Con grande interesse e curiosità ho accettato l’invito
di una mia amica a partecipare ai riti di giovedì santo al Collegio. La chiesa
era particolarmente piena perché “gli apostoli” ai quali il sacerdote ha lavato
i piedi erano ragazzini e quindi è
venuta a vederli tutta la famiglia, i genitori, gli zii e i nonni. Temevo una
sorta di spettacolo e invece mi sono trovata fra la gente che ha partecipato
sinceramente alla cerimonia e anche i ragazzi erano guidati con tatto e semplicità.
Mi ha coinvolto in particolar modo il coro che cantava bene e con entusiasmo .
Il sacerdote ha spiegato molto bene il significato del Triduo pasquale e della
tradizione.
Sì, la parola tradizione mi suonava in testa tutto il
tempo perché io ne sono stata privata. Da ragazza non ho mai partecipato ad una
cerimonia che fosse accompagnata da una tale atmosfera. Nell’ateismo imposto
dallo Stato erano permesse solo le cerimonie ‘necessarie’ come la santa messa e
le cerimonie del triduo pasquale erano più semplici possibile. Inoltre essere
cattolici praticanti era sì permesso ma portavano le conseguenze che andavano
dalla prigione alla perdita del posto di lavoro o l’impossibilità di studio per
i figli. Aumentava il numero degli atei non per convinzione ma per paura e poi la
seconda generazione era quasi tutta atea nel senso che non sapeva niente di
Dio, non che lo negasse.
Auguro a questi ragazzini che oggi erano protagonisti
di avere dei modelli nei loro familiari perché così potranno decidere da soli
se credere o no quando saranno adolescenti e non disdegneranno il grande dono
della fede. Saranno aiutati anche dalla tradizione nel miglior senso della
parola.
Marineo, 18 aprile 2019
Růžena Růžičková
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