La recente fase di restauro
della Chiesa Madre di Marineo
Per
questa prima fase di restauro della Chiesa Madre di Marineo, è doveroso
ringraziare la Regione, che lo ha finanziato, la Soprintendente Lina
Bellanca, l’ingegnere Fulvio Pulizzotto, l’architetto Luigi Valenti e i
tecnici che li hanno affiancati.
Le
parti della chiesa restaurate sono il prospetto principale, il tetto e
il sottotetto al di sopra della volta interna. Nel tetto sono state
sostituite le vecchie tegole e poste nuove capriate in legno; nel
sottotetto l’ambiente è stato alleggerito dalle pesanti travi in cemento
armato che gravavano sulla vecchia struttura.
Nel
prospetto principale, grazie a un meticoloso lavoro di integrazione,
restauro, risanamento e tinteggiatura, sono stati riportati alla luce e
messi in evidenza sia gli elementi decorativi originari che quelli
sovrapposti nei secoli successivi. Durante il restauro, su uno dei
blocchi di pietra lavorata della parete, si è trovata incisa la data
“1597”; considerando lo stile dei primi elementi decorativi del
sottofondo del prospetto, è probabile che tale data si riferisca proprio
all’anno in cui fu realizzato il primo strato decorativo.
Per
la prima volta, la nuda parete del prospetto fu decorata alla fine dei
lavori di completamento dell’interno della chiesa. Oggi, di questi primi
elementi decorativi originali voluti dai nostri antenati del
Cinquecento, si riesce a intuire molto poco perché celati dalle
sovrapposizioni successive. Il
primitivo rivestimento decorativo abbracciava tutta la superficie
racchiusa nell’antica sagoma che ancora rimane; era molto semplice, di
stile manieristico e richiamava gli elementi decorativi che erano
presenti all’interno della chiesa. Esso divideva la superficie del
prospetto in due parti, quella superiore e quella inferiore. Nella parte
superiore vi era il timpano triangolare (senza palme e corona)
fiancheggiato da due contrafforti (i primi di due file poste a
puntellare la spinta laterale della volta a botte della chiesa) i quali
assumono la funzione di elementi decorativi, così come le due ninfe
delle estremità laterali. I margini triangolari del frontone erano
decorati con un vigoroso cornicione e con la croce apicale. Al
centro, la finestra era fiancheggiata da due coppie di lesene piatte,
poco rilevanti e con semplici abachi ed echini che richiamavano la
composizione delle colonne della navata centrale e le lesene delle
navate laterali dell’interno della chiesa.
A
separare la parte superiore e inferiore del prospetto c’era un vigoroso
cornicione diviso in due da una semplice fascia centrale non decorata
che si allungava da una parte all’altra del prospetto.
La
parte bassa, in corrispondenza delle tre navate interne, presenta
ancora l’antica tripartizione con quattro coppie di lesene simili a
quelle della parte superiore: due coppie, al centro del prospetto,
inquadrano lo spazio in cui si trova l’ingresso principale, le altre due
coppie sono poste ai margini del prospetto e a poca distanza dei due
ingressi laterali che, ancora, sono sormontati da due finestre circolari
ornate da semplici cornici e da rosoni in ferro battuto. I tre ingressi
inizialmente erano sormontati da semplici fasce prive di decorazioni
(lunghe quanto i lati superiori delle aperture) e da tre cornici
sporgenti sostenute, alle estremità, da due beccatelli a volute con
gocce.
Questi
elementi decorativi originari, nei secoli successivi furono in buona
parte sovrapposti e celati dalle decorazioni successive. La prima
manipolazione risale alla seconda metà del seicento, in seguito
all’arrivo della reliquia di San Ciro, in onore del quale i Marinesi
fecero inserire, al centro del timpano, un altorilievo raffigurante i
simboli del Santo, la palma e la corona. Il ponteggio per arrivare nella
parte alta del prospetto servì anche per decorare le tre brevi fasce,
prive di decorazioni, poste al di sopra degli ingressi. Esse furono
decorate e dipinte con motivi floreali a basso rilievo, ispirati dallo
stile di quelli che decorano l’urna argentea e la copertina del messale
di San Ciro e ai motivi decorativi dipinti, ancora visibili, delle
pareti delle chiese del Convento e del Crocefisso.
La
maggior parte della decorazione del prospetto, che oggi possiamo vedere
appena restaurata, è ad alto rilievo ed è quella più movimentata e più
ricca di elementi decorativi. Una annotazione la fa risalire al 1875,
periodo in cui, dalle nostre parti, persisteva ancora il Neoclassicismo
che puntava alla eliminazione o copertura degli elementi architettonici e
decorativi esistenti per sostituirli con elementi di stile classico greco. Marineo, in questo periodo, viveva uno dei momenti più difficili della sua storia,
a causa dei violenti movimenti franosi invernali cominciati nella
seconda metà del ‘700 che continuavano a causare gravi danni in buona
parte dell’abitato di allora. Il quartiere maggiormente colpito fu
quello di S. Antonio Abate (ubicato nella zona del boschetto) che
durante i due secoli successivi fino all’anno cinquanta del novecento, fu totalmente distrutto.
Una vena a cuneo di uno di questi violenti spostamenti, dopo di avere
distrutto la Chiesa di S. Antonio Abate, i locali della parte estrema
del cenobio olivetano e una buona parte del Quartiere Crocefisso arrivò
fino alla parte posteriore della Chiesa Madre distruggendo parti della
struttura e spostando di 52 cm tutto il lato al di là della crociera,
compreso il primo presbiterio.
Dopo
questi eventi furono iniziati i lavori per risanare e decorare le parti
crollate all’interno della Chiesa Madre, coprendo gli elementi
architettonici e decorativi cinquecenteschi con elementi architettonici e
decorativi di stile classico. Da allora la chiesa assunse l’aspetto
attuale.
Il prospetto non fu danneggiato dalla frana, ma per armonizzare l’esterno
con l’interno e per ammodernare le decorazioni precedenti furono usati
gli stessi elementi decorativi dell’interno. Sulle superfici delle
semplici lesene manieristiche della prima decorazione cinquecentesca,
furono applicate ad alto rilievo le scanalature a spigoli smussati,
simili a quelle delle colonne greche di stile ionico e corinzio; intatti
rimasero i semplici echini e abachi delle basi, mentre i capitelli
furono ornati con elementi decorativi più ricchi e movimentati.
Nelle lesene del piano superiore, al posto dei semplici abachi e
echini, furono applicati, ad alto rilievo, due volute ai margini
superiori e foglie d’acanto al centro, simili a quelli dei capitelli di
stile corinzio dell’arte greca classica. Invece nelle lesene del piano
inferiore, al posto dei semplici abachi e echini, furono applicati, ad
alto rilievo, le ampie volute e gli ovuli tipici dei capitelli di stile
ionico dell’arte greca classica. Sono decorazioni simili a quelle già
applicate sulle lesene dei pilastri dell’interno della chiesa.
È
da tempo che la facciata principale della chiesa necessitava di un
restauro e di un ripristino dei vari elementi dell’apparato decorativo
danneggiati dalle intemperie di quasi due secoli. Per noi Marinesi di
oggi è stato un immenso piacere vedere completa nella sua essenza la
facciata della nostra Chiesa Madre con tutto l’apparato decorativo
aggiunto nei vari secoli. Inoltre, ci da anche tanta soddisfazione il
fatto di vedere qualcosa di bello che i nostri antenati hanno realizzato
sia per se stessi sia per tramandarla alle generazioni successive.
Oggi, questo qualcosa ce lo offre proprio il prospetto principale appena
restaurato.
Anche
per l’interno della chiesa è previsto un accurato restauro, ma dal
punto di vista strutturale e decorativo non sarà possibile riportare
alla luce il suo aspetto rinascimentale e tutto l’insieme resterà così
per come è adesso. Per riavere la chiesa del cinquecento, si dovrebbero
eliminare i pesanti e ingombranti pilastri, le architravi e i cassettoni
di stile neoclassico sotto cui sono celate le colonne, gli archi e le
crociere originali che ancora esistono. Ancora oggi il peso strutturale
della navata centrale fino alla crociera, è sostenuto dalle colonne
monolitiche racchiuse dai pilastri. Le strutture neoclassiche che
ricoprono gli elementi architettonici originali si
potrebbero anche eliminare, però si corre il rischio di indebolire la
tanto tormentata costruzione originaria della chiesa già scossa dalla
frana e dai terremoti.
A
Marineo, nello stesso periodo in cui fu trasformata la Chiesa Madre,
sempre secondo il nuovo gusto neoclassico, furono modificate all’interno
altre due chiese non coinvolte dalla frana e non bisognose
di restauro. Si tratta della chiesa del Crocifisso dove, sotto
l’intonaco della volta a padiglione del presbiterio, si è scoperto un
prezioso affresco di fine cinquecento e della chiesa del Convento, dove
l’intonaco delle pareti laterali nasconde affreschi degli inizi del
Seicento. Anche queste chiese, come la Matrice, attendono il dovuto
restauro per riportare alla luce le decorazioni originali.
Antonino Trentacosti
PS.
Noi crediamo che lo storico e critico d’arte debba “documentare” e se
mai commentare ciò che descrive. Passare a altre considerazioni ,
soprattutto politiche, non gli è consentito. La storia è piena di questo
servilismo soprattutto quando lo si presenta come canne al vento…
(Note della redazione)
Ps2.
Grazie ai nuovi sistemi di restauro ogni intervento deve essere
documentato dal come era a come è stato aggiornato. Si tratta di
migliaia di documenti fotografici.
Chi fosse interessato possiamo agevolarne l’accesso.
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