lunedì 30 novembre 2015

IL SICILIANO




Foto di M.R.
Se tornando a casa non trovi tua moglie non fare immediate deduzioni ! Risparmiati ore di agitazione, ricostruzioni assurde, ipotesi incredibili ! Sii pratico. Inizia a considerare che non sei il “proprietario” ! Ma del resto non dedurre che sei comproprietario ! Pensa a te stesso. Sii all’altezza di te stesso : non cercare la prima pagina in TV , evita armi da taglio e da fuoco. Non ne vale la pena ! Lascia stare Medea , la Baronessa di Carini , dimentica Giulietta e Romeo ritorna con i piedi per terra ! Forse hai dimenticato cosa le avevi promesso ? E se Lei ha avuto un ripensamento ? Guarda che non risolvi cercando una nuova compagna. Questa ti conosce, conosce pregi e difetti meglio di tua madre. In questo problema nessuno ti può aiutare. Devi tornare “fidanzato”. Riconquistarla, ma questa volta ricordati che ora ti conosce meglio. Non andare dal prete, non andare al consultorio… Se ti fermi un attimo ti accorgi che il problema non era cosi drammatico … E se il problema è epidermico cosa fare ? Semplice. Ripercorri questo ultimo periodo, non saltare nulla. Forse ti accorgerai che mancava un progetto comune. Non passare fra i dannati, i forzati della solitudine, fra gli incapaci , fra coloro che non sanno portare avanti un progetto.
Anche a me succede spesso. Cerco Angelica fra duecento pupi e non la trovo mai. Mi dispero e la penso ammassata fra Orlando e Rinaldo… Inseguita da Ferrau, da Namo, Sacripante, Agricane. Poi penso anche a Isabella, a Olimpia a Bradamante. E allora mi accorgo che forse la mia Angelica è andata a fare la spesa…

Tutto questo ed altro al Teatro Drammatico dei Pupi a dicembre

ACQUAVERDE 16



ACQUAVERDE 16
La storia che volevo raccontarti
DI  SALVATORE GIUSEPPE POMARA

ILRACCONTO DELLA DOMENICA

 


    Piddu e Filippo Aglione avevano superato la visita e l’interrogatorio a Ellis Island e stringevano in mano il cartoncino su cui era scritto admitted, nel lasciare il porto di New York. Non avevano parenti ad aspettarli, ma erano ugualmente contenti di essere arrivati in America. Un paio di strade dal porto i due incontrarono Rosario Sperone, uno del loro paese; un incontro casuale che sembrò loro un miracolo. «Neanche a dirlo, sto tornando anch’io dal porto, a sapere che arrivavate, vi avrei dato una mano» fece Rosario, «ero andato a prendere un amico che alla fine non è arrivato; devo leggere bene la lettera, avrò sbagliato giorno. Lui già c’è stato a New York e sa dove trovarmi, nel caso dovesse arrivare con un altro bastimento». «Siamo diretti alla Stazione Centrale» disse Filippo «e ti saremmo grati se ci spiegassi come arrivarci; New York è così grande che sicuramente ci perdiamo. Dobbiamo prendere il treno per Chicago; un amico ci darà una mano per trovare lavoro». «Nessun problema, vi ci accompagno io, ma se è solo questione di lavoro, ci penso io» rispose Rosario. «Ho una giobba per le mani che fa al caso vostro, sempre che è vostra intenzione rimanere a New York».


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In the days and years that followed ‘Ntoni’s death, whose real name was Antonio Prestia, there was no murder in Vallerosa that could be connected to his death. The shots that everybody was expecting never came. This seemed strange, considering the mafia involvement his brothers had attained in the States. But things did not go exactly that way in truth, but no one ever knew. Piddu and Filippo Aglione had passed the visit and the questioning at Ellis Island, and they were still holding the tickets that said ‘admitted’ in their hands when they left the port of New York. There was no one waiting for them, but they were happy to have finally arrived in America. A few blocks from the harbor, they met Rosario Sperone, a guy from their town; a casual encounter that seemed a miracle to them. "I come from the port too," said Rosario," I was expecting a friend, but he has not arrived at all. But maybe I was wrong; I had better read the letter he wrote to me again because I might have got the wrong day. In any case, he has been to New York before and he knows where to find me." "We were just heading to the Central Station, and we would be grateful if you could tell us how to get there. New York is so big that we'll surely get lost. We have to take a train from there to Chicago, where a friend will help us find a job." "No problem. I’ll take you there. If it is just a matter of work, however," he added, "I have a job for you — as long as you intend to remain in New York."

 

 

domenica 29 novembre 2015

NONò SALOMONE TORNA A CANTARE A MARINEO DOPO 18 ANNI





Oggi 27 novembre nella sala-eventi del castello Beccadelli è stato ospite graditissimo  degli incontri culturali organizzati da Totuccio Pulizzotto, Nonò Salamone, l’ultimo cantastorie siciliano ancora sulle scene. Originario di Sutera, figlio di un poeta dialettale, testimone di una delle figure popolari ancora stampate nella memoria popolare siciliana, Nonò ha cantato ed incantato i tanti appassionati presenti, molti dei quali forestieri. La sua voce inconfondibile, le sue musiche, i testi  - tanti di sua composizione, altri del poeta Ignazio Buttitta e di altri poeti dialettali siciliani – la sua figura apparentemente fragile ma ricca invece di una forza espressiva innata, hanno fatto rivivere, all’interno del castello Beccadelli, sensazioni, emozioni, sentimenti, forse assopiti ma pronti a ripresentarsi al cuore ed alla mente  non appena qualcuno riesce a “tirarceli fuori”. Nel suo repertorio proposto hanno trovato spazio le cantate classiche dei cantastorie, le canzoni di denuncia delle condizioni sociali del mondo contadino, degli emigrati, degli emarginati, dei lavoratori delle solfare e delle miniere. Un angolo del recital è stato dedicato a filastrocche popolari ed ad alcune forme di abbanniatini. A me personalmente Nonò ha ricordato tantissimo la straordinaria forza espressiva di Rosa Balistreri: non per niente i due furono amici , ebbero amici importanti in comune , portarono la musica popolare della Sicilia in giro per il mondo. Nonò mi ha riportato alla mente Cicciu Busacca quando, in certe sere d’inverno, arrivava a Chiazza di Populu, montava sul tettuccio della sua 600 multipla trasformata in palcoscenico e, aiutandosi con la chitarra e l’immancabile cartilluni, attaccava a cantare storie avvincenti; la voce roca risuonava ai piedi della Rocca ed entrava nel cuore della gente. Nonò fu allievo ed amico di Cicciu. Nel corso del suo recital a Marineo, Nonò, sia quando ha cantato canti  tragici, sia quando ha provocato il sorriso con le sue storie allegre e piene di doppi sensi, ha sempre catturato l’attenzione del pubblico presente, ne ha ottenuto un intimo e sentito consenso . E se è vero – come è vero – che la parola evoca -  e la parola cantata ancora di più -  tutti i presenti abbiamo rievocato intimamente le sensazioni  della nostra infanzia : belle e brutte, dolci e tristi. In più occasioni abbiamo provato nostalgia – la memoria dei sentimenti – ed abbiamo sentito chiara dentro di noi “la presenza di una assenza”.
Avevo conosciuto Nonò negli Stati Uniti nel gennaio del 1968, in occasione del Centenario della Società San Ciro della comunità marinese statunitense. Nonò era l’ospite d’onore della festa ed a me era toccato il compito di andarlo a prelevare all’aeroporto Kennedy. Facemmo subito amicizia: lui di Sutera, io marinese, due paesi accomunati dalla presenza di una Rocca: Poi scoprimmo in comune anche Ignazio Buttitta , Mimmo Vitale e tanto altro. Nonò scopri  che io avevo composto una preghiera a San Ciro – il mio dono alla comunità per la festa dei cento anni – me la chiese in prestito…e l’indomani mattina me la trasformò nella Ballata a San Ciro!
La sera della festa, davanti a mille marinesi arrivati da tutti gli stati americani, la inserì nel suo repertorio e la cantò: al primo ritornello, tutti i mille convenuti si alzarono in piedi a cantare in coro: ci confessammo reciprocamente -  Nonò ed io – di avere sentito le gambe tremare per l’emozione. Dopo qualche mese Nonò  venne a Marineo e si esibì al Centro diurno per anziani: grande accoglienza, simpatia…ed applausi in abbondanza.Nonò è rimasto legato sempre a Marineo: quando torna da Torino alla sua Sutera, mi confessa che arrivato a Bolognetta alza sempre gli occhi verso la Rocca. E’ ritornato dopo diciotto anni Nonò a Marineo: Io sono onorato di avere fatto la sua conoscenza e di essere annoverato tra i suoi amici e sono contento di avere scoperto stasera che Nonò è stato accolto molto bene a Marineo e che con la sua bravura,la sua comunicativa e la sua simpatia, è entrato nel cuore di tutti i presenti: mi dispiace tanto per gli assenti!
Franco Vitali   

LE TRADIZIONI ALLUNGANO LA VITA...



Ieri si festeggiava San Nicola ! Più noto come Santa Klaus, Babbo Natale o meglio ancora per noi Mikulas ! Abbiamo iniziato questa festa negli anni ’70 e mi sono accorto che come per magìa ora nella stessa festa tutti ci danno del Lei o del Voi. Sono bastati quarantanni e da giovani sposini siamo stati catalogati “nonni”. Quegli stessi bambini , oggi papa e mamme, di colpo ci hanno trasferito dalla prima pagina all’indice merceologico. Sono quei bambini che “costretti” a recitare una poesia aggrappati alla gonna della mamma spiccicavano solo parole “suggerite”, oggi sono talmente emancipati da non lasciarti nemmeno … ricordare. Quanti preti (sempre ospiti nei locali delle parrocchie) o quanti consoli sono passati. Ricordo che alla fine degli anni sessanta non potevi fotografare perché la foto diventava “documento” politico. Non potevi parlare nemmeno di cultura perché anche allora eravamo divisi…  Qualche volta ci ha ospitato il consolato, ma poi qualcuno pensò che Babbo Natale fosse “politicamente compromesso”. Questa festa diffusissima nell’Europa del Nord Est ora era diventata “apolide” . Grazie al solito prete “fuori del coro” (Don Gianluigi Panzeri ) e a questo console (e signora) che ha messo le ali  (sic) ad un sacco di attività in consolato (Aletti  Giorgio F. e Signora Valeria) il Mikulas ha nuovamente una casa ! La prima volta che incominciammo questa festa eravamo nemmeno una decina di cui la metà cechi , slovacchi e sordomuti perché tutti avevamo paura dei comunisti… Poi venne la rivoluzione di velluto e fummo invitati a Roma in occasione dell’ottantesimo compleanno del comunista Alessandro Dubcek  (che di li a una settimana ebbe l’incidente mortale) . Assieme a noi , a Roma, era il prossimo arcivescovo di Praga che ci aiutammo vicendevolmente a scavalcare il muretto che cingeva l’ambasciata. Dialogammo piacevolmente con Spadolini e Nilde Jotti e altri politici emergenti ma la nostra gioia era discutere con colui che impersonò nella nostra generazione “la mitica primavera di Praga” senza la quale mai avrei conosciuto colei che mi guida da oltre quarantanni facendomi passare per emulo di un altro siciliano che amava quella Praga magica che ancora negli anni sessanta era illuminata dai lampioni a gas: Angelo Maria Ripellino  . Ma questa è un'altra storia e per ascoltarla bisogna aspettare un'altra ricorrenza…

PS. a sentire di presepi "spenti", concerti natalizi provocatori sento nuovamente puzza di fascismo e comunismo. Faccio fatica ad immaginarmi Mikulas in camicia rossa o nera mentre per quaranta anni ha allontanato entrambi i coglioni nelle rispettive camicie.
La, anzi le, leggende su San Nicola sono bellissime a tal punto che escono dal martiriologio cristiano per entrare nella letteratura. E viceversa. Era un tristo tempo quello che avevamo paura di quattro cretini bicolori...

sabato 28 novembre 2015

HISTORYMAP



La storia in scena

Parole, immagini, animazioni per un nuovo modo di raccontare la storia

Mi preparo per una delle solite conferenze dove puoi partecipare solo se hai una grande pazienza e tolleranza. Ad un certo punto mi sembra di essere in un conservatorio dove tre minuti prima è vuoto e in tre minuti arrivano oltre mille persone sicuri di andare a sedersi nel loro posto in tempo. Mi aspetto una preminenza di studenti sessantottini e a dir il vero forse lo sono gli adulti perché i pochi studenti di sessantotto non hanno nemmeno la docente che li guida. Molti si salutano fra di loro e alla fine la sala è circondata da un numero elevato di tecnici e addetti e il pubblico sembra in minoranza se non fosse che alla fine la serata non era per “tutti”. Lo si capisce dall’accoglienza di Massimiliano Tarantino che senza né aggettivi né sostantivi esagerati ci introduce quello che hanno ottenuto da 140.000 digilitazzioni uno staff di “scelti” per questo progetto giunto ormai alla sua scadenza.  Ci si affida a Carlo Greppi più come storico che come narratore e ai disegni Joshua Held che ci riporta al tempo delle immagini disegnate perché i video e la fotografia non erano ancora dominanti. Docenti e ricercatori presenti si alternano a docenti in video con un ritmo eccellente (non più di dieci minuti per intervento) . Due attori , un produttore , sei autori guidati da David Bidussa , 12  fra animatori di immagini e scenografi , ricercatori di materiali e fonti ,organizzazione e comunicazione e supervisori. Una macchina perfetta senza una pur minima sbavatura ci ha tenuti inchiodati su un tema assolutamente nuovo che ci ha tenuti attenti per  un ora. Non è stata “una cattiva idea” questa di Massimiliano Tarantino. Si sono impegnate tre serate (Siamo tutti americani, Tutte a Casa, Gente nostra  sangue nostro). La ultima serata ci ha proposto due storie , o meglio, riproposto, due inedite rivisitazioni  (D’Annunzio e Battisti) da angolazioni originali inaspettatamente lontane dal solito “revival” antifascista, ma abbastanza distante dalle solite rivendicazioni partigiane e di popolo.
La Fondazione Feltrinelli si è incamminata su un percorso nuovo e altamente tecnologico per “raccontarci” la storia e se pensiamo al grande impiego di tecnologia e risorse solo una grande struttura può imbarcarsi in questo percorso.
Ovviamente mancava, o meglio, tutto è stato possibile perché “questi cento anni” passati ti permettono un analisi storica meno passionale e figlia della ricerca.
Chi non lo sapeva ha scoperto la Fondazione Feltrinelli ormai “casa della cultura” e non solo multinazionale.
Ho apprezzato l’intervento del prof. (Statale di Milano) Edoardo Esposito sulla Poesia e Guerra. Che ha esordito con “La Poesia di Omero racconta di una guerra…”. La figura del Battisti ne esce meglio del D’Annunzio soprattutto perché alla fine ci ha chiarito quell’eterno dubbio che ci ha sempre accompagnato (traditore ?) mentre il D’Annunzio è rimasto emarginato e fermo nel suo spazio dove è sempre stato.
Mi pare che “La Grande Trasformazione” abbia aperto un nuovo modo di “interpretare” la storia.  


La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli 
ha sviluppato il progetto  con

Fondazione Istituto Gramsci
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Scuola Holden
e con il contributo della Fondazione Cariplo

www.fondazionefeltrinelli.it