domenica 2 giugno 2019

CARAVAGGIO 15


S.Sebastiano
Monumento
CARAVAGGIO 15

FINISCE QUI IL "RACCONTO" SU CARAVAGGIO . NOI SIAMO UN BLOG DI PROVINCIA E NON AVEVAMO GROSSE PRETESE MALGRADO IL NOSTRO PAESE CONTA TANTI PITTORI E AMANTI DELL'ARTE. MA NON SIAMO  QUELLI CHE APPENA LETTO IL RISVOLTO DI COPERTINA SANNO GIà GIUDICARE UN OPERA !



Nella fossa furono posti 48 corpi  precedentemente sepolti nella sepoltura entro la chiesa di S. Sebatiano
Finalmente disponevamo di aggiuntive notizie di sicuro fondamento storico che unite alle altre  in nostro possesso delineavano la via maestra da cui doveva prendere l’avvio la ricerca antropologica e genetica. Avevamo a disposizione un luogo dove da anni giacevano un imprecisato numero di resti mortali provenienti dal cimitero di S. Sebastiano. Secondo la originale carta topografica che il Ferrini ci aveva messo a disposizione,  il nucleo originale del cimitero di S. Sebastiano era sorto nel 1627. Come riportato dalla lettera vescovile si trattava di una “profonda fossa” dove vennero collocati 48 resti mortali. L’espressione “profonda fossa” doveva essere decifrata riconduncendola nel contesto del seicento. In quel periodo per profonda fossa sepolcrale s’intendeva uno scavo di una certa dimensione di circa due metri di profondità.  Non sapevamo quanti resti ossei avremmo trovato in quella cripta, né tanto meno se alcuni di loro potevano essere ricondotti a quelli sepolti nella cripta della chiesetta di S. Sebastiano. Nella cripta della chiesa Nova di molti resti mortali ne conoscevamo le generalità. Grazie al libro dei morti disponevamo un’anagrafe di quasi tute le morti ufficiali  e per le quali si erano eseguite le funzioni previste dalla liturgia cattolica. Noi eravamo convinti della bontà della “pista spagnola” cioè della nascosta sepoltura del pittore nel cimitero di S. Sebastiano. Eravamo convinti che se vi era stata una sepoltura non riportata nel libro dei morti e non poteva che essere quella del Caravaggio. La prima fase della nostra complessa ricerca si era conclusa.

 La ricostruzione storica degli ultimi giorni della presenza del Caravaggio a Porto Ercole era giunta ad una serie di conclusioni importanti. Lo stretto rapporto con gli studiosi locali, Alessandro Ferrini e Gualtiero della Monaca, si era rivelato fondamentale per poter rispondere ad una serie di domande che da decenni appassionano e coinvolgono non solo gli studiosi del Caravaggio ma molti suoi stimatori. Il ricco e documentato materiale storico sarebbe stato messo a disposizione del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali per proseguire l’indagine ruotante attorno alla scoperta del luogo e dei resti mortali del pittore Lombardo. Lo studio interdisciplinare impegnava varie Università Italiane con capo-fila il dipartimento per la Conservazione dei Beni culturali collocato a Ravenna dell’università di Bologna. Fra la fattiva adesione all’iniziativa promossa e gestita dal Comitato, figuravano l’università del Salento (Lecce), per l’esame del carbonio 14 inerente alla datazione del periodo dei vari resti mortali che si sarebbero recuperati; l’università dell’Aquila, per l’esame istologico inerente alla determinazione della specifica età dei resti mortali; l’università di Pisa, per l’eventuale ricostruzione del viso del pittore, nel caso in cui si fossero individuati i suoi resti ossei comprensivi del cranio; infine, un importante laboratorio di Marina di Ravenna per accertare la presenza di metalli pesanti da pigmenti da colori presenti nei resti ossei selezionali. Un’avvincente e coinvolgente fase di questa complessa avventura scientifica era conclusa, un’altra stava per iniziare.

                                                                                          Silvano Vinceti
                                                                                        Giorgio Gruppioni

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