L'autrice è facilmente riconoscibile ... |
“L’armi canto e
l’eroe che primo da terra Troiana venne, fuggiasco per fato, sugl’itali lidi
lavini.” (Eneide 1, 1-3)
Virgilio attraverso queste stesse
parole riassume l’argomento dell’Eneide: la fuga di un piccolo gruppo di
Troiani capeggiato da Enea in direzione di una nuova terra, un nuovo
futuro. Enea è, dunque, un profugo, un fuggiasco che abbandona la città
natale in fiamme e scappa dalla violenza degli Achei per salvare la propria
vita e quella della sua famiglia. Dopo varie avventure, arriva a Cartagine e
viene accolto dalla regina Didone, emigrata a sua volta da Tiro.
“Se poi volete fermarvi
nel mio regno, sappiate che questa nuova città
è vostra: tirate a secco le navi, non farò
nessuna differenza tra Punici e Troiani”.
nel mio regno, sappiate che questa nuova città
è vostra: tirate a secco le navi, non farò
nessuna differenza tra Punici e Troiani”.
Visita il Tempio di Giunone, all’interno
del quale è rappresentata la distruzione della sua città e si commuove… sono
lacrime di sofferenza e della consapevolezza che il fatum non possa essere
cambiato.
Oggi sono tanti gli Enea che fuggono da un
mondo, su delle zattere , non poi così moderne, che solcano il Mediterraneo;
sono stati tanti gli Enea che hanno lasciato l’Italia alla volta degli Stati
Uniti, sono stati tanti i giovani Enea che qualche anno fa hanno cercato di
varcare invano l’Euro-tunnel di Calais. L’insegnamento trasmessoci da Virgilio
e incarnato dall’eroe troiano consiste, dunque, in un messaggio umanitario, un
appello di pace e di solidarietà. In effetti, Enea non appare come i tipici
eroi omerici, non è un uomo incline alla violenza e all’egoismo, ma al
contrario ricerca una pace non solo interiore e combatte per necessità.
Enea è vittima di un destino che lo conduce continuamente verso prove
difficili e per superarle deve sacrificare se stesso e i propri desideri di
quiete:
«Non torturare, perciò, con lamenti sia me che te stessa. Non di mia volontà me ne vado in Italia» (Eneide, IV: 360-361)
Un uomo come tanti, che sembra non avere
scelta, in preda alla sofferenza e alla nostalgia, un uomo che se avesse potuto
decidere liberamente non avrebbe abbandonato né Troia prima né Cartagine
successivamente:
«Se mi fosse concesso dai fati di condurre la vita come vorrei e disporre le cose secondo ciò che mi piace, ora sarei a Troia tra i cari resti dei miei» (Eneide, IV: 340-342).
L’umanità di Enea non si smentisce neanche
alla fine del poema quando l’eroe va contro il proprio ideale di pace e, in
preda al desiderio di vendicare la morte dell’amico Pallante, uccide Turno.
Dunque, Enea, un profugo, un eroe, un
uomo che in quanto tale non è immune dalla malvagità e dalla sete di vendetta
che lo conduce ad uccidere un rivale ma anche un fondatore che ha dato le
origini ad un vero e proprio impero e che ha consentito la fusione tra la
cultura troiana e quella italica. E allora, è proprio un poema risalente al I
sec. a.C. a ricordare a tutti noi, il sacrificio, l’impresa e l’umanità di quel
profugo di guerra che, come tanti profughi oggi, fu costretto ad abbandonare la
propria terra distrutta e data alle fiamme. Egli è simbolo di una eterna
speranza, spesso infranta tra le onde di quello stesso Mediterraneo solcato
secoli fa da un gruppo di esuli troiani, i quali, a differenza dei migranti
contemporanei, non hanno avuto bisogno di affidarsi a cinici trafficanti.
Sperando si possa trarre dalla lezione
ereditata da questa straordinaria storia un augurio: come Enea ha portato sulle
proprie spalle il vecchio padre Anchise e il piccolo figlio Ascanio, simboli
rispettivamente del passato e del futuro, anche l’Europa tutta sostenga sulle
proprie spalle le speranze vecchie e nuove non solo dei cittadini europei ma
anche dei profughi, nella memoria di quell’ideale di pace, di solidarietà
e di condivisione di valori su cui si costituisce il nostro Continente.Chissà
poi se tra i tanti migranti che raggiungono oggi faticosamente le nostre coste,
prima tappa dell’agognata speranza, non ci sia un nuovo Enea destinato a grandi
imprese!
Marialisa Spinella
Ps. Sono Marilisa Spinella, ho
17 anni e frequento il quarto anno del Liceo Scientifico D’Alessandro a
Bagheria. Ho trascorso il mio terzo anno all’estero in Malesia, esperienza che
mi ha arricchito culturalmente e ha permesso di ampliare i miei orizzonti a
nuova cultura, totalmente diversa dalla nostra.
Sono
anche un’attivista del Gruppo di Amnesty International a Bagheria.
Ho
voluto scrivere questo articolo non soltanto per far conoscere una piccola
parte di quella che è la storia dell’Eneide, ma soprattutto perché questo libro
ci possa essere da esempio nell’accoglienza e nell’integrazione dei profughi
che giungono senza nessun pregiudizio.
(lettera che accompagna l’articolo
al Guglielmo)
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