Il nespolo viaggiatore |
C’è chi piange per le albicocche, chi
tendendo la mano verso un melograno io piango per le mie nespole. A Ravenna ho
un giardino di dieci metri quadrati per metà occupato da un enorme nespolo che
piantai a Milano quando nacque mia figlia. Ci ha seguito nel nostro girovagare
e quando il clima di Milano lo minacciò lo portai a Ravenna spostando il grande
vaso in cerca dell’angolo giusto. Lo trovai dopo due anni e li lo piantai. Ora
è enorme e produce una quantità industriale di nespole che raramente riusciamo
a mangiare vuoi perché se sei a Milano o a Marineo non puoi essere a Ravenna
vuoi perché sembra che gli uccelli del posto ne vanno matti vuoi perché la
nostalgia è una componente che ci nutre la vita. Ho imparato presto a comprimere la mia
nostalgia. Fui aiutato da un ritmo di lavoro infernale e dalla lontananza dalle
cose che alimentano la tua nostalgia. Dove mi trovo trovo , trovo sempre
albicocche e nespole o i frutti del posto … ho vissuto in non so quanti paesi e sempre “mi sono sentito uno del
posto”. Non ho abboccato alla trappola dell’emigrante che dopo cinquantanni
ritorna e per prima cosa vorrebbe cambiare il suo paese e non si accorge che è
lui che è cambiato e quindi i suoi cinquantanni fuori gli sfumano perché non è
né indigeno né straniero.
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