Chiudiamo l'evento della discussione sul libro del professor Santo Lombino con questo intervento di Antonino Di Sclafani che ci sembra rappresenti la summa di quanto discusso sino ad oggi. Ora ci aspettiamo "nuove" per asciugare in parte la nostra sete di sapere dei "nostri maggiori".
Il professore Santo Lombino ha al suo attivo più di una
dozzina di saggi dedicati alla ricerca storica, alla didattica della storia e,
soprattutto, alle scritture autobiografiche. Ha, infatti, curato la stampa di
memorie e diari di guerra ed emigrazione, tra cui “La spartenza” di Tommaso
Bordonaro, vincitrice nel 1990 del Premio “Pieve di S. Stefano” ed edita da
Einaudi. “Il grano, l’ulivo e l’ogliastro” (ISSPE – Palermo) rappresenta il
tentativo, sicuramente ben riuscito, di mettere a disposizione dei lettori e
degli studiosi un volume che, esaustivamente, rappresentasse il coronamento di
tre decenni di ricerca storica e storiografica attorno ai quattro secoli di vita
del comune di Bolognetta. La completezza dell’opera è suffragata dal lungo ed
approfondito lavoro di ricerca archivistica che ha portato alla scoperta di
documenti che mettono in luce episodi poco conosciuti del passato di un
territorio che è stato più volte alla ribalta delle cronache storiche. Sin dalla
seconda metà del cinquecento si assiste al proliferare di nuove “universitas” con la nascita di numerosi
borghi nell’entroterra palermitano. I nuovi insediamenti consentirono alle
famiglie nobiliari già in vista di aumentare il loro potere politico, come nel
caso dei Beccadelli-Bologni a Marineo, ovvero a facoltosi mercanti di
conquistarsi un titolo nobiliare, ed è il caso di Marco Mancino che acquistando
il feudo di Casaca e fondando il nuovo abitato di S. Maria dell’Ogliastro (oggi
Bolognetta) divenne marchese. “Il civile
e criminale, mero e misto imperio” faceva di questi signorotti i veri dominus dei loro feudi su cui
esercitavano un potere assoluto di vita e di morte, avendo acquistato con la terra “il potere sugli uomini”.
L’ottocento rimane il secolo che non si finirà
mai di esplorare, insanguinato da mille rivolte, insurrezioni, epidemie e
capovolgimenti sociali e politici. Il ribellismo popolare, dopo essersi
scagliato contro i Borboni riesplode, a pochi anni dall’unità, contro il
neonato regno d’Italia reo di non aver mantenuto quelle promesse che sembravano
acquisite dopo l’epopea garibaldina. Nella rivolta del Sette e Mezzo (1866)
Bolognetta ha un ruolo assai determinante con efferati e cruenti episodi che
videro soccombere agli insorti i carabinieri della locale stazione. La folla diviene
altresì arma di offesa tra le famiglie che si contendono il governo cittadino, da
manovrare e scagliare contro i nemici politici nelle aspre tornate elettorali
amministrative. All’alba del nuovo millennio si assiste impotenti allo
svuotamento dei paesi: il proletariato sottopagato e sfruttato, deluso anche
dal disastroso epilogo della stagione dei Fasci, emigra nel nuovo mondo. Nei
latifondi e nei borghi i signorotti sono soppiantati dai mafiosi che
soggiogheranno ai loro interessi tutto e tutti. Il ventennio fascista scalfirà
appena questo dominio del territorio, (inaccettabile subappaltare una
dittatura!!!), e si tornerà, con l’occupazione americana, ai preesistenti
equilibri con alleati, quei neonati partiti dell’Italia
repubblicana che sapranno prendere in dovuta considerazione l’importanza di
avere amici fidati nei granai elettorali
del mezzogiorno. A contrastare tale stato di cose un manipolo di sindacalisti
che, con l’appoggio dei braccianti delle Camere del Lavoro, sfidano i poteri
forti sacrificando spesso la loro stessa vita. E sono epiche le cronache che
riguardano Bolognetta dove si narra la lotta dei contadini, che occupano le
terre e scioperano e, dall’altro lato i mafiosi che intimidiscono, compiono
agguati, feriscono nella totale impunità. E' incredibile quanto lo studio del
microcosmo bolognettese possa essere rappresentativo dei grandi temi che
scandiscono la storia siciliana; ciò rivela il prezioso contributo di tutti
quegli studiosi che per passione e a fronte di grandi sacrifici scavano in
polverose e remote biblioteche alla ricerca di
indizi di un passato forse marginale al centro del quale c’è "non
già la vita dei potenti e delle classi dominanti, delle città, ma la vita degli
umili, del popolo, della provincia, dei paesi e di un piccolo villaggio, che
non ha minore dignità, né meno da dire, ma anzi dimostra una ricchezza di
tematiche, di informazioni e di azioni che gli storici ufficiali hanno finora
trascurato.” (E. Le Roy Ladurie)
Nino Di Sclafani
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