portone ed una volta addirittura sino al  piano, io sono molto soddisfatto, ho ritrovato un vecchio amico con cui parlare e la cosa sarebbe andata avanti chissà per quanto se l’ altro giorno con la scusa della mia influenza non fosse entrato in casa nostra uno di quelli che fanno un mestiere così moderno ma incredibile! I ragazzi lo chiamano lo strizzacervelli … io li ho  nominati diversamente e purtroppo in modo irripetibile. Una volta fra gli amici al paese avevi un sacco di artigiani: uno apprendista falegname, l’altro meccanico, un altro ciabattino, un muratore, un conciatore e così via. Ora poco  poco ho tre amici ingegneri, non so quanti insegnanti e professori per non parlare di sei dico sei tra assistenti sociali, psicologi e psichiatri. Tra la febbre e le urla dei ragazzi ho captato alcune frasi  “… ma no, non sempre fa così… si é vero per la strada parla da solo… canticchia anche… si canticchia  a due voci… poi si ferma come se aspettasse che l’altro finisca e poi va da solo,  no, alterarsi mai sembra che discuta con qualcuno che conosce… si sorride spesso…” Mia moglie rivolta all’amico psicologo ha continuato: “L’ unica cosa di cui ho paura… sono venuti anche i vicini a dirmelo… quando passeggia attraversa anche con il rosso ma non di corsa, tranquillo come se fosse ai  giardini, non si fa sfiorare dalle macchine che corrono,  non si agita… sembra come se ….  come se qualcuno...” “Dimmi dimmi…” ha insistito l’amico medico. A questo punto mia moglie incrociando il mio sguardo si è fermata, poi si è alzata lentamente e ringraziando il dottore e accompagnandolo alla porta: “ Scusa sai ma l’ influenza è una brutta cosa, bisogna aver pazienza… l’ influenza di città non è come quella di paese…’ mentre il professionista, anche se abituato alle stranezze, non si è accorto di nulla.  Io mi ero accorto che mia moglie da un po’ mi spiava,   l’ho lasciata fare e passato un po’ di tempo tutto è tornato alla normalità. Con Salvo ho chiarito ed ora ogni residuo dubbio é stato rimosso,. mi sono scusato dopo aver ammesso che  non si era poi molto allontanato, ero io che non lo vedevo… Ho sentito inavvertitamente una telefonata di mia moglie: “Ma no! non sono preoccupata e cosa vuoi che  gli  succeda… non é la prima volta… e poi  non va mica solo! Ho sentito che  lo accompagna Salvatore… si  per qualche ora lascia i ragazzi da soli… guarda ti assicuro che sono tranquillissima… ringraziamo Iddio che c’é Salvatore altrimenti non si potrebbe attraversare nemmeno la strada…”Salvatore chi?”. “Salvatore!  - ripete mia moglie con naturalezza mentre io vado ad aprire la porta a Salvatore che nel frattempo ha riportato i ragazzi da scuola -  tu non lo hai visto ultimamente assieme a lui perché doveva occuparsi dei ragazzi, ma ora sono cresciuti ed ha meno da fare con loro… ma sì, Salvatore, il suo Angelo Custode…”

Onofrio Sanicola

lunedì 25 aprile 2011

CRISTO E' RISORTO ! PASSAPAROLA !

Crocifisso:Anonimo- 2 ladroni A.Messina


Stasera non parliamo di briganti 
Lasciamoli stare i cavalieri erranti
Orlando Rinaldo Ruggeri e Bradamanti 
Si inchinano sgomenti e riverenti!
Stasera lu rusariu avemu a diri 
Comu facia me nonna in prima fila
Quannu incominciava la rappresentazioni  
Ca di Gesù Cristu cuntava la passioni!








QUELLA DONNA NERA NERA...

Quella donna nera nera
Aveva i capelli bianchi bianchi
Solo gli occhi aveva rossi
Nelle mani pelle e ossa
Sì l'arristaru ddu poviru cristu
E di notti lu vinniru a pigghiari
La polizia un si lu fici scappari.
Sputi nirbati calci lignati
Accussi si tratta un puvureddu
E si vidia ca paria n'agneddu.
Pugni sputi morsi e nirbati
Tutti ci davanu lignati.
Poi lu purtaru davanti a la genti
E iddu gridava sugnu nnucenti!
Ma l'autri ci arrispunneru
Mortu lu vulemu Gesù nazarenu.
Legno e carne misero insieme
E lo portarono sopra quel monte
E quella donna ormai si capiva
Che dietro di lui ormai moriva.
Hanno ammazzatu Gesù nazarenu!
Ora lu munnu è chiu serenu!
Questo non fu un delitto d'onore
Qui non c'entrano donne ed amore
Non fu per danaro né vendetta
Che usarono la croce ora benedetta!
Delitto onore amore e vendetta
Lui mise inseme con arte perfetta!
Signori miei la storia è cosi
Fu un suicidio quel venerdì!
S'ammazza Gesù nazarenu
Ora lu munnu e chiu serenu!!!

sabato 23 aprile 2011

ANTONINO ANESTIS !

ANTONINO ANESTIS !
LA PASSIONE DI ANTONINO DI SCLAFANI
Era nell’aria. Lui stesso lo aveva più volte detto. Da poco la politica ci aveva privato della cultura di Onofrio Benanti , quo vadis Nuccio ?, ed il caso ora ci restituisce Antonino Di Sclafani, già capogruppo Pd , ma prima apprezzato cattolico progressista . Ma soprattutto punta di diamante della nostra cultura locale. Aveva minacciato (vendo la casa e vado via ) , ha superato ogni e qualsiasi insulto in prosa e versi, stomaco rinforzato, coraggioso difensore del clero “perseguitato” , sognatore di un Vaticano II a sua misura, scrittore di storie locali in compartecipazione, usufruitore di musica colta, presenzialista di ogni evento locale. Ora finalmente torna alla cultura. Ci si risparmi teatralità e fantapolitica. Silenzio assoluto sulla Pravda !
“ Quando si dimette il capogruppo PD il fatto non è personale , ma politico. Attendiamo la verità.” Sentenzia Franco Virga.. “ Era meglio rimaneva per agire dal di dentro” per i cattolici conservatori .
Ci auguriamo che torni alla sua famiglia e alla cultura. Se chi è uscito recentemente non ci ha lasciati sgomenti ( ormai è divenuto un politico navigato) chi è tornato rischia di dare maggior spessore alla cultura libera non più imbastardita dalla politica , serva dei politici.

venerdì 22 aprile 2011

IMPARIAMO A LEGGERE

Fotomontaggio di Pino Taormina da Marineoweblog
Caro Direttore
la foto che hai pubblicato necessita di un commento ! E’ un fotomontaggio, uno scherzo ? E’ l’addio al suo “scanno” , dove sono il presidente ,segretari, consiglieri.
Si intravede Rosario Vivona ed una altra figura.
Sono usciti tutti per la pausa caffè senza avvisare il capogruppo Pd ?
Per favore …..grazie   S.O.
Replica
G. Taormina scrive:
Carissimo Onofrio, dando una interpretazione personale alle dimissioni di Nino l’ho fatto attraverso l’immagine. E’ un fotomontaggio che ritrae Di Sclafani il giorno del suo giuramento. Nello stesso tempo la foto mette in evidenza il consigliere Di Scalafani nell’ esercizio delle sue funzioni; esprime le sue idee, il suo disappunto, la sua approvazione, le sue critiche, il suo parere, il suo pensiero, le sue riflessioni,… un Nino Di Scafani che non ha mai esitato ad intervenire durante i lavori del consiglio comunale, un Nino Di Scafani che ha sicuramente dato il suo contributo per “armonizzare” la vita politica locale.
L’altra parte della foto evidenzia il “vuoto” dell’aula, come ad indicare un consiglio troppo “assente” (non solo fisicamente) e poco volenteroso, fino al punto di determinarne l’assenza del “pubblico”, del cittadino che si allontana sempre di più dalle istituzioni. Forse ha ragione il Presidente del Consiglio Comunale, Vincenzo Quartuccio, a dire che le dimissioni di Nino Di Sclafani rappresentano una sconfitta per la vita politica marinese.

giovedì 21 aprile 2011

CAIFA E PILATO

 
La scena si svolge fra il pretorio e la casa di Caifa.
Musica Haydn 6 sonata V Canzone canto 15 del Pulci
Caifa Non abbiamo scelta quest'uomo va condannato a morte! Bar abbas si e' proclamato... bestemmia!! Inaudito sobillatore... bestemmiatore...Soggioga le folle... e che seguito si e formato... riempie le montagne di gente... di questo passo…Contesta anche le sacre scritture... demolisce l’autorità del tempio...A morte... a morte... da Pilato... che non si dica che noi abbiamo messo a morte un profeta e di Pasqua anche...
Pilato Caifa lo manda e rimanda a me con l'accusa di sovversione e bestemmia,cosa dice l'esposto? Si e' definito addirittura Bar Abbas...Centurione? Centurione ? Che significa bar abbas...

CENTURIONE entrando

Figlio del padre. Bar figlio, Abbas padre:Barabbas cioè figlio del padre in pratica figlio di Dio
Pilato fa cenno al centurione di uscire
Cavoli... ecco perché Caifa sbraita... allora non potendolo condannare a morte loro, perché la jus gladii cioè la pena capitale spetta a noi Romani, questi giudei usando un pentito un delatore quel Giuda iscariota... l'hanno incastrato. Se la vedano loro troppo comodo così... Caifa non mi freghi...Non abbocco. Me lo immagino cosa diranno a Roma: patì sotto Ponzio Pilato…
E no... io sono il Procuratore della Giudea non mi occupo di beghe giudaiche

Caifa

Di nuovo... questo Romano e' più furbo di quanto pensassi... deve capire che definirsi figlio di dio da noi e' passibile di pena capitale e siccome solo voi Romani potete esercitarla tocca a voi eseguire la nostra sentenza... riportatelo indietro... argomento chiuso...
Teresa prepara la Pasqua... non bruciare l'agnello...
Pilato E' così.? Riepiloghiamo: come Romano non ho imputazioni verso quest'uomo: non ha ammazzato, non ha rubato,dà a Cesare quello che e di Cesare, non e' uno stupratore… insomma per noi e' in regola, per loro e' un bestemmiatore, un sobillatore,un falso profeta... ha preso a schiaffi preti e mercanti nel tempio .Eh no caro Caifa ora ti sistemo io siccome spetta al governatore, che ora non c'e', amministrare la giustizia e quindi la pena capitale, cioè la ordo iudiciorum publicorum praticamente la giustizia pubblica, io ho il diritto eccezionalmente, quale procuratore, di accedere ad una procedura di tipo amministrativo. La cosiddetta cognizio extra ordinem, allora faccio le due cose procedura speciale amministrativa svolta davanti al pubblico così sia il popolo a convalidare la sentenza...Ed io caro il mio bel prete caro Caifa me ne lavo le mani...Ma siccome tu volevi incastrarmi in disquisizioni teologiche e intellettuali scaricando su di me le conseguenze future di portare a morte costui io ti rispondo, al popolo... al popolo…Se il popolo dichiarerà libero Gesù vuol dire che volevano salvare l'uomo di Nazaret, il carpentiere insomma... E salvandolo cade tutto il discorso teologico...Quest'uomo se ne va a casa sua malconcio e impaurito e la sua storia finisce qui... altro che figlio di Dio... di lui non si parlerà mai più...Ma se il popolo sceglie di liberare il figlio del padre, o come lo chiamano loro bar abbas... allora sarà messo a morte questo Gesù e se è veramente bar abbas, il figlio del padre, allora caro il mio Caifa ti ci vorranno almeno duemila anni per uscire dall'accusa di aver messo a morte il figlio del padre e tu farai inutilmente giochi e giochetti per far ricadere la colpa sul popolo o su noi Romani
VOCI della FOLLA

Pilato Centurione...centurione...tribuni su venite portate quell'uomo...

Pilato Ecce Homo...
ENTRA LENTAMENTE GESU

Voci della folla

Pilato ripete : Ecce Homo !
Voci e mormorii tra la folla... Pilato calma la folla
Pilato - Volete libero Gesù di Nazaret il carpentiere o il figlio del padre

Mormorio della folla

Pilato Ve lo dico in greco cosi tutti possono capirlo,Telete elefteros jesus o nazareno o ios to

pateras...

Mormorio della folla

Pilato Va bene affinché non ci siano dubbi ve lo dico nella vostra lingua
resunkem sceattir lakem iescua et ben bar abbasc?
FOLLA BAR ABBAS BAR ABBAS BARABBAS BARABBA BARABBA
Barabba...barabba...barabba...barabba...
PILATO PARLA CON LA MOGLIE , SCUOTE LA TESTA SI LAVA LE MANI
SIPARIO
Musica bar abbas passione di Bach cd n.3 2-4-5- chorus barabban n.2 -

S i p a r i o

IL PROCURATORE DELLA GIUDEA

PERSONAGGI: ELIO LAMIA E PONZIO PILATO

Ponzio Pilato ed un suo amico Si incontrano dopo diversi anni

ELIO LAMIA Ponzio Pilato grazie agli dei mi è dato rivederti

Pilato non riconosce l’uomo

ELIO
Dopo vent'anni devo essere invecchiato veramente se tu non riconosci il tuo ospite Elio Lamia

Si abbracciano

Pilato
Mi ricordi, nel vederti, i giorni nei quali ero procuratore della Giudea. Trent'anni fa ti ho conosciuto e per dieci anni mentre io ti addolcivo l'esilio a Gerusalemme, dove gli ebrei mi abbeveravano di amarezza e disgusto, ci facevamo compagnia consolandoci tu delle tue disgrazie io della mia carriera.

Si abbracciano nuovamente

Elio

Ma dimmi Ponzio come va.la salute la famiglia Sei felice, godi fortuna...

Pilato

Mi sono ritirato in Sicilia e godo della compagnia di mia figlia rimasta vedova. Ho la gotta... ma sono sano nello spirito...Sono qui per curarmi in queste sorgenti sulfuree

Elio

Ti trovo bene e seppure tu abbia dieci anni di più sembriamo coetanei... Come mai ti sei ritirato in Sicilia abbandonando le cariche pubbliche? Raccontami tutto. Ci siamo lasciati che stavi reprimendo una rivolta di Samaritani mentre io partivo per la Cappadocia per affari.

Pilato
Sediamoci così ti racconterò dalla rivolta di quei Samaritani in poi.Trascinati da un predicatore del luogo i Samaritani occuparono i templi sul monte Gazim. Là adorano un loro dio, un certo Mosè e chi predicava promise non so che ritrovamento di reliquie antiche. Questo portò tumulti e sedizioni e per dar loro con poche vittime un grande esempio misi a morte i capi della rivolta. Tu sai che non ero in buoni rapporti con il proconsole della Siria, Vitellio e quando ,i Samaritani, ricorsero a lui definendomi provocatore ,Vitellio mi ordinò di presentarmi a Roma davanti all'imperatore per giustificarmi. Giunsi a Roma che Tiberio era morto e Caio nel succedergli, malgrado la sua intelligenza, si circondava di asiatici amici di Vitellio. Non mi rimase che la Sicilia dove sono consolato da mia figlia e dalle messi che i miei campi mi elargiscono generosamente...
Elio
Sono sicuro che contro i Samaritani hai agito con la tua solita rettitudine..Non è però che in questo caso ti sei fatto prendere la mano dal tuo temperamento impetuoso? Ti ricordi quante volte, anche se più giovane, ti consigliavo clemenza, dolcezza e prudenza?

Pilato

Dolcezza con gli ebrei? Tu li conosci male... Sono nemici del genere umano...Sono al tempo stesso fieri e vili, di una viltà ignominiosa e posseggono un'ostinazione invincibile, rifiutano allo stesso modo l'amore e l'odio. No caro amico... tutto ciò che viene da noi per i giudei è impuro... profano... odioso...Tu sai che avevano paura di essere contaminati addirittura nel Pretorio e mi costringevano ad amministrare la giustizia nel porticato, in quel lastricato che per tante volte hai frequentato! Ci temono e ci disprezzano…

Elio

I giudei sono molto attaccati alle loro antiche usanze e a torto sospettavano che tu volessi abolire le loro leggi e cambiare i loro costumi. Anche tu Ponzio non hai fatto nulla per dissipare la loro diffidenza...Alle volte sembravi compiaciuto nel provocarli ...eri sprezzante...e quando potevi li vessavi...

Pilato

Vedi Elio Lamia loro non hanno un'esatta conoscenza degli dei...Mi ricordo che un giorno un pazzo furioso gettò a terra gabbie e mercanti e i sacerdoti se ne lamentarono come di un sacrilegio...Ma perché ridi Elio Lamia ?

Elio

Rido perché da come ne parli un giorno il giove degli ebrei potrebbe insediarsi a Roma e perseguitarti con il suo odio...Ah... ah... Guardati Ponzio Pilato che un giorno il giove degli ebrei non sbarchi ad Ostia!

Pilato
Mi fai sorridere amico... come può il dio degli ebrei sbarcare ad Ostia se nemmeno loro riescono ad andare d'accordo sulla interpretazione delle loro leggi?
Elio
Ti capisco Ponzio... capisco il tuo rancore! La parte del carattere degli ebrei che tu hai conosciuto è riprovevole...Ma io non avevo cariche e impegni di Stato! Ero esule e mi immischiavo al popolo e ne ho scoperto oscure virtù che probabilmente tu non hai potuto rilevare...Ho conosciuto ebrei pieni di dolcezza, di costumi semplici e pii, di cuore fedele… Dico questo per equità perché ti devo confessare che anch'io non nutrivo molta simpatia per gli ebrei...Al contrario le donne mi piacevano molto...Ero giovane allora e quelle donne mi turbavano! Le loro labbra rosse, gli occhi umidi e splendenti nel buio, quello sguardo... mi penetrava nelle ossa... odoravano di nardo e mirra che macerate negli aromi davano al loro corpo un sano e delizioso godimento...e poi danzano con tanto languore. Ho conosciuto un'ebrea di Gerusalemme in una bettola che alla debole luce di una lanterna su un logoro tappeto danzava levando le braccia e agitandole faceva suonare i cimbali...Le reni inarcate la testa rovesciata e con gli occhi annegati nella voluttà... Ardente... Languente… flessuosa nella sua folta chioma rossa! Amavo la sua danza il suo canto rauco e dolce, il suo odore d'incenso...La seguivo dovunque... mi confondevo fra i soldati, i pupari, i cantimbanchi , i cantastorie i pubblicani...Un giorno disparve nel nulla...La cercai nei vicoli malfamati e nelle taverne. Era più facile rinunziare al vino greco che a lei...Qualche mese dopo seppi, per caso, che si era unita ad un piccolo gruppo che seguiva un giovane taumaturgo della Galilea, che poi fu crocifisso non ricordo bene per quale delitto. Dovresti ricordarne il nome Ponzio perché il caso ti procurò non poche seccature, mi ricordo bene, ti innervosì moltissimo...

Pilato

Come pensi possa ricordare il nome di un giudeo dopo tanti anni e tenendo conto che in quel periodo emettevo continuamente condanne a morte vista la durezza degli ebrei.?

Elio
Eppure dovresti Ponzio Pilato! Ricordo che ti lamentavi che per giorni eri costretto a discutere con i sacerdoti sul sé sul come e sul quando! Si parlò di errore e mi ricordo bene che quel giovane... Come si chiamava... Ah l'età che scherzi fa mio caro Ponzio Pilato. Dicevo che quel giovane condannato e poi crocifisso, non ricordo per quale delitto, aveva un carisma tale che io perdetti per sempre la mia danzatrice...Come si chiamava... Si chiamava... ora ricordo... Gesù il nazareno... sì, Gesù il nazareno… Sì, proprio così Lo ricordi Ponzio?
Pilato Come hai detto?

Elio Gesù il nazareno?

Pilato Gesù il nazareno... Gesù il nazareno…No! Mai sentito nominare...

Sipario lentamente...
Da Anatole France. Riduzione e adattamento teatrale.

lunedì 18 aprile 2011

LA BELLA LA VA AL MULINO...

Diciamolo subito. E’ una bella serata. La prima cosa che colpisce è l’aula consiliare con i busti dei padri della Patria. Una comunità che non nasconde il proprio passato, che ricorda i grandi di Misilmeri. I Bonanno non erano certamente tutti santi ma nemmeno “sanguinari”… E poi il fondatore dell’orto botanico, il busto di La Masa e cosi via. Non bastano le attenzioni di Marco Giammona verso gli ospiti e l’organizzazione: il convegno Mulini ad acqua nella valle dell’Eleuterio – risorse di ieri e di domani inizia con forte ritardo. Però sembra un ritardo organizzato cioè si dà la possibilità a relatori e pubblico di dialogare. Giammona constatato il “tutto in ordine” inizia. Cortesemente non ci sbatte in faccia né il suo sapere né la sua carica. Elegante e discreto esce subito di scena passando la parola al sindaco. Piero d’Aì sottolinea l’importanza del tema aggiungendo ricordi personali ed invita a continuare il dottor Di Palermo. Questo assessore, già apprezzato come medico, invita i relatori a dare il loro contributo. Sino ad ora la parte “politica“ è stata esemplare. Nessuna sbavatura né arroganza. La sala è pienissima, notiamo molte personalità della cultura rispettati e onorati. La presenza di una suora ci fa temere un rosario collettivo, ma invece ascolterà attentamente tutti i lavori come del resto tutti gli altri presenti. Non ci sono porte che sbattono, né telefonini maleducati, né via vai di gente insolente. Il mio campanilismo è forte e si accentua quando nessuno cita “sin sotto i mulini di Marineo”. Uno dei più antichi documenti sui mulini dell’Eleuterio. Il prof. Giuffrida si dilunga in una dotta descrizione dell’uso dei vari mulini (ad acqua, a vento, ad energia ecc.), l’ing. Di Salvo fa una descrizione dei meccanismi delle macchine ad acqua, interrotto ogni tanto da una voce apparentemente anonima e fuori luogo, mentre invece si tratta del proprietario del mulino Paratore, Vicari, mio vicino, che un po’ acconsente un po’dissente discretamente ma fermamente. E’ bello sentirlo perché rievoca cose che quasi tutti ricordiamo sui mulini. “Se in Lombardia avessimo la Sicilia sarebbe un’oasi” questa ed altre bellissime frasi provengono da una voce melodiosa e accattivante. “I mulini erano anche centri di aggregazione” continua la voce. Credo sia una hostess preposta a leggere certi passaggi ed invece è una “bellissima ragazza della nostra generazione”. Sorriso che si arriccia verso il naso, occhi limpidi anche se impercettibilmente affaticati, faccia senza ombre, espressione sicura di una donna sapiente. Non vola un insetto, non si sente un pur minimo rumore. La pioggia, ora abbondante, accompagna le sue parole in accordo. In questi dieci minuti canticchio tutte le canzoni sui mugnai e le ragazze che andavano audacemente al mulino. Rita Cedrini va da Pier Capponi ai carrettieri con disinvoltura e professionalità. C’è stato solo un momento di forte dissenso: quando ha concluso il suo intervento. ‘Dottor Giammona, comprendiamo che la sua compagna possa essere gelosa ma qui un mazzo di fiori ci stava bene…” Il giovane arch. Domenico Falcetta si lancia verso un utilizzo futuro dei mulini. Era la parte che più aspettavamo. Ottima la sua esposizione coadiuvato da un video guida che permette di “rileggere” quanto esposto verbalmente. Provo tutta la sera ad immaginare questa meravigliosa passeggiata da Bagheria allo stretto (malupassu) fra cartelli indicatori tipo “guide alpine”, o tipo “ti trovi qui” cioè ti sei perso, piste di motocross, panchine, punti sport, ristoro e cosi via. Un sogno. Subito dopo Giammona tira fuori una descrizione dei mulini affascinante. Lo vedi scarpinare fra botti e mole, condotte e macine. La descrizione, molto tecnica, sembra un racconto. Mi sorge il dubbio alla fine che il presidente della Commissione Cultura cercasse più le mugnaie che i mulini. L’espressione della fidanzata mi rassicura come stanno veramente le cose. Pur non essendo un dibattito il dottor Giammona accetta tutti i commenti e interventi peraltro brevi e concisi non lasciando vuoti o scontenti. Ed io, che mi ero preparato a rivendicare alla storia Marineo ed i suoi Mulini, ho rinunciato perché il Giammona aveva correttamente citato più volte Marineo. Come dire: “Si segga, noi sappiamo fare il nostro dovere di ospiti”.
Il sindaco alla fine ci obbliga a recarci tutti nel suo ufficio.
Misilmeri ha un bel passato. Questo Piero D’Aì è un ottimo ospite, ci fa trovare un accogliente buffet dove stranamente nessuno vi si catapulta ma sceglie cosa assaggiare. Volontari della protezione civile e dipendenti sono dappertutto negli angoli pronti a soccorrere con informazioni e cortesie. Commessi, bibliotecari, funzionari sono cordiali e senza arroganza, né lagnanza. Una prosperosa e formosa Italia dipinta sul soffitto sembra sorvegliarci. Anche Marineo ha fatto la sua bella figura. Il sindaco ha portato i saluti della nostra comunità ben sapendo che tre quarti dei mulini trattati sono nel territorio di Marineo e aver lasciato il nostro assessore alla Cultura a presenziare il convegno è stato molto apprezzato. Mentre stavo congedandomi dalla signora D’Aì, che aiutava il marito distribuendo sorrisi, il sindaco di Misilmeri mi si avvicina e mi sussurra una gustosa battuta su Gano di Magonza e Orlando che ha fatto ridere il gruppetto che si avvia verso l’uscita. Risalgo verso i nostri monti accompagnato dal canto dell’Eleuterio che si lamenta di aver perso la compagnia dei suoi mulini. Faccio la strada vecchia quella che passa da Risalaimi costeggiando il vecchio fiume sino a lu malupassu risalendo sotto il castello, sfiorando i vecchi canali secchi d’acqua dove le pale dei mulini non trasmettono più energia alle mole ma pieni d’orgoglio, d’accordo con il vento, emettono lamenti e racconti del tempo che li vide protagonisti.
Onofrio Sanicola

I MULINI AD ACQUA DELLA VALLE DELL'ELEUTERIO

Di Marco Giammona

Verso la fine del XIX secolo e fino alla metà del ’900 più di venti mulini ad acqua operavano attivamente lungo il bacino idrografico del fiume Eleuterio e sono documentati sin dal 937. A parlarci degli insediamenti nella zona di Risalaimi, è la Cronaca dell'isola della Sicilia, scritta durante la dominazione musulmana ed esistente all'Università di Cambridge. Nella detta cronaca, riguardo alle controversie degli anni 937-941 verificatesi nella zona di Agrigento, si dice che: "il 17 aprile del 937 gli Agrigentini si sollevarono contro l'Emiro Salim, dopo una serie di vittorie ottenute in varie località dell'agrigentino, puntarono verso Palermo dove il 2 luglio dello stesso anno, sotto le mura della città, dopo una dura battaglia contro i fatimiti, furono sconfitti e inseguiti fino ai Mulini di Marineo“. Un ramificato sistema di canalizzazione costituiva la forza motrice di questa diffusa attività produttiva a cui corrispondeva una altrettanto capillare rete distributiva. Per secoli la proprietà dei mulini rimase appannaggio della nobiltà e del clero, che ne traevano, oltre a notevoli vantaggi economici, prestigio e potere. Il tipo di mulino ad acqua che era lungo l’Eleuterio, fu ideato dai romani e costruito nei vari territori conquistati. Continuò a funzionare, senza subire modifiche, fino a l’era contemporanea quando, al pari di tutti gli altri mulini ad acqua siciliani furono attivi fino agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Vennero abbandonati in seguito all’avvento dei mulini a funzionamento elettrico sorti nelle immediate vicinanze e/o all’interno dei centri abitati senza tuttavia alterare la sostanza di una tecnologia secolare, costituita di gesti profondamente «abituali» inseriti sapientemente in un ciclo determinato dal tempo della semina e del raccolto, dalla domanda bassa e poco differenziata, ma costante, presente in un mercato essenzialmente rurale. Mentre i mulini ad acqua erano spesso dislocati in posti impervi, tanto da essere raggiungibili solo con muli o asini ed erano soggetti a funzionamento discontinuo e strettamente dipendente dalla portata del fiume, di contro quelli elettrici risultavano di comodo accesso e potevano garantire un funzionamento continuo. Il mulino ad acqua costituiva un notevole esempio di ingegneria industriale e rappresentava per i contadini la meta finale cui recarsi ogni anno col raccolto strappato alla terra, spesso con esiti esigui. Tuttavia quella civiltà contadina, scarsamente dotata di mezzi, svolgeva la propria attività in piena armonia con le risorse naturali disponibili e nel totale rispetto dell’ambiente circostante. Lungo il corso del fiume Eleuterio è oggi possibile trovare le tracce di questo passato. Dei 18 mulini ad acqua censiti che sorgevano tra Misilmeri e Marineo come attesta la Carta Idrografica della Sicilia del 1891 ben poco si è salvato. La maggior parte sono andati del tutto in rovina, di alcuni rimangono intatte soltanto le cisterne (poiché ancora utilizzabili per la raccolta dell’acqua) e qualcuno, conservato nella struttura esterna, è stato interamente trasformato in magazzino o abitazione. Di quelli più antichi oggi ricordiamo i mulini “Cozzi” e quelli di “Paratore, “Risalaimi”, “Mulinello”, “Mmenzu”, “Murtiddi”, “Abbadessa” e “Stretto”.Di alcuni di essi rimangono solo dei ruderi e di altri solo tracce all’interno degli edifici che li hanno ospitati. Meglio conservati sono i due mulini di “Mulinello” e “Mmenzu“.

INTERVENTO FACOLTATIVO:                                                                                 
“La speranza di non perdere queste importanti tracce del passato deve essere affidata ad una azione di valorizzazione: salvare, riutilizzare, valorizzare e promuovere anche a livello turistico-rurale queste antiche strutture produttive significa restituire dignità alla nostra storia.....”

Mulinu  menzu foto di Marco Giammona

venerdì 15 aprile 2011

IL CASATO DEI RAMPOLLA

Non solo cardinali.
Il casato dei Rampolla del Tindaro, nobili terrieri delle Madonie
Un papa mancato, un rivoluzionario che disse di no a Garibaldi,
un coraggioso oppositore della mafia a Marineo,
e poi storici, letterati, latinisti, partigiani, comandanti, giornalisti.
Piccola storia di un casato illustre e dei suoi protagonisti
ricostruita grazie alla saggista Ida Rampolla del Tindaro
di Mariolina Sardo
Se non fosse stato per Cecco Peppe, così il popolo chiamava Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e Ungheria, oggi vanteremmo un papa siciliano. Il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, nato a Polizzi Generosa, Segretario di Stato di Papa Leone XIII, per la sua attività diplomatica, il suo fiuto politico, l’integrità della sua vita, aveva tutte le carte in regola per succedergli ma nel conclave di quel torrido agosto del 1903 si oppose l’arcivescovo di Cracovia, esecutore della volontà dell’imperatore che rimproverava al cardinale una politica filo-francese e antiaustriaca. Ma furono solo queste le ragioni? Questo ed altro ci ha raccontato Ida Rampolla discendente del nobile casato.
Gentile professoressa, secondo lei la mancata elezione al soglio di Pietro del cardinale Mariano Rampolla fu dovuta al veto dell’imperatore Francesco Giuseppe o c’erano anche ragioni personali?
‘Le ragioni del veto furono parecchie e di natura politica. E’ vero che si è parlato anche di ragioni personali e cioè del rancore di Francesco Giuseppe verso il cardinale che si era opposto alla richiesta di divorzio avanzata dall’arciduca Rodolfo d’Asburgo, il quale aveva una relazione con la baronessina Maria Vetzera. Avvenuta la tragedia di Mayerling in cui Rodolfo dopo aver ucciso la Vetzera si era suicidato, il cardinale, al quale era stata chiesta l’autorizzazione per i funerali religiosi, aveva rifiutato perché vietati allora per i suicidi, e il figlio dell’Imperatore non poteva fare eccezione - Francesco Giuseppe però li fece celebrare ugualmente, parlando di un incidente di caccia - L’opinione che le ragioni del veto fossero queste è legata essenzialmente all’opera di un altro grande figlio di Polizzi Generosa, lo scrittore Giuseppe Antonio Borgese, che scrisse il romanzo La tragedia di Mayerling e il dramma L’arciduca.
Ci sono nuovi documenti oggi?
“La scoperta di nuovi documenti ha messo in luce altre motivazioni, che in parte erano già note. Francesco Giuseppe fu spinto ad esercitare il diritto di veto, prerogativa degli imperatori cattolici, dal re d’Italia Vittorio Emanuele III, che non voleva un papa a lui ostile. Erano i tempi della questione romana, l’Italia aveva occupato con la forza lo Stato pontificio e il Segretario di Stato aveva sempre difeso i diritti del papa. Di tutto questo (ed anche di altre ragioni politiche, che vanno inquadrate nel clima dell’epoca e nella contrapposizione dei due grandi blocchi, la Triplice Alleanza e la Duplice Intesa) si è parlato nel convegno sul cardinale tenutosi a Polizzi Generosa nel 2004, con la partecipazione di illustri storici, i cui atti sono stati pubblicati a cura di don Calogero Cerami (Salvatore Sciascia ed., 2006). Importante anche l’opera Conclave e potere politico - Il veto a Rampolla nel sistema delle potenze europee di Luciano Trincia, ed. Studium, 2004, uno degli oratori del Convegno di Polizzi. Bisogna anche ricordare che dopo quel clamoroso episodio il diritto di veto, lo jus exclusivae, fu abolito da Pio X. Nessuna potenza politica può dunque più inserirsi oggi nelle decisioni del Conclave”.
Si dice che sia stato grande collaboratore di papa Leone XIII, suo confidente ed esecutore dei suoi grandi disegni, arrivando addirittura ad influenzarlo…
Il cardinale Rampolla fu certamente un grande collaboratore di Leone XIII, il quale, in punto di morte, gli disse: ‘Abbiamo lavorato insieme’.”
Dopo la mancata elezione a papa, contro cui aveva protestato energicamente più che per sé per l’ingerenza del potere laico negli affari della Chiesa, il suo antenato fu messo a riposo con incarichi minori. Ha lasciato segno della sua amarezza per la sconfitta in qualche scritto, un diario…
“Dopo la mancata elezione, il cardinale ebbe vari incarichi importanti: fu Arciprete della Basilica di S.Pietro, bibliotecario della Vaticana, Segretario delle Congregazioni del S.Uffizio, Primicerio di S.Maria Odigitria, la Chiesa e Confraternita dei Siciliani di Roma, ecc. Non lasciò un diario, ma si dedicò ad un approfondito studio su S.Melania juniore senatrice romana in cui rivelò la sua grande cultura classica, la sua perizia filologica e linguistica nel decifrare antichi documenti e la sua profonda conoscenza dell’arte cristiana dei primi secoli. L’opera non è solo di interesse agiografico ma presenta un quadro completo e quanto mai interessante della vita romana dei secoli IV e V d.C., con particolare riguardo al contributo dato dalle donne alla vita culturale del tempo”.
Come un prelato del Rinascimento il cardinale sostenne generosamente l’arte…
“Il cardinale fu un grande mecenate: restaurò da cima a fondo la Basilica di S.Cecilia in Trastevere, di cui era titolare, fece eseguire degli scavi che portarono al ritrovamento della casa della santa, fece costruire – il tutto sempre a sue spese – una nuova cripta sontuosamente rivestita di mosaici, donò alla Chiesa di S.Agnese in Piazza Navona un reliquiario in argento di grande valore artistico contenente il teschio della santa, regalò al tesoro di S.Pietro vari preziosi oggetti, fece eseguire nella Basilica Vaticana importanti restauri. Da ricordare anche il suo incoraggiamento agli studi: inviò un’elargizione alla scuola di Polizzi auspicando, grazie alla scuola, “il miglior avvenire della patria sua” e appoggiò, a Palermo, la creazione del Convitto Leone XIII, la prima scuola cattolica sorta a Palermo dopo un vuoto di circa 30 anni. Il Convitto prese poi il nome di S.Rocco ed oggi ospita la Facoltà di Scienze politiche. Numerosissime, inoltre, le sue munifiche offerte per i bisognosi, per gli orfani del terremoto di Messina del 1908 e per l’Ospedale di Polizzi”.
L’apertura verso il proletariato e i ceti popolari suscitarono attorno al segretario di Stato un clima di ostilità e di sospetto. Un catto-comunista diremmo oggi?
“Il suo interesse per i problemi sociali è testimoniato dalla famosa Enciclica Rerum novarum, in cui per la prima volta si affronta la questione operaia con l’affermazione di importanti principi: il diritto al giusto salario, le giuste rivendicazioni del proletariato, il diritto all’associazionismo sindacale, la difesa dei diritti dei lavoratori più sfruttati, in particolare le donne e i minori ecc.. Nasce, con quell’Enciclica, la dottrina sociale della Chiesa, che pone a fondamento della questione sociale l’inalienabile dignità della persona umana. Appare azzardata però la definizione di catto-comunismo, perché l’Enciclica condanna il socialismo, considerato un falso rimedio, disapprova la lotta di classe, considerata non cristiana, e considera la proprietà privata un diritto naturale, sancito dalle leggi umane e divine. E’ ovvio che la novità dell’Enciclica, che condannava allo stesso modo il socialismo e il liberalismo, destasse opposizioni da parte di chi non ne coglieva la grande portata innovatrice”.
Com’era fisicamente il cardinale: piccolo e sgraziato come è stato definito in una sua agiografia?
“No, no! Il Cardinale Rampolla era tutt’altro che piccolo e sgraziato: tutte le fotografie e i ritratti lo dimostrano alto e imponente. L’equivoco nasce forse dalla confusione con un suo omonimo parente, mons. Mariano Rampolla del Tindaro, piccolo e claudicante a causa dei postumi di una paralisi infantile. Il monsignore fu però anche lui una grande personalità e un grande studioso”.
La vostra famiglia è di origine pisana. Un suo antenato, Prospero Rampolla, nel 1398 si stabilì a Messina. C’erano ragioni particolari per questa scelta?
“Prospero si trasferì a Messina perché lì esisteva una Loggia pisana che godeva di molti privilegi. I Rampolla si chiamavano originariamente Roncioni di Ripafratta, nobili pisani. Molte famiglie di Pisa, nel Medio Evo, si trasferirono in Sicilia, tanto che a Palermo esiste ancora la Chiesa dei Nobili pisani ed esisteva, alla Vucciria, la “loggia” dei pisani. Quando Pisa aderì all’Impero di Ottone, nel XIII secolo, due fratelli Roncioni, Gado e Marco, scelsero di parteggiare per il reame di Francia, creandosi un nuovo stemma in cui figurano due leoni che sostengono un’alabarda con in cima il giglio di Francia. Il popolo li denominò i ‘rampolli’. Gado fu il primo ad essere chiamato Rampolla (da ‘rampollare’, verbo assai in uso nel linguaggio toscano per indicare ‘generazione’ o ‘derivazione’)”
Antonino Rampolla si trasferì nel ‘500 nell’urbis generosa oggi Polizzi Generosa. Possiamo dire che il casato si sviluppò sia a Messina che a Polizzi? Perché del Tindaro? Quali ragioni lo spinsero verso le Madonie?
“Antonino si trasferì da Messina a Polizzi nel ‘500 in seguito alle nozze con la nobile polizzana Grazia La Matina. Polizzi era in quel secolo una città ricca e fiorente per i suoi commerci, grazie alla sua posizione elevata, al centro della Sicilia, che le consentiva di dominare gli incroci tra le grandi vie di comunicazione: la cosiddetta “strada del grano” che collegava Palermo a Catania e a Messina e il fiume Imera settentrionale e meridionale (o Salso), allora navigabile, che scorre sotto il paese e che collegava il Tirreno col Mediterraneo. Polizzi in quanto città demaniale godeva di molti privilegi di natura fiscale che determinavano un fenomeno opposto a quello di oggi, cioè una forte immigrazione dal Nord: molte famiglie polizzane hanno infatti un’origine lombarda, ligure, toscana ecc. Nel 1729 un altro Antonino, barone di Fichera, fu investito della contea del Tindaro, un titolo che risaliva a Filippo IV di Spagna. e che rischiava di perdersi per la scomparsa, senza eredi, dell’ultimo conte del Tindaro, Ascanio Anzalone”.
Un Rampolla del Tindaro fu autore della prima grammatica della lingua sanscrita. Si tratta del pronipote, Mariano Rampolla junior? Lo stesso che nel 1921 insegnò latino e greco a Salvatore Quasimodo?
Mons. Mariano Rampolla del Tindaro, autore della prima grammatica di sanscrito, era un omonimo pronipote del cardinale. Finissimo latinista. e grecista, insegnò queste lingue a Salvatore Quasimodo, che proveniva dall’Istituto tecnico commerciale Jaci di Messina, dove era stato alunno, insieme a Giorgio La Pira e a Salvatore Pugliatti, di un fratello del monsignore, il prof. Federico, noto critico letterario, autore della prima edizione critica delle poesie del Meli, e di varie altre opere. La corrispondenza fra Quasimodo e La Pira è piena di espressioni di riconoscenza, per i due fratelli, che li avevano molto aiutati .Era stato infatti Federico ad intuire le loro capacità e ad inviare a Roma Quasimodo prendere lezioni dal fratello e a far conseguire a La Pira, da privatista, la licenza liceale, senza la quale non avrebbe potuto iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza. E’ stata pubblicata anche, sotto il titolo Una rara amicizia, la corrispondenza tra mons. Rampolla e mons. Montini, il futuro Paolo VI, che lo apprezzava molto. Un terzo fratello, Pietro, era giornalista, collaboratore de “Il Popolo” e autore di varie commedie di successo che furono rappresentate anche dal grande attore Ermete Zacconi”.
Può dirci di altri pronipoti del cardinale?
“Fra gli altri parenti del cardinale bisogna ricordare anzitutto il fratello Francesco, che scrisse un romanzo di ambiente risorgimentale, Bianca di Villamena, ripubblicato in edizione anastatica con prefazione dello storico Francesco Brancato, il funzionario di Polizia Stanislao Rampolla del Tindaro, coraggioso oppositore della mafia, definito un Dalla Chiesa dell’Ottocento, la cui tragica vicenda merita una trattazione a parte, e i parenti della madre, Orsola Errante dell’Avanella, tra cui Vincenzo Errante, storico, poeta, drammaturgo e ministro della P.I. nel 1848 e Celidonio Errante, noto grecista, che fu anche Prefetto di Palermo. Tra i Rampolla più recenti, si possono citare Luciano, giornalista e scrittore, Achille, Comandante della Capitaneria di Porto, Presidente dell’Associazione Marinai d’Italia di Palermo e medaglia della Fondazione Carnegie per gli atti di valore e Francesco, valoroso partigiano e Comandante, nel Friuli, della Brigata Osoppo, oltre a una lunga serie di studiosi e professionisti.
Il diario di Antonino Salerno, ha dato un prezioso contributo agli studi sul Risorgimento svolti da Ciro Spataro. Quale rapporto di parentela la lega a questo rivoluzionario di Marineo e come ha avuto il suo manoscritto?
“Mia madre, Albertina Salerno, era pronipote di Antonino. Il manoscritto era stato gelosamente custodito dalla sorella maggiore di mia madre, Rosetta, che me ne ha fatto dono”.
Nel febbraio dell’89 il funzionario di Polizia Stanislao Rampolla si tolse la vita a Marineo per la umiliazione di un trasferimento subito dopo avere denunciato l’intreccio con la mafia di personalità locali…
“E’ una vicenda dolorosa su cui bisogna soffermarsi di più. Le prometto che ne parleremo in una prossima occasione”.

giovedì 14 aprile 2011

WE HAVE NO MORE A DREAM

La giornata era iniziata benissimo. Dopo un inverno intenso di promozione erano arrivati i primi studenti a visitare Marineo. Visita al laboratorio del liutaio, al laboratorio dei pupi con dimostrazione, al museo archeologico ecc. Purtroppo non c’è altro a Marineo né una accettabile pinacoteca, né il presepe meccanico allestito al Crocifisso. Poi sono andati a pranzo alla Ficuzza… Tuzzolino ha fornito i pullman. Ci prepariamo per l’incontro della sera. Il comune non potendo spedire in tempo gli inviti-avvisi attua un servizio telefonico un impeccabile call-center. Apprezziamo molto. Chi telefona è cortese e accattivante. Avevamo preparato una trentina di fotocopie che distribuiamo sulle sedie, altre le imbustiamo indirizzate alle autorità. E’ l’appello che abbiamo già lanciato sulla scia della valorizzazione del “meraviglioso e splendido castello”. La serata prometteva bene. Il solito ritardo, le solite assenze. Si annunziano interventi che non ci saranno, manca qualche carica istituzionale locale, manca qualcuno legato a questo o a quello. In compenso tre quarti dei presenti sono costruttori, ingegneri, capomastri, muratori. Cioè “quelli” che dal 2 maggio restaureranno il resto del “castello”. Il prof. Scarpulla fa l’appello sollecitandoci a prendere posto, ma non ha il solito piglio. Prende la parola il sindaco con una dichiarazione shock: “Questa mattina nella gazzetta ufficiale abbiamo appreso del secondo bando per la vendita del nostro castello”. Ammutoliamo. Alcuni fanno finta di non capire, altri non hanno veramente capito. Intanto si va avanti. Scarpulla dichiara: ”Mi lascia amareggiato”. La signora Bellanca ci descrive i prossimi restauri. Molto chiara ma nessuno domanda se i restauri seguono un’esigenza prestabilità. Si parla di ascensori! Si sa già che qui ci verrà un albergo? Una residenza privata, un rifugio alpino, un pub? Anche se più volte stuzzicato cerco di stare attento il più possibile. Non è facile. Il nuovo alto funzionario ci dice chiaramente “ Senza un evento tipo Morgantina, Himera ecc. non sperate di valorizzare il castello. Sono anni che passo da Marineo ma non l’avevo mai visto’. Penso che noi abbiamo l’evento, anzi gli eventi: il rientro dei nostri beni culturali, il nuovo museo etno-antropologico, qualche opera sparsa nelle chiese. Ora tocca al nostro sovrintendente regionale. Ci spiega la legge D’Alema-Melandri-Biondi in modo eccellente. Non c’è nessun castello in vendita. “Vogliamo trovare chi possa usufruire del castello e siccome questo ‘splendido e meraviglioso’ di Marineo nella prima gara non è stato assegnato, lo offriamo a chi rileverà l’antiquario di Himera e il castello di Caccamo che sono più appetibili. Voi avete in gestione lo spazio museale da anni che dovrebbe portare un reddito di quattro euro a visitatore di cui il 30% verrebbe a noi ma da voi non abbiamo mai avuto un centesimo cioè non avete avuto nemmeno un visitatore…” Ora parla come un padrone di casa. Nessuno risponde. Il suo diretto dipendente Scarpulla balbetta “Quello che lei dice mi lascia amareggiato”. Il possessore dell’immobile va avanti imperterrito: “Se non siete capaci di prenderlo voi né di gestirlo noi abbiamo chi può metterci un bar, una pizzeria, una libreria, portarci un convegno, creare gadget”. Conoscendo il sindaco come capace di battaglie impossibili mi aspetto una reazione forte, invece annuisce ad ogni parola. In occasione del presepe vivente io dissi “Se sappiamo che verranno 5.000 visitatori organizziamoci per far in modo che questo evento lasci a Marineo almeno 15 euro a persona”. E non si volle capire… Ora il curatore dell’immobile c’è lo sbatte in faccia a chiare lettere. C’è il massimo della tensione. Cortesemente questo signore dà notizia di un foglio anonimo non firmato che parla di “restituzione di beni…” Faccio presente che non è anonimo e che la richiesta già maleducatamente derisa dallo staff di Marineo che, ripeto, sono pagati da uno stato onesto, ora si trovano sbeffeggiati nella loro ignoranza. “Allora chiediamo alla Francia la restituzione della Gioconda?” A questo punto persino a Scarpulla sfugge la situazione. Chiarisco i motivi per cui la Gioconda non può tornare a casa, ma purtroppo il padrone di casa anche lui ha perso le staffe. Mi aspetto che fra cinque minuti chiami il “suo” personale per farci buttare fuori tutti. Il momento è confuso. Un gruppo di ragazzi entra e giocando si rincorre fra i presenti, la porta sbatte continuamente (scusate ma i sorveglianti che ci fanno qui in presenza del loro principale) telefonini che squillano dappertutto. L’allievo del cuore (alias il nostro assessore alla cultura) poco sensibile al tema e alla grave situazione, per paura che il suo protetto non possa intervenire, lo inserisce a forza ben sapendo che i suoi allievi quando fa lezione si portano il sacco a pelo perché si sa quando inizia e non quando finisce. Ammettere che sa parlare ed anche bene non è vergogna, ma noi siamo in contesto diverso e la presentazione della mostra fotografica francamente non interessa a nessuno. Ma il professore ha voluto strafare insultando la Chiesa e il nostro senso religioso citando Sant’Agostino, a nostro parere di ignoranti (scusi professore, senza gli ignoranti Lei deve cambiare mestiere) in un passaggio (strappato dal contesto del pensiero di Sant’Agostino). Vi risparmio le insolenze che ho ricevuto. Mi ha commosso soprattutto il nostro assessore alla cultura che per scusarsi è andato ad inginocchiarsi davanti al professore. Il poco tempo concesso alle repliche di Franco Virga e mio se l’è mangiato il professore e quindi si ripete quello che succede sistematicamente in questi incontri: parlo solo io, nessuna replica, questo non è un dibattito e imposizioni del genere. Chi si presta a questo è contro le leggi, le istituzioni, la democrazia. Mi spiace per il professore, ricco di umorismo, battute e sarcasmo che si è dichiarato “mostro sacro intoccabile” e dovrebbe capire che noi venivamo dall’esproprio forzato di un sogno … il nostro castello. I suoi supporter incominciano a farci rimpiangere Cyrus Rinaldi… Un’osservazione di Franco Virga che nel “nostro castello” potrebbe un privato sistemarvi un alberghetto lo manda su tutte le furie aiutato anche dal padrone di casa che gridava a squarciagola “lei dice minchiate! Minchiate!” Così svanisce la bella serata che doveva portarci “un castello spendido e meraviglioso” con l’ufficio del sindaco nella stanza sotto l’orologio, ed una stanza per ogni assessore. Tutti abbiamo perso qualcosa. I cittadini il castello, Franco Virga un po’ di salute, io la considerazione del sindaco se pur ne avevo un minimo … (spero mi faccia dare la scorta). I soli che ne sono usciti bene, bisogna dirlo, sono stati l’assessore Trentacoste per la sua sensibilità - che non merita gli insulti infami di cui spesso è oggetto -, Nino Di Sclafani, Rosario Vivona e, apriti cielo, l’agronomo Greco. Peccato, poteva essere una bella e interessante serata.
E’ stato un sogno…
Onofrio Sanicola

lunedì 11 aprile 2011

IL RITORNO A CASA DEI BENI ARTISTICI

NOSTOS  !
CHE TORNINO A CASA I BENI ARTISTICI DI MARINEO
APPELLO   PER
Sebastiano Messineo  Ass. Regionale BB. CC. e dell’Identità Siciliana
Gesualdo Campo  Direttore    Generale  Ass.  BB.  CC.
Gaetano Gullo  Sovrint. ai BB. CC.  di Palermo
Al Sindaco di Marineo Franco Ribaudo
All’Ass. alla Cultura del Comune di Marineo

Quando scrissi a Sua Eccellenza l’Ambasciatore Sergio Romano lamentandomi che il vaso di Eufronio fosse ancora al Metropolitan Museo di New York non mi capacitavo che un capolavoro simile avrebbe fatto la fine che ha fatto. Gli americani lo sapevano e questo era uno dei motivi per cui tentennavano. Non volevano restituircelo perché da noi sarebbe stato dimenticato. Mi rispose con mezza pagina dal Corriere della Sera fornendomi la cronistoria del vaso. Lui che era il vero artefice del ritorno a casa del cratere a figure rosse su fondo nero , dove Eufronio era maestro. Ora combattere per il ritorno a casa dei nostri capolavori è sempre valido salvo che poi non vengano seppelliti nei magazzini dei musei. Ecco quindi il nostro appello al nostro Assessore alla Cultura , al Sindaco e a quanti sono coinvolti affinché si intervenga concretamente prima con una richiesta ufficiale poi seguendo l’iter . Che i beni appartenenti al territorio di Marineo ritornino a casa e precisamente al Castello Beccadelli dove già parte di questi materiali trova posto. Stiamo parlando degli affreschi di Tommaso de Vigilia, degli affreschi del Parco Vecchio , il Pendente di vetro policromo fenicio già esposto a Venezia alla mostra sui fenici e a tutti gli altri materiali giacenti nei vari magazzini e pinacoteche . Si tratta di un trasferimento indolore in quanto esiste già il luogo attrezzato, la custodia è garantita ma soprattutto oltre al materiale già esistente , al museo di cultura contadino o della memoria, gli affreschi del De Vigilia da Risalaimi e tutto il restante materiale arricchirebbero non solo il Museo ma anche l’offerta culturale della intera Valle eleuterina. Chiediamo che le nostre autorità si facciano subito carico di una richiesta così importante. Inutile elencarle i materiali in quanto nel nostro dipartimento culturale ,nella biblioteca e il suo responsabile, anche per questo preposto, conoscono bene i materiali quindi usiamo questi reparti che lo stato ha onestamente mantenuto anche per tale obiettivo. Che non ci si astenga per questioni di principio o regolamenti. Basta guardare ai casi più importanti e recenti dai Bronzi di Riace a quelli di Morgantina Aidone, di Himera su cui non è passata nemmeno una settimana. Ci auguriamo che l’Assessore faccia immediatamente sua questa richiesta, che il personale superi ostacoli burocratici e di principio per iniziare un iter veloce verso questi risultati.,che i politici aderiscano per avere più forza . Ci auguriamo, infine che i cittadini vengano tenuti al corrente .

 

PARTITI ARRIVATI

PARTITI … ARRIVATI
Brusco risveglio per genitori e ragazzi che dovevano partire per Saint Sigolenne alle 5 del mattino. I ragazzi erano i più tranquilli e sicuri. Grosso smercio di bacini, suggerimenti, raccomandazioni, avvisi. Le insegnanti barcollavano, mettevano da parte tutto quello che le mamme davano loro, annotavano tutto. La Di Silvestre sembrava avesse dormito al piano per essere la prima, alla Spataro mancava il tricolore in mano mentre distribuiva volantini e raccomandazioni. Il sindaco nascondeva due occhi neri dietro occhiali ancora più neri. Sembra che avesse passato la notte fuori a festeggiare l’addio al celibato-geometrato di un neo ingegnere suo compagno di merende vagando tutta la notte nella zona di Roccabianca. Oltre al solito seguito sembra ci fosse un camioncino guidato dal Trentacoste carico di fiaschi di Chianti. L’eterno consulente misurava gradazioni e livelli con una serie di palloncini che tutti pensavano fossero per i bambini ed invece cambiavano colore continuamente. Attraverso rocce scoscese, cave archeologiche e buche si trasferirono direttamente al piano arrivandovi tre minuti prima della partenza del pullman. Commoventi alcuni momenti registrati. “Non temere papà ti lascio in buone mani: la mamma si occuperà di te“. Un altro “Se proprio debbo partire voglio che tu o la mamma veniate con me”. “ Sei un traditore, dice la sorellina al fratellino in partenza…mi lasci sola fra mamma e papà…”- “ Pensi che se la caveranno“ dice Salvatore alla maestra. Una mamma: ”Maestra il nostro ragazzo la sera dorme nel lettone con noi! Potrebbe sostituirci in questi giorni?”. “Maestra si ricordi che Giuseppe fa merenda alle 10, alle 12, alle 17 e alle 19. Non dimentichi di compragli le girelle”. ‘Scusi ma siccome i francesi hanno chiuso le frontiere siamo sicuri che non rimandino indietro mio figlio ?’ Non è di colore, è così di carnagione”. Una mamma si infilò nel portabagli del bus pur di non lasciare partire da solo il bambino. Gabriella di Corleone si era confusa avendo due figli in partenza uno per la Francia e il secondo per altra destinazione e cosi quello che andava altrove finì con l’andare in Francia e viceversa. Daniela e Serena si sono camuffati da crocerossine pur di poter partire. Giovanni Perrone e Ciro Spataro erano già a Bolognetta a salutare con grandi asciugamani i bambini. Scarpulla spuntava i bambini consegnando loro una sua foto con un suo poster da consegnare ai francesi.
Finalmente partiti! Qualche lacrimuccia extra, sventolio di cunserta. Via! Si andò via alla spicciolata, qualche mamma commentava facendo coraggio, i papà erano i più duri. Sanno che è una breve partenza. Il piano ritornò silenzioso. Quasi tutte le mamme tornarono a dormire agitatissime, i papà salutando informarono di andare in ufficio.
Aeroporto ore 7. Si sentì il grido di Salvatore: “Min… bedda matri ancora cà sunnu?” vedendo una cinquantina di mamme e papà agitati, esagitati, non rassegnati.
Buon viaggio ragazzi, non preoccupatevi questo viaggio farà maturare molto i vostri genitori!

domenica 10 aprile 2011

UNIVERSITà POPOLARE DI BOLOGNETTA

UNIVERSITà POPOLARE BOLOGNETTA
Lunedì 11 Aprile 2011 alle ore 17,00 presso i locali della Biblioteca Comunale, Tommaso Bordonaro” sita in Bolognetta, via Vittorio Emanuele n° 81, il prof. Ciro Spataro terrà una relazione sul tema: “ GIUSEPPE GARIBALDI IN SICILIA”, In occasione della pubblicazione del volume:“Garibaldi a Marineo. Il diario di A. Salerno”.Interverranno, il Prof. Manlio Corselli dell’ Università degli Studi di Palermo, ed il Prof. Tommaso Romano del Comitato Direttivo U.P.B.
L’incontro è il quarto del seminario di storia contemporanea “Sicilia 150. Dall’unificazione nazionale alla globalizzazione”, organizzato dall’Università popolare di Bolognetta.
Si offre una seconda opportunità a chi non ha potuto assistere alla presentazione del libro al Beccadelli di Marineo. Per alcuni l’appuntamento è d’obbligo. Per tutti un motivo di approfondimento quindi appuntamento a lunedì nella biblioteca di Bolognetta alle ore 17.