lunedì 18 aprile 2011

LA BELLA LA VA AL MULINO...

Diciamolo subito. E’ una bella serata. La prima cosa che colpisce è l’aula consiliare con i busti dei padri della Patria. Una comunità che non nasconde il proprio passato, che ricorda i grandi di Misilmeri. I Bonanno non erano certamente tutti santi ma nemmeno “sanguinari”… E poi il fondatore dell’orto botanico, il busto di La Masa e cosi via. Non bastano le attenzioni di Marco Giammona verso gli ospiti e l’organizzazione: il convegno Mulini ad acqua nella valle dell’Eleuterio – risorse di ieri e di domani inizia con forte ritardo. Però sembra un ritardo organizzato cioè si dà la possibilità a relatori e pubblico di dialogare. Giammona constatato il “tutto in ordine” inizia. Cortesemente non ci sbatte in faccia né il suo sapere né la sua carica. Elegante e discreto esce subito di scena passando la parola al sindaco. Piero d’Aì sottolinea l’importanza del tema aggiungendo ricordi personali ed invita a continuare il dottor Di Palermo. Questo assessore, già apprezzato come medico, invita i relatori a dare il loro contributo. Sino ad ora la parte “politica“ è stata esemplare. Nessuna sbavatura né arroganza. La sala è pienissima, notiamo molte personalità della cultura rispettati e onorati. La presenza di una suora ci fa temere un rosario collettivo, ma invece ascolterà attentamente tutti i lavori come del resto tutti gli altri presenti. Non ci sono porte che sbattono, né telefonini maleducati, né via vai di gente insolente. Il mio campanilismo è forte e si accentua quando nessuno cita “sin sotto i mulini di Marineo”. Uno dei più antichi documenti sui mulini dell’Eleuterio. Il prof. Giuffrida si dilunga in una dotta descrizione dell’uso dei vari mulini (ad acqua, a vento, ad energia ecc.), l’ing. Di Salvo fa una descrizione dei meccanismi delle macchine ad acqua, interrotto ogni tanto da una voce apparentemente anonima e fuori luogo, mentre invece si tratta del proprietario del mulino Paratore, Vicari, mio vicino, che un po’ acconsente un po’dissente discretamente ma fermamente. E’ bello sentirlo perché rievoca cose che quasi tutti ricordiamo sui mulini. “Se in Lombardia avessimo la Sicilia sarebbe un’oasi” questa ed altre bellissime frasi provengono da una voce melodiosa e accattivante. “I mulini erano anche centri di aggregazione” continua la voce. Credo sia una hostess preposta a leggere certi passaggi ed invece è una “bellissima ragazza della nostra generazione”. Sorriso che si arriccia verso il naso, occhi limpidi anche se impercettibilmente affaticati, faccia senza ombre, espressione sicura di una donna sapiente. Non vola un insetto, non si sente un pur minimo rumore. La pioggia, ora abbondante, accompagna le sue parole in accordo. In questi dieci minuti canticchio tutte le canzoni sui mugnai e le ragazze che andavano audacemente al mulino. Rita Cedrini va da Pier Capponi ai carrettieri con disinvoltura e professionalità. C’è stato solo un momento di forte dissenso: quando ha concluso il suo intervento. ‘Dottor Giammona, comprendiamo che la sua compagna possa essere gelosa ma qui un mazzo di fiori ci stava bene…” Il giovane arch. Domenico Falcetta si lancia verso un utilizzo futuro dei mulini. Era la parte che più aspettavamo. Ottima la sua esposizione coadiuvato da un video guida che permette di “rileggere” quanto esposto verbalmente. Provo tutta la sera ad immaginare questa meravigliosa passeggiata da Bagheria allo stretto (malupassu) fra cartelli indicatori tipo “guide alpine”, o tipo “ti trovi qui” cioè ti sei perso, piste di motocross, panchine, punti sport, ristoro e cosi via. Un sogno. Subito dopo Giammona tira fuori una descrizione dei mulini affascinante. Lo vedi scarpinare fra botti e mole, condotte e macine. La descrizione, molto tecnica, sembra un racconto. Mi sorge il dubbio alla fine che il presidente della Commissione Cultura cercasse più le mugnaie che i mulini. L’espressione della fidanzata mi rassicura come stanno veramente le cose. Pur non essendo un dibattito il dottor Giammona accetta tutti i commenti e interventi peraltro brevi e concisi non lasciando vuoti o scontenti. Ed io, che mi ero preparato a rivendicare alla storia Marineo ed i suoi Mulini, ho rinunciato perché il Giammona aveva correttamente citato più volte Marineo. Come dire: “Si segga, noi sappiamo fare il nostro dovere di ospiti”.
Il sindaco alla fine ci obbliga a recarci tutti nel suo ufficio.
Misilmeri ha un bel passato. Questo Piero D’Aì è un ottimo ospite, ci fa trovare un accogliente buffet dove stranamente nessuno vi si catapulta ma sceglie cosa assaggiare. Volontari della protezione civile e dipendenti sono dappertutto negli angoli pronti a soccorrere con informazioni e cortesie. Commessi, bibliotecari, funzionari sono cordiali e senza arroganza, né lagnanza. Una prosperosa e formosa Italia dipinta sul soffitto sembra sorvegliarci. Anche Marineo ha fatto la sua bella figura. Il sindaco ha portato i saluti della nostra comunità ben sapendo che tre quarti dei mulini trattati sono nel territorio di Marineo e aver lasciato il nostro assessore alla Cultura a presenziare il convegno è stato molto apprezzato. Mentre stavo congedandomi dalla signora D’Aì, che aiutava il marito distribuendo sorrisi, il sindaco di Misilmeri mi si avvicina e mi sussurra una gustosa battuta su Gano di Magonza e Orlando che ha fatto ridere il gruppetto che si avvia verso l’uscita. Risalgo verso i nostri monti accompagnato dal canto dell’Eleuterio che si lamenta di aver perso la compagnia dei suoi mulini. Faccio la strada vecchia quella che passa da Risalaimi costeggiando il vecchio fiume sino a lu malupassu risalendo sotto il castello, sfiorando i vecchi canali secchi d’acqua dove le pale dei mulini non trasmettono più energia alle mole ma pieni d’orgoglio, d’accordo con il vento, emettono lamenti e racconti del tempo che li vide protagonisti.
Onofrio Sanicola

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