domenica 7 giugno 2015

UNA RICCHEZZA DI TEMATICHE



Chiudiamo l'evento della discussione sul libro del professor Santo Lombino con questo intervento di Antonino Di Sclafani che ci sembra rappresenti la summa di quanto discusso sino ad oggi. Ora ci aspettiamo "nuove" per asciugare in parte la nostra sete di sapere dei "nostri maggiori".


Il professore Santo Lombino ha al suo attivo più di una dozzina di saggi dedicati alla ricerca storica, alla didattica della storia e, soprattutto, alle scritture autobiografiche. Ha, infatti, curato la stampa di memorie e diari di guerra ed emigrazione, tra cui “La spartenza” di Tommaso Bordonaro, vincitrice nel 1990 del Premio “Pieve di S. Stefano” ed edita da Einaudi. “Il grano, l’ulivo e l’ogliastro” (ISSPE – Palermo) rappresenta il tentativo, sicuramente ben riuscito, di mettere a disposizione dei lettori e degli studiosi un volume che, esaustivamente, rappresentasse il coronamento di tre decenni di ricerca storica e storiografica attorno ai quattro secoli di vita del comune di Bolognetta. La completezza dell’opera è suffragata dal lungo ed approfondito lavoro di ricerca archivistica che ha portato alla scoperta di documenti che mettono in luce episodi poco conosciuti del passato di un territorio che è stato più volte alla ribalta delle cronache storiche. Sin dalla seconda metà del cinquecento si assiste al proliferare di nuove “universitas” con la nascita di numerosi borghi nell’entroterra palermitano. I nuovi insediamenti consentirono alle famiglie nobiliari già in vista di aumentare il loro potere politico, come nel caso dei Beccadelli-Bologni a Marineo, ovvero a facoltosi mercanti di conquistarsi un titolo nobiliare, ed è il caso di Marco Mancino che acquistando il feudo di Casaca e fondando il nuovo abitato di S. Maria dell’Ogliastro (oggi Bolognetta) divenne marchese. “Il civile e criminale, mero e misto imperio” faceva di questi signorotti i veri dominus dei loro feudi su cui esercitavano un potere assoluto di vita e di morte,  avendo acquistato con la terra “il potere sugli uomini”.  
 L’ottocento rimane il secolo che non si finirà mai di esplorare, insanguinato da mille rivolte, insurrezioni, epidemie e capovolgimenti sociali e politici. Il ribellismo popolare, dopo essersi scagliato contro i Borboni riesplode, a pochi anni dall’unità, contro il neonato regno d’Italia reo di non aver mantenuto quelle promesse che sembravano acquisite dopo l’epopea garibaldina. Nella rivolta del Sette e Mezzo (1866) Bolognetta ha un ruolo assai determinante con efferati e cruenti episodi che videro soccombere agli insorti i carabinieri della locale stazione. La folla diviene altresì arma di offesa tra le famiglie che si contendono il governo cittadino, da manovrare e scagliare contro i nemici politici nelle aspre tornate elettorali amministrative. All’alba del nuovo millennio si assiste impotenti allo svuotamento dei paesi: il proletariato sottopagato e sfruttato, deluso anche dal disastroso epilogo della stagione dei Fasci, emigra nel nuovo mondo. Nei latifondi e nei borghi i signorotti sono soppiantati dai mafiosi che soggiogheranno ai loro interessi tutto e tutti. Il ventennio fascista scalfirà appena questo dominio del territorio, (inaccettabile subappaltare una dittatura!!!), e si tornerà, con l’occupazione americana, ai preesistenti equilibri con alleati, quei neonati partiti dell’Italia repubblicana che sapranno prendere in dovuta considerazione l’importanza di avere amici  fidati nei granai elettorali del mezzogiorno. A contrastare tale stato di cose un manipolo di sindacalisti che, con l’appoggio dei braccianti delle Camere del Lavoro, sfidano i poteri forti sacrificando spesso la loro stessa vita. E sono epiche le cronache che riguardano Bolognetta dove si narra la lotta dei contadini, che occupano le terre e scioperano e, dall’altro lato i mafiosi che intimidiscono, compiono agguati, feriscono nella totale impunità. E' incredibile quanto lo studio del microcosmo bolognettese possa essere rappresentativo dei grandi temi che scandiscono la storia siciliana; ciò rivela il prezioso contributo di tutti quegli studiosi che per passione e a fronte di grandi sacrifici scavano in polverose e remote biblioteche alla ricerca di  indizi di un passato forse marginale al centro del quale c’è "non già la vita dei potenti e delle classi dominanti, delle città, ma la vita degli umili, del popolo, della provincia, dei paesi e di un piccolo villaggio, che non ha minore dignità, né meno da dire, ma anzi dimostra una ricchezza di tematiche, di informazioni e di azioni che gli storici ufficiali hanno finora trascurato.” (E. Le Roy Ladurie)

Nino Di Sclafani

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