lunedì 15 luglio 2019

Credo che come custodi abbiamo fallito nei confronti del nostro fratello Vincent.


Vincent Lambert. Charlie Gard. Alfie Evans...
E prima ancora Therry Schiavo e Eluana Englaro.

La lista degli innocenti legalmente condannati a morte si fa lunga. Non c’è da meravigliarsi.
Il primo comandamento di questo mondo ormai é ‘ prima’. Bisogna pensare ed agire in modo razionale, utilizzando le risorse, che sono sempre meno, secondo una scala di priorità. Investire in ciò che rende.  Non si possono mica buttare via tempo, soldi, impiegare forza lavoro per progetti fallimentari. Non conviene. Così non ha senso curare chi non guarirà mai. Non è meglio, più intelligente, più ‘giusto’, impiegare le risorse assorbite da pazienti del genere, per curare meglio chi invece promette di guarire?  Pensare ‘prima’ a questi pazienti?
( Lo stesso discorso che viene fatto per gli stranieri, per i migranti. C’é tanto bisogno per i ‘nostri’! Perché perdere tempo e denaro per gli altri?) . Così stacchiamo la spina. E quando non c’è la spina da staccare, perché il malato respira da solo,  non gli diamo più da bere  e da mangiare.E lo lasciamo morire. Non lo uccidiamo. No. Lo lasciamo morire. ( Lo stesso discorso dei migranti : li guardiamo morire. Ancora non li uccidiamo. Ancora... non so per quanto, perché sento invocare blocchi navali e navi da guerra. E sento urlare dalle banchine : affogassero tutti!) E se la cosa ci urta ancora un po la coscienza, ecco pronta la giustificazione : Ma è per il suo bene! La sua dignità! Un uomo che non parla più , non si sa se capisce, non si muove, è ancora un uomo? Ma lui vorrebbe vivere... i suoi, quelli che lo amano, vorrebbero continuare ad aiutarlo... Che egoisti! Tenerlo in vita per soddisfare il proprio bisogno di  amarlo...Meglio che muoia... Per lui, eh! Per il suo ‘vero’ bene. (idem per i migranti: hanno diritto di stare a casa loro! Ma scappano da casa loro... e allora?vorresti prenderli tutti a casa tua? Per sentirti buona, vorresti salvarli mentre affogano, liberarli dalle angherie delle prigioni libiche ? Che schifosa buonista! Meglio non accoglierli. Rimandarli nel loro inferno. Così non si corre il rischio di importare delinquenti. E poi, che futuro gli dai? È vita, é dignità tenerli qui così? No. Rimandiamoli indietro, lasciamoli in mare. È  per loro. Per loro, eh! per il loro ‘vero’ bene. Così imparano  a  gestirsi. ) La matrice del pensiero é la stessa.
L’essere umano privato della sua sacralità. La vita ridotta a un puro calcolo di ‘dare avere’
Al posto dei diritti, dei principi morali religiosi e filosofici, la nostra società si basa ormai su uno spirito aziendale: chi è capace, chi rende,  ha diritto di essere tutelato, aiutato. Gli altri no.  Sono ammessi ancora degli aiuti ai deboli, ai bisognosi. Sì. Basta che siano deboli o bisognosi in grado di ricambiare ciò che ricevono col proprio voto di supporto al potere.
Sto mischiando i problemi? Tirando fuori a tutti i costi i migranti, perché si sa, sono fissata in materia? No. Se é per quello sono fissata anche in materia di malati, di bambini ai quali non è permesso di nascere o che vengono maltrattati, sfruttati, violati. Sono fissata in materia di chiunque è debole, diverso, indifeso. Di chi non sa e non può parlare in propria difesa
E sono convinta che sono tutte facce dello stesso problema. Il valore di ogni essere umano. Se smettiamo di pensare che ogni persona ha valore in sé come persona e non per come può vivere o per quello che sa fare, allora apriamo la porta ad ogni discriminazione e ad ogni ingiustizia.  So che quanto scrivo urterà molti. Forse tutti quelli che mi leggono. Per fortuna mi leggono in pochi... quindi il danno è limitato.  Urterà i cattolici. Perché noi abbiamo dei nervi  scoperti e siamo soliti reagire immediatamente, come ad un riflesso condizionato, a due cose, principalmente: aborto ed eutanasia. Subito insorgiamo, giustamente, quando emergono questi temi. La vita per noi è sacra. Ma davvero  sacra nel senso più profondo della parola, perché dono di Dio.  Peccato che riduciamo il nostro fervore per la vita a questi due temi. E ci dimentichiamo che la vita é SEMPRE sacra. In qualunque situazione, qualunque colore abbia.  Anche quando ci da fastidio. Che un uomo muoia affogato o assetato, che sia malato o straniero, se sono io che lo lascio morire, sono io che lo uccido. E queste mie parole urteranno i lettori laici. Pronti a mobilitarsi per i barconi, ma stranamente immobili, come paralizzati,  di fronte ad un malato che non può parlare per difendersi. In nome della libertà di morire degnamente. E non c’é la libertà di vivere degnamente ogni situazione, anche la malattia più grave? Capisco, e non mi esprimo, quando il malato stesso chiede lucidamente e insistentemente di morire. Lo reputo un fallimento, ma lì sì che è in gioco la libertà di ognuno. E tristemente, io non posso dire niente.  Ma quando il malato non può esprimersi, che diritto ha uno stato, un giudice, di decidere  per lui? Ma la loro non é vita... E chi lo dice? Chi li ha visitati forse, una volta, restando sulla porta imbarazzato per non sapere cosa fare?
O chi segue la vicenda loro tramite la tv e non li ha mai neanche visti da vicino?
La loro è una vita diversa. Misteriosa. Ma è vita come quella di tutti gli altri. Con momenti terribili e dolorosi e altri dolcissimi. Sta a noi, a chi sta loro accanto, rendere sempre meno e sempre più sopportabili i primi e incentivare e moltiplicare con il nostro amore i secondi.
Loro sono maestri, ci insegnano ad amare sul serio.  Anche in questo caso, non sto sostenendo accanimento terapeutico inutile e doloroso. Assolutamente no. Sto sostenendo prudenza, delicatezza, ascolto, vicinanza. È facile dire frettolosamente : non c’è, non è presente...
Tutti i giorni lo sperimento con mio figlio. Ci sono tanti modi di parlare, anche senza parole. C’è tutto un linguaggio misterioso, di micromovimenti, di espressioni, di messaggi a volte impercettibili, ma incontestabili. Ma per coglierli bisogna conoscere il malato. Stare tanto con lui. Starci... sempre, sarebbe meglio. Accostarsi con umiltà e sincera voglia. Questo è l’unico atteggiamento giusto. Con mio figlio è accaduto. Nessuno ci credeva quando raccontavamo delle sue paure e dei suoi desideri. I medici non ci  smentivano platealmente per riguardo a nostra figlia Chiara, erano i suoi colleghi. Ma noi lo sentivamo che erano scettici. C’é voluto tempo, la nostra cocciutaggine, le fotografie, la loro buona volontà e la loro intelligenza. Adesso interagiscono con lui. Hanno imparato il suo linguaggio. Gli parlano e lui risponde, alla sua maniera. Determinante é stato quanto é successo tre mesi fa. Sentendo un medico dire a Chiara delle pochissime speranze che gli rimanevano, Paolo ha pianto. In silenzio, due lacrime. Non succedeva da quaranta anni. Mio figlio ha pianto tutte le sue lacrime quando aveva tre anni, e mi è stato letteralmente  strappato dalle braccia  per essere sottoposto alla elettromiografia. Da allora più, non ha più pianto neanche quando cadeva  e si faceva male. Fino a tre mesi fa e ha espresso così il suo normale desiderio di vivere. 
Ma anche Vincent Lambert ha pianto. Peccato che le sue lacrime non siano state recepite. Ed è stato condannato. Certo i problemi sono tanti e grossi. Certo i malati come Vincent, come mio figlio ‘non rendono’. Con loro si lavora in perdita. Perché non  guariranno mai e la loro gestione é pesante, costosa,  faticosissima, impegna tutta la vita di chi sta loro accanto.
Ma loro sono l’interrogativo vivente sul mistero della vita. Accompagnarli nel loro cammino doloroso cercando di renderlo più sereno possibile é una sfida esaltante. I gesti per accudirli possono diventare una liturgia: io mi commuovo nel vedere la delicatezza e la capacità delle mani della mia Chiara quando medica suo fratello. Lì c’é sacralità, dignità. Persino preghiera. E umorismo che riesce a rendere più leggero, accettabile anche quello che è più pesante da sopportare.  ‘ Sono forse io il custode di mio fratello?’ Chiede Caino a Dio, dopo avere ucciso Abele.  Credo che come custodi abbiamo fallito nei confronti del nostro fratello Vincent.

Silvia Roschi Garbin


Ps. Conoscendo Silvia debbo asggiungere che  avendo convissuto solo alcuni momenti di questi quarantanni  debbo dirgli che non è vero che abbiamo fallito ! Tu e la tua famiglia ci avete abbomndantemente riscattato !

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