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5 Il Baglioni, il Bellori e il Mancini scrivevano per sentito dire, non erano certo vicini al Caravaggio nelle sue ultime ore di vita. Stefania recuperò altri fogli, tre lettere: due scritte da Napoli da informatori del Duca di Urbino in cui si scriveva dell’avvenuta morte del pittore a Porto Ercole dopo una breve malattia; una terza lettera invece era stata vergata dal vescovo di Caserta, Deodato Gentile, nunzio Apostolico della Santa Sede presso Napoli e uomo di fiducia del Cardinale Scipione Borghese. Scipione Borghese, il nipote del papa d’allora Paolo V e suo segretario di Stato, era un appassionato collezionista di quadri e aveva una forte ammirazione per il pittore Caravaggio. Il vescovo Gentile, nel mese di luglio, esattamente il 28 del mese, scrisse una lettera a Scipione Borghese informandolo dell’avvenuta morte a Porto Ercole del pittore. Le altre due lettere degli informatori del Duca di Urbino erano sempre del mese di luglio e portavano rispettivamente la data del 26 e 29 luglio. Erano testimonianze importanti che rafforzavano la possibilità della morte del Merisi a Porto Ercole ma anche in questo caso si trattava di testimonianze indirette, di voci riportate, dato che i tre signori presenti a Napoli erano distanti dalla Toscana e in particolare da Porto Ercole. Sapevo che dovevo recuperare una testimonianza più credibile e, sotto certi aspetti, di sicura attendibilità. Stefania non tradì la mia fiducia e passata una manciata di giorni, una mattina si presentò radiosa e spumeggiante informandomi che aveva recuperato la lettera del viceré di Napoli, datata 19 agosto 1610, il cui contenuto poteva essere così riassunto :
“….
Sono stato informato che Michel Angelo Merisi detto il Caravaggio è morto a Porto Ercole, ordino che tutta la robba del pittore venga immediatamente inviata a Napoli. Si tratta di un’ordine da attuare immediatamente e mi dia immediata risposta del ricevimento della seguente…”. Non ci sono dubbi che De Castro, il viceré di Napoli, il rappresentante di sua Maestà Cattolica Filippo III di Spagna, era informatissimo su quanto accadeva nel presidio militare di Porto Ercole. Un presidio di grande importanza strategica in cui operavano tre strutture militari: forte Filippo, forte Stella e la Rocca, la quale racchiudeva la residenza anche del Governatore. Gli spagnoli erano i padroni di quel luogo, ne detenevano il potere militare, politico e civile, disponevano di un efficiente sistema informativo. Si può fondatamente presumere che il viceré venisse regolarmente e dettagliatamente informato grazie ad un sistema di staffette che operavano via mare e via terra. De Castro, in quanto rappresentante del Re di Spagna in quell’area napoletana, laziale e toscana rientrante nei territori sotto l’autorità e il possesso spagnolo, era il massimo esponente del Re Filippo III e rispondeva direttamente ad esso. Come tutti i cortigiani di alto rango, si faceva in quattro per servire degnamente e nel migliore dei modi il proprio sovrano. Filippo III amava i quadri del Caravaggio, contesi da altri prelati, principi italiani e stranieri, dal potente cardinale Scipione Borghese, dai Doria ecc. ecc.. Entrare in possesso di alcune opere del Merisi era occasione di vanto e prestigio.
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