Ci sono vari segnali che
accompagnano questa mostra. Il primo è che anche la natura vuole partecipare mandando
un segnale (vedi le scosse di ieri). Andando avanti ci pare giusto segnalare
che visto il clima che alcuni vorrebbero introdurre in questi giorni dobbiamo
fare attenzione a discernere cultura da politica. Chi di dovere faccia
attenzione a non farsi inquinare usando la cultura (come avviene con la poesia)
confondendola con la politica usandola come sirena per intrappolare e
manipolare le loro verità. Quindi ben
vengano queste mostre ma senza processi… Questo evento ci porta a due ricordi personali.
Quando da ragazzo bazzicavo L’Ora di Palermo l’unico che sapevamo a prima vista
chi fosse era di Mauro De Mauro prima per le sue inchieste sulla Mafia e poi
per la sua scomparsa. Di tutti gli altri che sarebbero diventati famosi e che
oggi sono prime ballerine a livello nazionale io “frequentai” il solo Roberto
Ciuni… e Armando Vaccarella. Il mio capo
era Marcello Cimino che mi insegnava i limiti del linguaggio .
Anni dopo tramite una attiva
ragazza del luogo riuscii a portare il mio Teatro dei Pupi dentro lo spazio
futurista ricostruito dove l’obiettivo
era fare accettare una nuova architettura in sostituzione della precedente
ormai distrutta. Erano gli anni dello abbasso “Ciuri Ciuri” e viva “Bella Ciao”.
Chissà se ho conservato
qualche foto … Seppi molto dopo che la gente “abbandonava il paese” perché quello
ricostruito o in corso di ricostruzione non era più “ il loro paese”… Molti di questa diaspora forzata finirono a Marineo e ne è testinone l'incredibile andazzo edilizio del tempo...
Ora andiamo ad ascoltare chi
ci parla con documenti alla mano per recuperare una memoria tragica dove come
al solito si fanno processi ben sapendo
che siamo sempre di più un popolo “imputabile” genericamente.
Siamo nel 1968...
Il comunicato
stampa dell’Assessore alla Cultiura
Dal 14 al 30 aprile 2018 sarà possibile visitare
presso il salone delle conferenze del Castello Beccadelli di Marineo la mostra
fotografica “68 Belice ferito” di Nino Giaramidaro, giornalista che fu inviato
insieme a Mauro De Mauro dal giornale “L’ORA” in quei luoghi distrutti dal
sisma e poi abbandonati dalla quasi totalità degli abitanti.
Si tratta di quarantacinque scatti, stampe in bianco
e nero di vari formati che vogliono non solo rendere omaggio alle vittime del
sisma, ma cercano di dare dignità e verità storica ad un evento
calamitoso lontano nel tempo, ancora impresso nella memoria di chi
vi fu coinvolto.
L’autore ci racconta in una sorta di cortometraggio
fotografico, guidato dalla lucidità di un certo tipo di giornalismo
d’inchiesta, la drammatica cronaca delle prime ore e dei giorni successivi al
violento sisma che cinquant’anni fa, nella notte del 15 gennaio, colpì una
vasta zona della Sicilia Occidentale, la valle del Belice, compresa tra le
province di Trapani, Agrigento e Palermo. Il prezzo della tragedia fu
altissimo: 352 morti, 576 feriti e quasi 100mila senza tetto.
La valle del Belice, zona depressa e a vocazione
esclusivamente agricola, fu rasa al suolo, le ripetute scosse si accanirono
“sulla povertà e su popolazioni che vivono della terra” scrive Giaramidaro
stesso in una breve introduzione. Il visitatore non potrà fare a meno nel breve
percorso fotografico di rivivere lo strazio di quei giorni. Macerie, paesi
completamente cancellati, tendopoli allestite all’addiaccio, vagoni carichi di
sfollati, distribuzione dei primi viveri, volti di uomini, donne e bambini di
una civiltà contadina che purtroppo non esiste più.
Una popolazione composta e dignitosa che nella
disperazione stringe a sé i pochi effetti personali messi in salvo ed è come se
già da quelle prime immagini percepissimo che non solo hanno perso la loro casa
e le persone care, ma anche le radici.
La mostra è organizzata dal Comune di Marineo, dalla Pro
Loco, dall’Ist. Comprensivo Marineo-Bolognetta, con l’allestimento di Salvatore
Pulizzotto.
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