S.Sebastiano
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Monumento
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FINISCE QUI IL "RACCONTO" SU CARAVAGGIO . NOI SIAMO UN BLOG DI PROVINCIA E NON AVEVAMO GROSSE PRETESE MALGRADO IL NOSTRO PAESE CONTA TANTI PITTORI E AMANTI DELL'ARTE. MA NON SIAMO QUELLI CHE APPENA LETTO IL RISVOLTO DI COPERTINA SANNO GIà GIUDICARE UN OPERA !
Nella fossa furono posti 48 corpi precedentemente sepolti nella sepoltura entro la chiesa di S. Sebatiano
Nella fossa furono posti 48 corpi precedentemente sepolti nella sepoltura entro la chiesa di S. Sebatiano
Finalmente
disponevamo di aggiuntive notizie di sicuro fondamento storico che unite alle
altre in nostro possesso delineavano la
via maestra da cui doveva prendere l’avvio la ricerca antropologica e genetica.
Avevamo a disposizione un luogo dove da anni giacevano un imprecisato numero di
resti mortali provenienti dal cimitero di S. Sebastiano. Secondo la originale
carta topografica che il Ferrini ci aveva messo a disposizione, il nucleo originale del cimitero di S.
Sebastiano era sorto nel 1627. Come riportato dalla lettera vescovile si
trattava di una “profonda fossa” dove vennero collocati 48 resti mortali.
L’espressione “profonda fossa” doveva essere decifrata riconduncendola nel
contesto del seicento. In quel periodo per profonda fossa sepolcrale
s’intendeva uno scavo di una certa dimensione di circa due metri di profondità. Non sapevamo quanti resti ossei avremmo
trovato in quella cripta, né tanto meno se alcuni di loro potevano essere
ricondotti a quelli sepolti nella cripta della chiesetta di S. Sebastiano.
Nella cripta della chiesa Nova di molti resti mortali ne conoscevamo le
generalità. Grazie al libro dei morti disponevamo un’anagrafe di quasi tute le
morti ufficiali e per le quali si erano
eseguite le funzioni previste dalla liturgia cattolica. Noi eravamo convinti
della bontà della “pista spagnola” cioè della nascosta sepoltura del pittore
nel cimitero di S. Sebastiano. Eravamo convinti che se vi era stata una
sepoltura non riportata nel libro dei morti e non poteva che essere quella del
Caravaggio. La prima fase della nostra complessa ricerca si era conclusa.
La ricostruzione storica degli ultimi giorni
della presenza del Caravaggio a Porto Ercole era giunta ad una serie di
conclusioni importanti. Lo stretto rapporto con gli studiosi locali, Alessandro
Ferrini e Gualtiero della Monaca, si era rivelato fondamentale per poter
rispondere ad una serie di domande che da decenni appassionano e coinvolgono
non solo gli studiosi del Caravaggio ma molti suoi stimatori. Il ricco e
documentato materiale storico sarebbe stato messo a disposizione del Comitato Nazionale
per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali per proseguire
l’indagine ruotante attorno alla scoperta del luogo e dei resti mortali del
pittore Lombardo. Lo studio interdisciplinare impegnava varie Università
Italiane con capo-fila il dipartimento per la Conservazione dei Beni culturali
collocato a Ravenna dell’università di Bologna. Fra la fattiva adesione all’iniziativa
promossa e gestita dal Comitato, figuravano l’università del Salento (Lecce),
per l’esame del carbonio 14 inerente alla datazione del periodo dei vari resti
mortali che si sarebbero recuperati; l’università dell’Aquila, per l’esame
istologico inerente alla determinazione della specifica età dei resti mortali;
l’università di Pisa, per l’eventuale ricostruzione del viso del pittore, nel
caso in cui si fossero individuati i suoi resti ossei comprensivi del cranio; infine,
un importante laboratorio di Marina di Ravenna per accertare la presenza di
metalli pesanti da pigmenti da colori presenti nei resti ossei selezionali. Un’avvincente
e coinvolgente fase di questa complessa avventura scientifica era conclusa,
un’altra stava per iniziare.
Silvano Vinceti
Giorgio Gruppioni
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