Questi cinquantanni ,dal
quell’agosto del 1968, come al solito quando ognuno dice la sua alla fine l’unica
verità è che quegli uomini che volevano opprimere altri uomini sono miseramente
caduti.
La Primavera di Praga non nasce come
rivoluzione popolare ma come faida interna al Partito Comunista. Erano gli anni
che i gerarchi si sgozzavano con processi ed eliminazione fisica in tutto il
blocco dell’est. Un gruppo di “comunisti” della nomenclatura (lo stesso Dubcek
era il segretario del PC cecoslovacco) si inventa alla fine degli anni sessanta “ il comunismo
dal volto umano” che oggi possiamo tradurre in tentativo di appropriarsi del
potere in sostituzione di altri comunisti !
Questo incontro-mostra nello spazio Urban in Galleria a Milano (7-18 maggio 2018) rispecchia la pesante aria
che gira in questo periodo non solo in Via Morgagni ma in ambito ceco. Vi erano
due mostre in allestimento : quella di ieri sera , scarna anonima e fortemente
deviata e quella creata dal movimento Comunione e Liberazione già presentata a
Rimini. Per darvi un idea di questa atmosfera bisogna tornare indietro di
qualche mese per meglio capire cosa è successo nel ’68.
Una mattina, (di questo anno) si
presentano in Via Morgagni (Sede del Consolato e del Centro Ceco) nella sede
del consolato appunto dei funzionari (simili a quelli descritti dalla signora
Jitka Frantova nel suo intervento, e che abbiamo imparato a conoscere in questi
anni post rivoluzione d’ottobre), asportano tutto ciò che trovano “a cominciare
dai timbri e dalle rubriche”, chiudono tutto a chiave e mandano a casa tutto il
personale tranne … quello allineato. Questa scena è stata perfettamente
descritta dalla Frantova come avvenne negli anni dei processi, precedenti alla
Primavera praghese. Console sparito (ho pensato che fosse finito a Praga (in
Bartolomeiska – sede della polizia praghese) o a Mosca e da li chissà dove.
Impiegati terrorizzati e dispersi. Nessuno sapeva dirti cosa fosse successo.
Evidentemente sono ancora in servizio chi conosceva bene il sistema repressivo
da usare con maestria spalleggiati dai “compagni” rimasti. Nemmeno un mese dopo
tutto è rientrato nella normalità. Per chi conosce ed ha vissuto la Primavera
di Praga l’altra sera ha rivisto un film già visto altre volte. I due giovani dialoganti
non andavano buttati allo sbaraglio in un resoconto di parte che non ha saputo
cogliere le varie sfaccettature di una rivoluzione iniziata da gerarchi
comunisti e finita vittoriosamente dal popolo cecoslovacco. Non si può
raccontare la Primavera di Praga da chi quella notte pur essendo “nel sistema”
era piacevolmente a letto … Non basta dire per oltre un ora che la “chiesa non
era presente perché tutti i preti erano in prigione” come voler dire per
peculato. Forse il relatore non sa che dopo cinquantanni solo in questi giorni
il Cardinale Beran è potuto rientrare in Patria . Non si può dire che i cechi
sono legati a tre Giovanni : Giovanni Huss, Giovanni Opletal, Giovanni Palach
dimenticando il quarto che proprio in Lombardia sino a tutto il nord est, non
c’è fiume senza che sul ponte non ci sia una statua che non gli sia dedicato : Giovanni Nepomuceno.
La Primavera di Praga oggi viene
raccontata dai non protagonisti che stanno facendo la fine dei partigiani
italiani sentendosi “solo loro” liberatori. Alla fine si è parlato solo della Primavera di
Praga e quindi se viene segnalato che non gli si è fatto un buon servizio con
questa testimonianza di soli “ex comunisti” ignorando il ruolo della Chiesa e
della gente che gridava “Na Rad” Pane Havel (1989) ! dimostrano che loro non c’erano
ma noi sì.
Ecco perché ci siamo spaventati
quando in Via Morgagni si è rivissuta
l’aria del ’68 … cinquantanni dopo.
Pensavamo che avremmo incontrato
qualcuno che avesse vissuto quei giorni , ma non è stato cosi.
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