1-
LA MERICA
Partivano in autunno, come fossero
uccelli migratori, ma non cercavano paesi caldi, che di
caldo ne avevano fin troppo anche in Sicilia; semplicemente inseguivano una
vita possibile, sotto altri cieli. Erano i braccianti di Vallerosa che
andavano a la Merica - la Merica bona - a Nova York, a
Chicago, a Filadelfia, ma anche a
Novaleanza come chiamavano New Orleans, la città dove in tanti si
diressero attratti dal clima e dalla possibilità di fare i contadini come al
loro paese. S’imbarcavano alla fine di novembre, approfittando dei mesi
invernali di forzato riposo per tentare la fortuna dall’altra parte
dell’oceano. Molti non trovarono le
condizioni adatte per restare e tornarono indietro. «L’aria nun mi
giuvàu» dicevano per
giustificare il rientro forzato agli occhi dei paesani, ma era semplicemente
perché non avevano trovato lavoro; l’aria o clima non c’entrava
niente. «Miseria per miseria, meglio quella del
nostro paese!». La maggior parte di quelli che andarono via, però, mise
radici nella nuova terra e vi rimase per sempre. «Cu nesci, arrinesci», chi esce riesce, si continuò a ripetere a Vallerosa.
Molti ci credettero e partirono.
Alla fine non ci fu famiglia che non ebbe un parente in un angolo
degli Stati Uniti.
Tutto ebbe
inizio quando si sparse la voce fra i
contadini e i pastori di Vallerosa che c’era una
terra chiamata Merica, “ ricca e
grande cento volte l’Italia”, che avrebbe potuto cambiare la loro vita dalla
notte al giorno. «Biglietti gratis e
un lavoro assicurato» prometteva Agostino La Fata, sub agente di
un’imprecisata compagnia di navigazione, il quale una mattina di domenica si
presentò nella piazza del paese e con uno scopo ben preciso si mise a
decantare “le ricchezze” dell’America. «Se avete anche un po’ di fortuna»
insisteva, fissando negli occhi la gente che numerosa gli si era stretta
attorno, «potete diventare ricchi o almeno avere la possibilità di mettere da
parte i soldi per comprarvi
un pezzo di terra; e con un pezzo di terra di proprietà pure il re, con rispetto parlando, vi pare porco». «Quello è il ponte
di Brucculinu, questi sono i grattacieli e questo è il bastimento che
vi porterà in America!». Con un dito
puntato sul manifesto che un minuto prima aveva attaccato al muro, mostrava
orgoglioso, quasi fossero una sua scoperta, le bellezze di New York: «una
città, che è il mondo intero!» Le esclamazioni di meraviglia dei paesani
accorsi numerosi non si contavano. «Mamma mia, che ponte!».
«Impressionante!». «E da dove lo pigliarono tutto questo ferro!».
«Sotto il mare e
sopra il ponte, Vergine Immacolata!». «E i palazzi, quanto sono alti?».
«Grattacieli li
chiamano, perché è come se grattassero il cielo» precisava La Fata.
«Ma unni è sta Merica?» sbottò un
tizio, mentre imbambolato fissava le figure che gli ballavano davanti agli
occhi. «Dove si trova l’America?: unni
persi li scarpi u Signuri, dove perse le scarpe Gesù Cristo, lontano
venti, trenta giorni di mare, chi lo sa!» gli fece eco un altro. «Quindici
giorni» lo corresse La Fata, «tanto
ci mettono le nostre navi. Quella del manifesto, comunque, è solo una
centesima parte, che dico! Una millesima parte di…». «Fermati ddocu, non esagerare che pure io ci sono stato a la Merica: la Merica Argentina,
Buenos Aires» intervenne Serafino Spartà. «Io parlo della Merica bona, che non ha niente a che
fare con la Merica Argentina». «Stati Uniti, Argentina: sempre Merica è!». «Mai Maria, non è così!
Una cosa comunque è avere sentito parlare di un posto, tutt’altra musica è
esserci stato. Io tre volte ci sono stato in America e parlo con cognizione
di causa. Perciò, quando affermo che: “Una cosa è l’Argentina, ben altro sono
gli Stati Uniti, intesa Merica, dico
pane al pane e vino al vino, né ce ne metto né ce ne levo». L’intera mattinata e parte del pomeriggio
per convincere qualcuno e ora che mancava meno di un’ora al treno per
Palermo, La Fata non avrebbe permesso a nessuno di rompergli le uova nel
paniere.
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1-THE AMERICA
They used to leave in the fall, as
they were migratory birds. But they were not looking for warmer countries,
for they had enough warmth in Sicily. They were simply pursuing a possible
life under other skies. The peasants of Vallerosa were among those who chose
America — la
Merica bona,
the good America. They went to New York, Chicago, Philadelphia, and
also to Novaleanza, as they called New Orleans. It was the city where
so many went, attracted by the climate and by the possibility of being farmers
as they had in their own country. They left Sicily at the beginning of
November, after having plowed and sown the fields, taking advantage of the
winter months of forced rest to try their luck on the other side of the
ocean. Many did not find suitable conditions to stay and returned. “The air
did not agree with me, “they used to say, to justify their forced return in
the eyes of their fellows-townsmen. But it was simply because they had not
found a job that they had returned; the air or climate had nothing to do with
it.
"If we have to be miserable, we prefer to be so in our
town." Most of those who went away, however, took root in the new land
and remained there forever. "Cu
nesci arrinesci —
who goes away succeed, "they say in Sicily. “Those who go succeed” they
kept repeating in Vallerosa. Many believed it and departed. At the end of it
all, there was no family that did not have a relative in some corner of the
United States. In the late nineteenth and early twentieth century, more
than four million Italians obtained a visa to enter the United States. One
million and a half were Sicilians. From Vallerosa, the exodus began in
1880. It all started when word
spread among the peasants and shepherds of the town that there was a land
called Merica, "rich and a hundred times bigger than Italy",
which could change their life from night to day. "Tickets and a guaranteed job,"
promised Agostino La Fata, sub-agent of an unspecified shipping company, who
arrived one Sunday morning from Palermo and began to settle in the wealth of
America. "You have even a little luck," he insisted, "you can
become rich. Or at least, you have a chance to set aside money to buy
yourself a piece of land. And with a piece of land in Vallerosa, even the
king — with all due respect — would seem like a pig." "That's the
Brooklyn Bridge, those are the skyscrapers, and this is the ship that will
take you to America."
With his finger on a poster as large as half a tablecloth, the
sub-agent showed the beauty of New York: "a city that is the whole
world." The exclamations of
wonder were numerous as they watched the Brooklyn Bridge and the skyscrapers.
"My word, how high it is!" "Incredible!"
"From where did they take all the iron to build it?"
"Under the sea and over the
bridge!" "And the buildings; how big are they?"
"They are called skyscrapers,
for it is like they were scratching the sky; if I had not seen them myself, I
would not have believed it," stated Agostino, who spoke like one who had
traveled the world. "But where is America?" asked one guy, while he
was watching the figures dancing before his eyes. "Where is America?
Where Jesus Christ lost his shoes; far, far away: twenty, thirty days at sea,
who knows," echoed another.
"Fifteen days. This is the time our ships take to reach the
United States," corrected La Fata, who added, "That poster shows
but a hundredth part, a thousandth part of …" "Stop there. Do not exaggerate! I have
also been in America, the America
Argentina,
Buenos Aires," interrupted Serafino Spartà. "But I’m speaking of
the good one: La Merica Bona — the Good America, which has nothing to
do with The Argentina America." "United States, Argentina:
they are both America." "Not so. And also, it is one thing if you
have heard about a place, but a completely different thing if you have
actually been there. And I have been in America three times, and therefore, I
speak with true knowledge about the facts. So when I say that Argentina is
different and that the United States is the actual Merica, I am
calling bread bread, and wine wine. I am not adding or taking any facts
away." The entire morning and
part of the afternoon had been taken to convince some of the people to leave.
And now that there was less than an hour left for the train to Palermo,
Agostino La Fata would not allow anyone to (as they say) break the eggs he'd
collected in his basket.
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