venerdì 20 marzo 2020

1918-2020 - CORSI E RICORSI STORICI



QUANDO A MARINEO IMPERVERSAVA LA SPAGNOLA

L’emergenza sanitaria del Coronavirus, che sta mietendo vittime in tutto il mondo e sta provocando una grave crisi, in modo particolare nel nostro Paese, mi ha portato con la mente al  1918, quando nel settembre-ottobre scoppiò un’epidemia,  chiamata ‘Spagnola’, così contagiosa che soltanto a Marineo in quei due mesi si contarono 131 morti.
L’influenza spagnola fu chiamata così perché le prime notizie di essa furono riportate dai giornali della Spagna, ma il virus contagiò mezzo miliardo di persone sino al 1920, uccidendone circa 30 milioni.
Fu la più grande forma di pandemia nella storia dell’umanità.  Allora il presidente del Consiglio dei Ministri, il siciliano Vittorio Emanuele Orlando, con un decreto del 3 ottobre 1918, n. 273, inviò ai medici delle province colpite dall’epidemia un appello perché fosse garantita l’ordinaria assistenza sanitaria con personale medico, esercito, Croce Rossa, ma l’emergenza passò in secondo piano per il fatto che tutte le risorse finanziarie, allora, furono impegnate per fronteggiare le esigenze della cosiddetta ‘grande guerra’ contro l’Austria.
A Marineo furono coinvolte  dall’emergenza sanitaria gran parte delle famiglie perché il virus, pur presentandosi come forma influenzale, attaccava in brevissimo tempo i bronchi con conseguenze letali.
Fra le prime vittime di quell’epidemia ci fu anche il parroco, l’arciprete Silvestre Inglima che, nel momento in cui si propagò la pandemia, si prodigò per portare sollievo ai parrocchiani più bisognosi e, come affermò successivamente padre La Spina, gli venne richiesto di andare presso uno dei poveri che era in grave stato di salute, lu zu Carminu Adduzzu  che abitava nella zona detta ‘lu addinaru’.
L’Arciprete sollecitamente si portò in quella povera abitazione e, trovandolo in gravissime condizioni, lo aiutò facendo portare del cibo e delle coperte. Il giorno successivo  lo trovò già moribondo e, dopo avere impartito l’estrema unzione, restò al suo fianco sino al decesso dello stesso.
In quei giorni, padre Inglima, senza risparmiarsi, continuò la sua attività di assistenza verso le persone affette dalla febbre spagnola, ma venne anch’egli contagiato e fu preso da una polmonite fulminante con febbre altissima che in soli cinque giorni lo stroncò, dopo aver ricevuto il Viatico.
Abbiamo fatto una ricerca nell’archivio parrocchiale con Franco Vitali e abbiamo constatato che dal 16 settembre al 31 ottobre 1918 a Marineo ci furono 131 decessi di spagnola.
Il virus era talmente contagioso che, cinque giorni dopo la morte del parroco Inglima, moriva, a soli 29 anni, anche il fratello Giovanni Battista.
Il picco si ebbe soprattutto nel mese di ottobre 1918, quando si registrarono otto morti il primo del mese, e ben 56 nei giorni dal 5 al 14.
Il Consiglio Comunale, a soli sette giorni della scomparsa dell’Arciprete, con deliberazione del 23 settembre 1918, nel corso della commemorazione ufficiale in Municipio, su proposta dei consiglieri Ferdinando Arnone e Antonino Provenzale, deliberò di intitolare la piazza del Popolo, che si prima si chiamava Nunzio Nasi, all’Arciprete Silvestre Inglima. Decisione quanto mai opportuna per un uomo che si era sempre dedicato ai poveri e agli ultimi,  soccorrendoli in tutte le loro difficoltà. A tal proposito, occorre ricordare che fu tra i fondatori della Cassa Rurale Cattolica che ebbe un ruolo essenziale nella Marineo di allora, soprattutto dopo la drammatica vicenda dei Fasci dei Lavoratori, non solo per aiutare con il ‘mutuo soccorso’ i contadini poveri, ma anche per debellare l’usura che Franchetti e Sonnino, nella famosa inchiesta del 1876, avevano definito ‘il tarlo roditore della società siciliana’.
Ciro Spataro

Nessun commento:

Posta un commento