mercoledì 11 aprile 2018

BELICE FERITO



Ci sono vari segnali che accompagnano questa mostra. Il primo è che anche la natura vuole partecipare mandando un segnale (vedi le scosse di ieri). Andando avanti ci pare giusto segnalare che visto il clima che alcuni vorrebbero introdurre in questi giorni dobbiamo fare attenzione a discernere cultura da politica. Chi di dovere faccia attenzione a non farsi inquinare usando la cultura (come avviene con la poesia) confondendola con la politica usandola come sirena per intrappolare e manipolare  le loro verità. Quindi ben vengano queste mostre ma senza processi…  Questo evento ci porta a due ricordi personali. Quando da ragazzo bazzicavo L’Ora di Palermo l’unico che sapevamo a prima vista chi fosse era di Mauro De Mauro prima per le sue inchieste sulla Mafia e poi per la sua scomparsa. Di tutti gli altri che sarebbero diventati famosi e che oggi sono prime ballerine a livello nazionale io “frequentai” il solo Roberto Ciuni… e Armando Vaccarella.  Il mio capo era Marcello Cimino che mi insegnava i limiti del linguaggio .
Anni dopo tramite una attiva ragazza del luogo riuscii a portare il mio Teatro dei Pupi dentro lo spazio futurista  ricostruito dove l’obiettivo era fare accettare una nuova architettura in sostituzione della precedente ormai distrutta. Erano gli anni dello abbasso “Ciuri Ciuri” e viva “Bella Ciao”.
Chissà se ho conservato qualche foto … Seppi molto dopo che la gente “abbandonava il paese” perché quello ricostruito o in corso di ricostruzione non era più “ il loro paese”… Molti di questa diaspora forzata finirono a Marineo e ne è testinone l'incredibile andazzo edilizio del tempo...
Ora andiamo ad ascoltare chi ci parla con documenti alla mano per recuperare una memoria tragica dove come al solito si fanno processi  ben sapendo che siamo sempre di più un popolo “imputabile” genericamente.
Siamo nel 1968...




Il comunicato stampa dell’Assessore alla Cultiura
Dal 14 al 30  aprile 2018 sarà possibile visitare presso il salone delle conferenze del Castello Beccadelli di Marineo la mostra fotografica “68 Belice ferito” di Nino Giaramidaro, giornalista che fu inviato insieme a Mauro De Mauro dal giornale “L’ORA” in quei luoghi distrutti dal sisma e poi abbandonati dalla quasi totalità degli abitanti.
Si tratta di quarantacinque  scatti, stampe in bianco e nero di vari formati che vogliono non solo rendere omaggio alle vittime del sisma, ma cercano di dare dignità e verità storica ad un evento  calamitoso lontano nel tempo, ancora impresso  nella memoria di chi vi fu coinvolto.
 L’autore ci racconta in una sorta di cortometraggio fotografico, guidato dalla lucidità di un certo tipo di giornalismo d’inchiesta, la drammatica cronaca delle prime ore e dei giorni successivi al violento sisma che cinquant’anni fa, nella notte del 15 gennaio, colpì una vasta zona della Sicilia Occidentale, la valle del Belice, compresa tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo. Il prezzo della tragedia fu altissimo: 352 morti, 576 feriti e quasi 100mila senza tetto.
La valle del Belice, zona depressa e a vocazione esclusivamente agricola, fu rasa al suolo, le ripetute scosse si accanirono “sulla povertà e su popolazioni che vivono della terra” scrive Giaramidaro stesso in una breve introduzione. Il visitatore non potrà fare a meno nel breve percorso fotografico di rivivere lo strazio di quei giorni. Macerie, paesi completamente cancellati, tendopoli allestite all’addiaccio, vagoni carichi di sfollati, distribuzione dei primi viveri, volti di uomini, donne e bambini di una civiltà contadina che purtroppo non esiste più.
Una popolazione composta e dignitosa che nella disperazione stringe a sé i pochi effetti personali messi in salvo ed è come se già da quelle prime immagini percepissimo che non solo hanno perso la loro casa e le persone care, ma anche le radici.
La mostra è organizzata dal Comune di Marineo, dalla Pro Loco, dall’Ist. Comprensivo Marineo-Bolognetta, con l’allestimento di Salvatore Pulizzotto.

Nessun commento:

Posta un commento