venerdì 3 novembre 2017

LETTERA APERTA A MICHELANGELO MERISI il DIPINTORE

LA FIGLIA "SEGRETA DI CARAVAGGIO"


Dopo secoli ti scrivo:
Lettera a Michelangelo Merisi

Maestro, 
come ben sa, la sua fama e la sua immortale anima continua con impeto a far parlare di Lei. Mi hanno chiesto di scrivere un articolo sul “Caravaggio”: la mia esperienza sul conoscerla attraverso le sue opere o per me meglio dire le sue “figlie”. E mi chiedo, come posso parlare di loro, di Lei, rimanendo distaccata e critica, senza farmi travolgere emotivamente.
Mio Egregio Maestro, da quanto tempo ci conosciamo? non lo ricordo più, ero una bambina e già ammiravo e respiravo le sue opere nei libri e poi finalmente il conoscerla di presenza a Malta. Ricordo l’emozione e l’impazienza di entrare nell’Oratorio di San Giovanni Battista e poi lo stupore dinanzi la sua tela, quel silenzio che dilata e poi restringe le distanze tra me, piccola ammiratrice e Lei “il Maestro”, e poi quando il sangue caldo e rosso della decollazione di San Giovanni Battista lasciava indelebile quel segno che mi ha lasciato nell’anima, ovvero “f. Michel Ang” : il Suo nome.
Come posso parlare di Lei senza parlare di quella passione, sofferenza e morte che è solo un’inno alla vita, a quella vita compromessa da tutte le precarietà di cui essa stessa ne fa parte. Si parla della Sua morte, “come è morto il Caravaggio?” ma io vedo solo vita…. dopo secoli Lei è presente costantemente, generando discepoli e artisti. Al suo cospetto la mente flebile dell’uomo viene nutrita di verità e incertezza, attraverso le sue opere riesce a parlare dei misteri, più di un religioso dichiarato. Sembra quasi, che quella passione pre pasquale Lei l’abbia vissuta, seppur in modo diverso, con la stessa energia. Non penso di riuscire ad essere distaccata ricordando i nostri incontri, da Malta a Milano, da Roma a Catania e tanti altri. So solo che in mente è impressa un’immagine: un avambraccio con vene tese e pulsanti di vita, di carne e di passione, che sia data da una rappresentazione violenta o no, percepisco quella tensione muscolare e mascolina che ci rende bestie e nello stesso tempo umani. Comprendo perfettamente il valore dell’azione pittorica e il vortice della creazione, che come un atto passionale travolge, in quella follia di sentimenti che rimangono impressi su una trama e quella tela che prende vita e varca i confini dell’esistenza umana.
Questa è Arte! e va oltre le parole e le criticità, non posso parlare delle Sue opere se non coinvolgendomi mentalmente, nelle scene e nei fatti reali che si svolgono all’interno di quel mondo parallelo. Ma chi potrebbe crederci? Chi potrebbe capire e non prenderci per matti?
Maestro, le sue opere contagiano la mente di ogni epoca! E quel buio, che nasconde agli occhi e che stuzzica l’udito ad ascoltare, per capire cosa c’è nascosto nell’oscurità. E poi quella luce rivelatrice, mistica e calda, che come un’apparizione fa emergere dalle tenebre la realtà che si cela al confine della percezione. Se sapesse, la vita terrena com’è paradossale … si ricorda del suo cesto di frutta? Simbolo della corruzione e caducità della materia e della coscienza umana? Premetto: le scrivo dall’anno 2017, viviamo in un momento di crisi economica non indifferente dovuta a giochi di potere, ma non sto qui a raccontarle, e con l’entrata monetaria dell’euro, l’Italia ha rinunciato a stampare moneta. Prima avevamo la lira e ricordiamo quegli anni come anni d’oro, la banconota più amata è stata il taglio di 100.000 lire, una delle banconote più alte, non era il taglio massimo ma era quello che chiunque poteva avere e che dava una dignità economica. Dal 1978 al 1982 la banconota in esame era detta “Botticelli”, perché dedicata a lui; dal 1994 al 1998 essa fu dedicata a Lei era detta “Caravaggio”. Noi Italiani abbiamo amato quel simbolo posto all’interno del portafoglio, era ricchezza! 
E poi improvvisamente come mela marcia si è buttato … Le chiedo di perdonarmi, questa parentesi era una riflessione su come l’arte diventata simbolo possa contenere in essa i contenuti veri della vita umana, sarà coincidenza, ma se penso alle sue opere come quella della “Vocazione di San Matteo” o quella “I bari” le posso confermare che non è cambiato molto in questi secoli, saranno cambiati i costumi, la tecnologia ma l’uomo ancora deve imparare tanto. Forse se l’uomo desse più significato all’Arte, e ne interpretasse realmente la sua forza e il suo significato, senza bloccarsi  al lato vano e corruttibile di un mercato senza coscienza, legato a orpelli spesso inconsistenti intellettualmente e socialmente, daremo all’economia stessa un valore nuovo e culturalmente proficuo.
Scriverle mi sta facendo bene, spero di adempiere al meglio il mio ruolo d’artista in questa società. Con gratitudine
Elide Triolo

ps. l'autrice  ha preferito inserire nella sua lettera le opere "Decollazione di San Giovanni Battista e  la Conversione di San Matteo"

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