domenica 1 aprile 2012

LA VERA CROCE

La più santa di tutte le reliquie
Iniziamo una serie di servizi sulle reliquie della Passione. Lasciamo agli scettici e ai difficili le considerazioni, peraltro abbondanti e non nuove sul valore delle reliquie. Per noi sono documenti della fede.
In questo periodo di meditazione sulla morte sulla croce di Gesù Cristo è legittimo domandarsi se e dove esistono le reliquie della vera croce sulla quale fu crocifisso il nostro Signore. Fra storia e legenda dobbiamo tornare molto lontano nel tempo. A Gerusalemme, nell’anno 325 d.C. furono rinvenute tre croci, alcuni chiodi e il Titulus, cioè la tavoletta sulla quale fu scritta la colpa attribuita al condannato, mentre si rimuovevano i detriti nel posto dove Adriano fece erigere il foro occidentale. Un altro imperatore, Costantino il Grande diede l’ordine di abbattere il tempio dedicato alla Venere e incaricò sua madre Elena di sorvegliare i lavori. Siamo abituati a vedere rappresentata santa Elena come abbraccia la croce e a ragione perché ha avuto il ruolo decisivo in questo ritrovamento sensazionale. La Legenda aurea di Jacopo da Varazze del XII secolo ci porta un po’ fuori strada. Racconta degli ebrei che si rifiutarono di rivelare ad Elena il luogo dove avevano nascosto la croce di Gesù dopo la crocifissione, pare per paura dell’antica profezia che diceva che il loro “dominio” avrebbe avuto fine con il ritrovamento della croce. Alla minaccia dell’imperatrice di bruciarli tutti le consegnarono uno di loro di nome Giuda che dopo le torture e digiuni forzati cedette e condusse l’imperatrice lì dove era nascosta la croce; la terra iniziò a tremare e si sentì un particolare profumo. Giuda riconobbe che Cristo era il redentore del mondo. Si iniziò a scavare e si trovarono, venti piedi in profondità, le tre croci. Nacque il dilemma: quale era la vera croce di Gesù? In quel momento passò lì il corteo funebre con un giovane defunto. Avvicinarono al morto prima una croce, poi la seconda e al contatto con la terza, il morto si alzò dalla bara e lodò il Signore. Giuda si fece battezzare con il nome di Ciriaco. L’imperatore Costantino scrisse di questo fatto nel 325 d.C. al vescovo Macario di Cesarea parlando delle “Meravigliose circostanze” in cui fu rinvenuta “la testimonianza della santissima passione di Gesù, così a lungo sepolta sotto terra”. Un po’ diversamente raccontò i dettagli di questo rinvenimento sant’Ambrogio di Milano nella sua omelia funebre per l’imperatore Teodosio (395): Elena, incoraggiata da un sogno ordinò che si procedesse alla ricerca del luogo in cui era stata nascosta la croce, identificata dalla presenza del Titulus. Una volta ritrovata, Elena faceva suddividere la croce in tre parti: un terzo rimase a Gerusalemme, un altro terzo portò con sé a Roma, l’ultimò terzo mandò al figlio. L’iscrizione della croce fu fatta suddividere in due parti: la metà sinistra rimase a Gerusalemme, quella destra fu portata a Roma. Lo stato in cui si trovava il Lignum crucis dopo tre secoli non era appariscente e quindi si decise di esporre solo i frammenti, successivamente intagliati a forma di croce sottolineando che la parte rappresenta l’intero (Pars pro toto). La reliquia della croce fu divisa maggiormente nel 638 quando Gerusalemme era caduta nelle mani di mussulmani e il patriarca aveva smembrato il legno della croce in diciannove parti che aveva fatto pervenire ad altri sedi episcopali d’Oriente: a Costantinopoli arrivarono 3 frammenti e a Gerusalemme ne rimasero 4. Nell’epoca dei crociati, quando cominciò a fiorire il commercio di reliquie, fecero pervenire in Occidente numerosi frammenti, forse non tutti della vera croce. L’imperatrice Elena custodiva a Roma una parte della vera croce e la seconda metà dell’iscrizione della croce nel palazzo che Costantino, dopo la sua morte donò alla Chiesa. Con le modifiche durante gli anni è diventata attuale basilica di Santa Croce di Gerusalemme in Roma. Oggi solo i cristiani armeni di Gerusalemme sono certi di possedere tre grossi frammenti della vera croce, che si trova nel tesoro della cattedrale di San Giacomo, nel quartiere armeno.
La croce della nostra parrocchia che noi veneriamo venerdì santo non è la “vera croce” ma ci permette di riflettere sulla vera passione del nostro Signore. Le vicende della croce ritrovata, frantumata e sparsa nel mondo ci possono appassionare e incuriosire ma quello che conta per la nostra fede è la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, la Passione di Cristo che rivivremo ancora queste feste di Pasqua, se prepariamo il nostro cuore e la nostra mente al miracolo più grande.

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