lunedì 22 agosto 2011

LA STORIA RECENTE

Mi rivolgo soprattutto ai giovani, a coloro che non hanno mai vissuto in una dittatura né hanno sentito parlarne dai genitori. La caratteristica principale di una dittatura è la mancanza della libertà, un bene di cui non possiamo fare a meno e che forse non apprezziamo abbastanza finchè non ne sentiamo la mancanza.. In che modo mancava la libertà nella cosidetta “dittatura del proletariato”? Non ci si poteva esprimere liberamente né oralmente né per iscritto, non si poteva scegliere liberamente che tipo di studi intraprendere (con il sistema del numero chiuso anche alle scuole superiori e con un giudizio politico accanto a quello sul merito “non si dava l’arma nelle mani del nemico”, non si ammetteva qualcuno neanche alla scuola superiore), la libertà di essere creativi o intraprendenti nel proprio lavoro perché tutto era già pianificato e anche un ingegnere doveva solo eseguire le direttive del partito comunista, la libertà di avere una pluralità di opinioni e di partiti perché tutti i giornali descrivevano la realtà piena di successi anche lì dove non c’erano e i partiti che non si chiamavano comunista avevano il suo stesso programma. Se aggiungiamo che gli ordini arrivavano da Mosca e che i paesi cosi detti satelliti come la Polonia, l’Ungheria, la Cecoslovacchia ecc. si sentivano oppressi dal diktat dei russi, abbiamo forse completato il quadro. All’inizio del 1968 in Cecoslovacchia cominciava cambiare qualcosa. I comunisti vi erano al potere dal 1948, sono passati i processi degli anni Cinquanta, il regime era un po’ meno atroce, l’unico campo dove era rimasto severo era quello religioso. Il segretario del Partito comunista cecoslovacco è stato eletto Alexander Dubček che insieme ai suoi collaboratori permetteva maggior libertà di espressione, ammetteva gli sbagli del periodo stalinista: iniziava quello che viene chiamato il Socialismo dal volto umano durante la Primavera di Praga. Era un periodo pieno di fermento, di progetti di voglia di fare da soli, senza le direttive da Mosca. Alcuni si spingevano a chiedere anche il pluralismo politico. Coloro che però ricordavano la stroncatura feroce della rivolta ungherese nel 1956 da parte dei “fratelli” russi erano pochi e noi li mettevamo a tacere dicendo che le cose erano cambiate, la storia andava avanti. E invece nei Paese dell’Est, la storia si è fermata.: il 21 agosto 1968 si è ripetuto qualcosa di simile del 1956 ungherese. I carri armati del Patto di Varsavia (guidato dall’Unione sovietica) hanno invaso la Cecoslovacchia, hanno occupato tutti i posti strategici e sono rimasti per 20 anni. Non so se riuscirete a immaginarvi che doccia fredda è stata. E’ iniziato il periodo di “normalizzazione” durante il quale le cose dovevano tornare come prima e i cittadini dovevano anche esprimere il loro consenso. Questo avveniva nei posti del lavoro: i superiori chiedevano la nostra opinione sull’intervento del Patto di Varsavia (non si poteva mai dire invasione) e se trovavamo il coraggio di dire che non eravamo d’accordo ci dicevano che il nostro posto di lavoro non è assicurato. Poi ce lo chiedevano di nuovo e coloro che ripetevano il loro dissenso dovevano andarsene. Trovavano magari un posto non adeguato alla loro preparazione e soprattutto nel nuovo posto non esprimevano la loro opinione così liberamente come facevano durante la Primavera di Praga e la paura serpeggiava di nuovo. A gennaio 1969 uno studente di filosofia Jan Palach ha espresso il suo dissenso dandosi fuoco nella centrale piazza Venceslao e lasciando scritto i suoi motivi. Vi erano altri ragazzi che volevano fare altre tanto ma i dissidenti li convincevano di usare il loro coraggio ad esempio scrivendo clandestinamente eppure cercando nuove forme di protesta. Il grigiore e l’oppressione però spesso vincevano. Questa situazione ha avuto fine con la Rivoluzione di velluto dell’anno 1989. Era già caduto il Muro di Berlino, i regimi socialisti erano in ginocchio economicamente e quindi il rovesciamento del potere senza spargimento di sangue era stato possibile. Il nuovo presidente è diventato Václav Havel, lo scrittore dissidente che non si è mai piegato ai potenti, piuttosto era finito diverse volte in prigione. Al suo fianco ha voluto Alexander Dubček e insieme hanno cercato di far passare il paese dopo 40 anni di dittatura verso la democrazia. Durante i primi anni c’era molta euforia, molta voglia di fare diversamente, la proprietà privata era vista come una toccasana. Non tutto si è risolto, anzi ai difetti e problemi “socialisti” si sono aggiunti quelli del consumismo. Ora in questi paesi hanno gli stessi problemi del resto dell’Europa, fanno parte dell’Unione europea. Ma se i loro abitanti non dimenticano presto e apprezzano ancora quelle libertà che comunque hanno ottenuto, accettando maggiore responsabilità personale, possono dare esempio anche alla gioventù di oggi che forse non sempre conosce le fatiche che hanno fatto gli altri per avere la democrazia che anche se imperfetta è sempre meglio di una dittatura.
Ruzena Ruzickova

1 commento:

  1. Mentre a Praga i carriarmati conunusti facevano cio che sapevano fare meglio, passeggiare sui corpi della gente, noi cantavamo in Italia questa canzone.
    E' cosi la Cecoslovacchia è entrata a pieno diritto nel club in compagnia di Piazza Tainnemen , delle madri di Argentina, degli ungheresi, dove sono pronti ad entrare i siriani, i libici e tanti altri. Oggi dove i dittatori fascisti sono tutti spariti rimangono i figli dei comunisti irriducibili.

    La ballata del potere

    Di Claudio Chieffo

    Lo dicevo tutto il giorno
    questo mondo non è giusto!
    E pensavo anche di notte
    questa vita non dà il gusto!

    E dicevo è colpa vostra,
    o borghesi maledetti,
    tutta colpa dei padroni
    e noi altri, poveretti!

    E noi altri a lavorare
    sempre lì nell’officina,
    senza tempo per pensare,
    dalla sera alla mattina.

    Forza compagni,
    rovesciamo tutto
    e costruiamo
    un mondo meno brutto!

    Per un mondo meno brutto
    quanti giorni e quanti mesi,
    per cacciare alla malora
    le carogne dei borghesi!

    Ma i compagni furon forti
    E si presero il potere;
    i miei amici furon morti
    e li vidi io cadere.

    Ora tu dimmi
    come può sperare un uomo
    che ha in mano tutto
    ma non ha il perdono?

    Come può sperare un uomo
    quando il sangue è già versato,
    quando l’odio in tutto il mondo
    nuovamente ha trionfato?

    C’è bisogno di qualcuno
    Che ci liberi dal male,
    perché il mondo tutto intero
    è rimasto tale e quale.

    RispondiElimina