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Come nel periodo medioevale, i nobili elevano rocche, torri, castelli e
lussuose residenze, per distinguersi ed elevarsi rispetto ad altri, così nel
tardo-rinascimento entrare in possesso di opere del Merisi, il pittore alla
moda, donava un alone di prestigio, di aggiuntiva importanza e attenzione ai
potenti e ai ricchi. Non occorre essere indovini, né acuti cervelli per
presumere che il viceré di Napoli, per ingraziarsi la stima e la simpatia del
suo sovrano, si sia assiduamente adoperato per entrare in possesso delle “robbe”
del pittore, cioè dei quadri che portava con sé durante il suo viaggio sulla felluca
da Napoli a Palo. E’ facile intuire che cosa il De Castro sarebbe stato pronto
a fare per accaparrarsi quei quadri del lombardo. Il dispaccio che fece
giungere all’auditore o comandante militare di Porto Ercole non lasciava dubbi
sulla sua perentorietà e sulla importanza che egli attribuiva a quell’ordine. Di
tutte le testimonianze che riferivano sull’avvenuta morte di Caravaggio nella
località toscana, questo atto era di gran lunga il più credibile. Mi stupì il
fatto che i sostenitori della morte del Merisi a Napoli, Palo o Civitavecchia,
non avessero svolto elementari considerazioni di natura storiografica e non
certo di storia dell’arte. Se avessero applicato con rigore il metodo dei fatti
come base per le proprie idee, forse sarebbe bastata quella missiva, se poi si
aggiungono le tre lettere del luglio 1610, le convergenze del Baglioni, Bellori
e Mancini, l’epitaffio del Milesi, presunto amico di Michelangelo, ed infine i
sonetti a lui dedicati dal poeta Marino, si può ritenere questa tesi la più
forte. Nel caso rimanessero dubbi residui, questi potevano essere facilmente
sciolti dal virulente scontro esploso, fra il Priore di Capua (rappresentante
dei Cavalieri di Malta), il legato pontificio Deodato Gentile, la Marchesa
Costanza Sforza-Colonna e il viceré di Napoli. L’accesa diatriba intercorsa fra
gli illustri personaggi riguardava il legittimo possesso dei tre quadri del
Caravaggio ritornati a Napoli con le sue robbe.
I dipinti del Merisi erano ambiti e non esiste la minima riserva sul fatto che
il De Castro fece di tutto per impossessarsene, inoltre, che questi disponeva
di grande potere è nei fatti. Se da una parte possedevo un punto fermo che, pur
nella relatività delle certezze storiche, era solido e spendibile, dall’altro
vi erano ancora molte domande senza risposta: non si sapeva in quale specifico
luogo di Porto Ercole fosse giunto il Caravaggio; in quali giorni del mese di
luglio mise piede in quella località; in che stato fosse. In che giorni morì
era certificato da quel foglietto ritrovato nel 2001 ma che portava quella data
1609. Era fuori dubbio che il foglio, riportante da un lato la morte di un alfiere
spagnolo denominato Gaspare Montero e dall’altro il decesso del pittore, era
l’unico documento presente a Porto Ercole che certificava la presenza e la
morte di Caravaggio.
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