venerdì 2 febbraio 2018

CIRO L'ALESSANDRINO DI Rosa Maria Lupo




                      CIRO
L’ALESSANDRINO
DI
ROSA MARIA LUPO

Iniziamo , in occasione dell’anniversario del martirio di San Ciro, la pubblicazione di questo racconto che Rosa Maria Lupo ha scritto anni or sono. E’ un racconto che appassiona come del resto tutto ciò che riguarda “l’alessandrino” ormai residente a Marineo dal 1665.



MARINEO 1665

Dipinto di G.Calderone di proprietà di Walter Cangelosi
SCENA 1       Esterno.  Panoramica: Marineo – mattino
Un piccolo paese ai piedi di una rocca.
I primi raggi del sole estivo colorano d’oro la rocca e le piccole case; ogni cosa sembra riflettere buon umore, in attesa che la storia di ogni giorno inizi la sua narrazione.
SCENA 2       Esterno.  Via del paese – particolare: una porta che si apre – giorno
Un uomo esce dalla vecchia casa frettolosamente; la porta si richiude ed è la fine di qualcosa.  Turi si appoggia al muro della casa: è un uomo alto, sui quaranta anni, la faccia solcata da qualche ruga, pelle bruciata dal sole e fisico asciutto. I suoi occhi sono tristi, per un momento lo vediamo annegare nella disperazione… solo un momento e basta. In una mano tiene un piccolo sacchetto di cuoio contenente qualcosa: lo guarda serrando le dita attorno ad esso, poi stringe i denti e contrae i muscoli reagendo con violenza a ciò che lo opprime, respira di botto e si nasconde il sacchetto dentro la camicia. Va via.
SCENA 3     Esterno. Piazzetta – giorno
Un vecchio di un’età non definita conduce un carretto carico di mercanzie trainato da un asino. Turi attraversa la piazzetta col capo chino e le mani in tasca; il vecchio del carro lo guarda indifferente mentre imbocca una stretta via laterale.
SCENA 4     Esterno. Abbeveratoio – particolare: l’acqua verdognola - giorno
Un paio di mani forti e callose infrangono la quiete dell’abbeveratoio: Turi raccoglie una manata di acqua e se la butta sul viso; subito dopo affonda la testa nell’acqua…
Particolare: viso di Turi ripreso sott’acqua –
Gli occhi di Turi sono aperti in cerca di qualcosa. Dopo un pò il viso gli si contorce violentemente per la mancanza d’aria…
Ritorno sull’abbeveratoio –
 Riemerge e riempie di aria i polmoni. Il viso è grondante di acqua che gli scivola in rigagnoli attorno agli occhi. Si passa le mani in faccia e nei capelli. Il belato e il suono di campanacci attirano la sua attenzione: alcune pecore si avvicinano all’abbeveratoio saltellando; il ragazzo che le conduce è piccolo e tozzo e fa dei versi selvaggi per richiamare il suo gregge. Turi passa attraverso gli animali e va via.
SCENA 5    Esterno. Cortile – giorno
Il cortile brilla nella prima luce del giorno. Galline che razzolano; un gatto che sonnecchia sulla groppa curva di un asino; una donna vestita di nero seduta su una logora panca che spenna un pollo messo ammollo in un calderone fumante di acqua calda… Turi attraversa incurante il cortile e si ferma davanti una casa con le finestre socchiuse: spinge la porta ed entra.
SCENA 6    Interno. Casa di Turi – camera principale - giorno
Turi entra a passo felpato nella stanza illuminata da una lampada ad olio. Richiude la porta. In un angolo della stanza un lettino con un’inferma.  Il brusio monotono di due anziane che recitano il rosario.  Il petto della giovane donna che giace sul letto si alza e si abbassa regolarmente: sembra scandire il tempo. Maria è una ragazza minuta dai lunghi capelli neri, il volto piccolo come quello di una bambina e ben disegnato. Turi si avvicina silenziosamente, ma la donna che pare dormire avverte la sua presenza e apre gli occhi infossati: tenta di sorridere, ma ciò che si disegna sul volto scarno è una smorfia di sofferenza. Turi le prende la mano destra, guarda brevemente la fede all’anulare.
Altro dipinto sempre stessa provenienza
MARIA
   Turi… (tossisce) che ora è?              
Le due anziane si zittiscono. Turi si gira da quella parte risentito, Maria gli stringe la mano.
TURI
 Ancora presto è… lu suli sta cuminciannu a quadiari ora.
( il sole sta iniziando a riscaldare adesso.)
MARIA 
 Ciruzzu che fa?
Turi si siede sul letto e risponde a Maria abbassando considerevolmente il tono della voce.
TURI
   Non ti preoccupari di nostru figghiu, Maria… è in buone mai. C’è me’ matri
cu iddu, la nutrice è andata via. Come ti senti? (…di nostro figlio…c’è mia madre con lui)
MARIA 
 Senza forze.
TURI 
Coraggio Maria, ti mannavi a chiamari un bravu dutturi! viene apposta da Palermo per te. ( Ho mandato a chiamare un bravo dottore.) 
 MARIA
   Quanto ti sto costando!
TURI
  Nun diri accussì! Mi addolori se pensi questo di me… (Non dire così)
MARIA
  Scusami…cusami Turi.Quando ci siamo sposati mi sono ripromessa…di onorare mio marito
 ogni giorno. Essere una bona mugghieri, ‘na brava matri… non fare mancare niente
 alla mia famiglia… questo solo desideravo! (Una buona moglie una buona madre)
TURI 
 E tu ogni giorno ma’ onorato! Non potevo trovare mugghieri megghiu di tia!
(Moglie meglio di te)
Maria piange silenziosamente. Turi serra la bocca sforzandosi di non tremare per la forte emozione che prova; poi asciuga con il lembo del lenzuolo ricamato le guance della moglie.
MARIA
  Grazie Turi, marito mio. San Ciro ci deve aiutare… ho fede nel Signore lui non ci abbandona.
TURI
   Lu dutturi chi aspittamu ti guarirà. (Il medico che attendiamo ti guarirà).
Turi si alza e le due anziane di rimando riprendono le loro preghiere.
SCENA 7    Int. Casa di Turi – cucina - giorno
La finestra della cucina è socchiusa; un raggio di luce filtra dalla tendina di lino bianca ricamata ad intaglio e illumina il volto sereno del piccolo Ciro che dorme dentro la culla posta vicino la finestra. La stanza è povera ma molto ordinata. Una vecchia donna dai capelli ingialliti raccolti dietro la nuca  dorme profondamente e ogni tanto russa e borbotta qualcosa; è seduta su una sedia di paglia, con le braccia incrociate e le mani nascoste sotto le ascelle. Turi è entrato nella stanza e, avendo cura di non fare rumore, va verso il piccolo Ciro. Per lunghi istanti guarda il figlio con orgoglio, poi lo prende delicatamente in braccio e lo contempla come qualcosa di prezioso.
TURI
  Ciruzzu… beddu di tuo patri! (Ciro, bello di papà)
A questo punto Turi non riesce a trattenere il pianto. Cerca di soffocare i singhiozzi nascondendo la faccia tra le pieghe della copertina che avvolge il neonato, come se da suo figlio cercasse conforto. Il piccolo Ciro si sveglia urlando.
TURI
   (Cullandolo) No… no figghiu mio… papà non ti voleva disturbare…                                
L’anziana donna si sveglia borbottando. Si guarda attorno smarrita: si accorge di Turi e gli va incontro con le braccia tese per prendere il piccolo Ciro. Turi si asciuga velocemente il volto.
MADRE
  Signuri me’ comu m’addummiscivu! (Signore mio come mi sono addormentata)
TURI
   Mamà… avete vegliato tutta la notte,  avete bisogno di riposare.
 MADRE
  Quale riposo! Pi’ ora pi’ nuddu c’è riposo… Dammi u’ picciriddu  ca l’annacu.
( per ora per nessuno c’è riposo. Dammi il piccolo che lo cullo)
Turi consegna il figlio alla madre. Poi prende dall’interno della camicia il sacchetto di cuoio e ne svuota il contenuto sulla tavola. Escono cinque monete d’argento. La madre lo guarda sdegnata.
MADRE
  Latri! Approfittano di la povera genti!  Chistu è  tuttu chiddu chi ti dettiru?
‘Ssu tirrenu valìa tri voti tantu! (Ladri!  Questo è quello che ti hanno dato?
Quel terreno valeva tre volte tanto.)
TURI
   Il bisogno era nostro. E poi non è questione  di soldi, mamà, vui lu sapiti chiddu chi valìa pi’
 mia. Era l’unico  ricordo di me’ patri e un giorno  doveva appartenere a mio figlio.
Ma ora la cosa cchiù ‘mportanti è la guarigione di Maria.
(Voi sapete quello che valeva per me… la cosa più importante)
MADRE
  Figghiu me’… T’ai a fari curaggiu, Maria è troppo debole… è… un miracolo si campa!
(Figlio mio ti devi fare coraggio)
TURI
  Lu signor dottore che deve arrivare è bravo mamà… io sono sicuro ca me’ mugghieri guarisce con la giusta cura.
MADRE
   Dumani arriva Santu Ciru na’ lu nostru paisi,  affidati alle sue cure.
(Domani arriva san Ciro nel nostro paese…)
TURI
Io criu na’ li cosi chi viu e che posso toccare con le mie mani… li cosi di lu munnu. Quello che sto passando ‘na lu cori è vero! come la malattia di Maria, e il signor dottore chi sta arrivando. Tutto il resto è vana speranza. (Io credo nelle cose che vedo…le cose del mondo)
Turi esce fuori. La madre sospira scuotendo il capo e facendosi il segno della croce.
1-continua

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