Il cardinal Josef
Beran sta tornando a Praga
In
Italia la notizia forse passerà inosservata ma per tutti i cechi è un
avvenimento della portata storica.
Torna il simbolo
della persecuzione dei cristiani in due regimi totalitari del secolo scorso.
Nato nel 1888 riceve in famiglia una
fede solida e l’esempio della coerenza. Studia a Roma, nel 1911 diventa prete e
nel 1912 ritorna a Roma per finire gli studi del dottorato in teologia. Da lì
torna e diffonde le nuove idee teologiche conosciute a Roma soprattutto quando
diventa rettore del seminario di Praga nel 1933. Guida i seminaristi ad un
atteggiamento di sensibilità e
comprensione, come lo dimostra il suo scritto: “Psicologia e il confessionale”.
Dopo la seconda guerra mondiale durante la quale è imprigionato nel campo di
concentramento di Dachau, diventa l’arcivescovo di Praga ma lo è serenamente solo per poco. Subito dopo
l’arrivo dei comunisti al potere si scontra con loro difendendo l’indipendenza
della Chiesa dagli sforzi di manovrarla e tenerla sotto controllo. Dal 1948
è internato per 16 anni in un posto
segreto, in assoluto isolamento, in una casa circondata dal muro di legno alto
3 metri. Questo era il trattamento ‘privilegiato’ dedicato ai vescovi che non
sono stati imprigionati come comuni sacerdoti. Nonostante una certa età non a
nessuna assistenza medica anzi con il cibo gli vengono somministrate le droghe.
L’anno 1963 è
per lui cruciale: il papa gli propone il cappello cardinalizio ma per riceverlo
deve recarsi a Roma. Dalle autorità comuniste capisce che sarebbe un viaggio di
sola andata ed esita, volendo rimanere il pastore del suo gregge. Alla fine accetta e da quel momento diventa
esule a Roma non per scelta ma per costrizione. Rimane il pastore non solo dei
cechi in patria ma anche di quelli nel mondo e ha un rapporto amichevole anche
con il paese che lo ospita. Fonda la Casa del Pellegrino Boemo e sostiene la
stampa dei libri e di una rivista in ceco che poi vengono portati
clandestinamente nella sua patria.
Partecipa
attivamente al Concilio Vaticano II dove espone il suo intervento sulla libertà
religiosa. Pur avendo provato sulla propria pelle l’importanza della libertà di coscienza, non
esita denunciare gli errori della Chiesa cattolica del passato, in particolare
il caso di Giovanni Hus, dichiarato eretico e consegnato al rogo.
Proprio negli
anni che vedono l’arrivo di una certa libertà, specialmente durante la Primavera
di Praga nel 1968, si ammala e in autunno dello stesso anno torna dal Padre. Il
suo corpo non può tornare nella sua patria perché in agosto del 1968 i carri
armati russi chiudono ogni possibilità
di apertura e il suo arrivo in Cecoslovacchia non è gradito. In quel momento
interviene il suo grande amico e ammiratore, il papa Paolo VI e decide che sarà
sepolto in san Pietro, l’unico cardinale insieme ai papi. Lì rimane anche dopo
la Caduta del Muro di Berlino e solo ora viene esaudita la sua ultima volontà
di essere sepolto in patria.
Durante la festa
di uno dei primi vescovi di Praga, sant’Adalberto, il 23.04., si svolgerà il
suo solenne funerale nella cattedrale di Praga. Torna nella sua patria come un
vero eroe che non odiava chi gli faceva male ed era capace di sacrificarsi per
una buona causa. Tutti quelli che l’hanno conosciuto hanno sottolineato la sua
umiltà che trovava nel mettere in pratica il Vangelo. Un vero pastore del suo
gregge.
Růžena Růžičková
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