mercoledì 4 aprile 2012

INCHIODATI ALLA NOSTRA FEDE


I chiodi della Croce di Gesù
“Ma Tommaso disse:  ‘Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi… non crederò.’ ”  Gv 20,25

     E’ il Vangelo stesso che ci parla dei chiodi con i quali Gesù è stato trafitto e fissato sulla croce. Ma quanti erano? Nel 1870 nelle cattedrali e nei tesori delle chiese europee ne furono contati 33 ma la notizia non è precisa perché alcuni chiodi furono spostati e nell’elenco risultarono in tutte e due i luoghi e di altri menzionati non esistono più le tracce.  Oltre ai sacri chiodi di Santa croce (trovati da santa Elena)possono esserci solo altri due chiodi autentici oltre a sei o sette chiodi che potevano essere serviti a fissare il patibulumcon il titulus. Come a tutte le reliquie della passione di Gesù, anche ai chiodi si attribuiva una forza salvifica e per questo motivo furono incorporati negli oggetti che usavano gli imperatori – le briglie dell’imperatore Costantino oppure la sua corona.      Secondo la tradizione legata a sant’Ambrogio di Milano uno dei chiodi creerebbe un anello di ferro nella corona ferrea di Monza.  Si tratterebbe del diadema di Costantino il Grande e l’imperatore Teodosio lo avrebbe portato in occasione dei suoi soggiorni a Milano. Le sorti di questa corona sono legate ai personaggi chiave della storia europea di quell’epoca: papa Gregorio Magno, la principessa Clotilde, il re Pipino il Breve, Carlo Magno.  Quest’ultimo, incoronato re dei franchi e dei lombardi nel 774 avrebbe, secondo la leggenda,  indossato la corona che il papa Gregorio Magno aveva regalato alla regina Teodolinda.      I metodi scientifici della nostra epoca hanno appurato che l’anello metallico all’interno della corona, per secoli considerato uno dei chiodi di ferro della croce di Gesù, è invece di argento puro; teneva insieme le sei piastre d’oro della corona adorne con lo smalto e le pietre preziose. E’ molto probabile che fosse davvero la corona di Teodolinda, quella regina che ha portato il suo popolo al cristianesimo. Poco importa che non aveva a disposizione una vera reliquia della passione di Cristo. Bastava che lei e il popolo longobardo credette al Suo gesto salvifico e alla Sua resurrezione.  Le sacre briglie, quelle dell’imperatore Costantino e il morso dei cavalli (in cui Elena, secondo il racconto di sant’Ambrogio, avrebbe fatto incorporare i frammenti di uno dei sacri chiodi) si suppone che esistano ancora, conservati nel Duomo di Milano. In alto al di sopra del coro si può notare una luce rossastra nel mezzo di una croce ornata dai raggi dorati. La tradizione parla del tesoro più prezioso della cattedrale milanese, il sacro chiodo che vi è conservato. Non è un chiodo ma un pezzo di ferro attorcigliato, della lunghezza di 30 cm e del peso di 700 gr e della forma di una briglia. Sarebbe il vescovo Ambrogio a portare la reliquia a Milano che in quell’epoca fu una delle più importanti città dell’impero romano. Le insegne del potere fra cui forse anche le briglie, che il vescovo Ambrogio aveva descritto in modo molto dettagliato, rimasero a Milano.       Un altro grande arcivescovo di Milano, san Carlo Borromeo, fece mettere la reliquia in uno scrigno collocato in un particolare meccanismo, unico in tutto il mondo cristiano per scopo e per funzionamento. Si tratta di nivola, la “nuvoletta”, che è una specie di montacarichi di legno molto decorato,  sopra il quale vi è un baldacchino rosso;  in questa sorta di ascensore veniva sollevato  tramite un sistema di funi e carrucole l’arcivescovo per 42 m di altezza e con il sacro chiodo visibile da tutti elargiva ai fedeli la sua benedizione. Questo capolavoro dell’ingegneria ha convinto i milanesi al punto che, fino a oggi, credono che sarebbe stato il grande Leonardo da Vinci stesso a costruire la nivola.  Nel 1983, l’anno del 1950° anniversario della crocifissione di Gesù Cristo si compivano i “pellegrinaggi della croce” e il culto della reliquia milanese riacquistò d’importanza;  in seguito il cardinal Carlo Maria Martini  stabilì la celebrazione della festa dell’elevazione della croce il 14 settembre.      Abbiamo seguito la storia di un’altra reliquia della passione di Gesù che ci appassionae  ci incuriosisce.  Anche oggi rimane però valida la frase del Vangelo che chiama “beati” coloro che hanno creduto senza aver visto. Lasciamo i san Tommaso dei modi di dire e del immaginario collettivo “toccare con dito”. A noi non è concesso ma ringraziamo il Signore che ci aiuta a credere nella Sua passione e Resurrezione con altri mezzi.     

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