QUANDO A MARINEO IMPERVERSAVA LA SPAGNOLA
L’emergenza
sanitaria del Coronavirus, che sta mietendo vittime in tutto il mondo e sta
provocando una grave crisi, in modo particolare nel nostro Paese, mi ha portato
con la mente al 1918, quando nel
settembre-ottobre scoppiò un’epidemia,
chiamata ‘Spagnola’, così
contagiosa che soltanto a Marineo in quei due mesi si contarono 131 morti.
L’influenza spagnola fu chiamata così perché le
prime notizie di essa furono riportate dai giornali della Spagna, ma il virus
contagiò mezzo miliardo di persone sino al 1920, uccidendone circa 30 milioni.
Fu la più grande
forma di pandemia nella storia dell’umanità.
Allora il presidente del Consiglio dei Ministri, il siciliano Vittorio Emanuele
Orlando, con un decreto del 3 ottobre 1918, n. 273, inviò ai medici delle
province colpite dall’epidemia un appello perché fosse garantita l’ordinaria
assistenza sanitaria con personale medico, esercito, Croce Rossa, ma
l’emergenza passò in secondo piano per il fatto che tutte le risorse
finanziarie, allora, furono impegnate per fronteggiare le esigenze della
cosiddetta ‘grande guerra’ contro l’Austria.
A Marineo furono
coinvolte dall’emergenza sanitaria gran
parte delle famiglie perché il virus, pur presentandosi come forma influenzale,
attaccava in brevissimo tempo i bronchi con conseguenze letali.
Fra le prime
vittime di quell’epidemia ci fu anche il parroco, l’arciprete Silvestre Inglima
che, nel momento in cui si propagò la pandemia, si prodigò per portare sollievo
ai parrocchiani più bisognosi e, come affermò successivamente padre La Spina,
gli venne richiesto di andare presso uno dei poveri che era in grave stato di
salute, lu zu Carminu Adduzzu che abitava
nella zona detta ‘lu addinaru’.
L’Arciprete
sollecitamente si portò in quella povera abitazione e, trovandolo in gravissime
condizioni, lo aiutò facendo portare del cibo e delle coperte. Il giorno
successivo lo trovò già moribondo e,
dopo avere impartito l’estrema unzione, restò al suo fianco sino al decesso
dello stesso.
In quei giorni,
padre Inglima, senza risparmiarsi, continuò la sua attività di assistenza verso
le persone affette dalla febbre spagnola, ma venne anch’egli contagiato e fu
preso da una polmonite fulminante con febbre altissima che in soli cinque
giorni lo stroncò, dopo aver ricevuto il Viatico.
Abbiamo fatto
una ricerca nell’archivio parrocchiale con Franco Vitali e abbiamo constatato
che dal 16 settembre al 31 ottobre 1918 a Marineo ci furono 131 decessi di
spagnola.
Il virus era
talmente contagioso che, cinque giorni dopo la morte del parroco Inglima,
moriva, a soli 29 anni, anche il fratello Giovanni Battista.
Il picco si ebbe
soprattutto nel mese di ottobre 1918, quando si registrarono otto morti il
primo del mese, e ben 56 nei giorni dal 5 al 14.
Il Consiglio
Comunale, a soli sette giorni della scomparsa dell’Arciprete, con deliberazione
del 23 settembre 1918, nel corso della commemorazione ufficiale in Municipio,
su proposta dei consiglieri Ferdinando Arnone e Antonino Provenzale, deliberò
di intitolare la piazza del Popolo, che si prima si chiamava Nunzio Nasi,
all’Arciprete Silvestre Inglima. Decisione quanto mai opportuna per un uomo che
si era sempre dedicato ai poveri e agli ultimi,
soccorrendoli in tutte le loro difficoltà. A tal proposito, occorre
ricordare che fu tra i fondatori della Cassa
Rurale Cattolica che ebbe un ruolo essenziale nella Marineo di allora,
soprattutto dopo la drammatica vicenda dei Fasci dei Lavoratori, non solo per
aiutare con il ‘mutuo soccorso’ i
contadini poveri, ma anche per debellare l’usura che Franchetti e Sonnino,
nella famosa inchiesta del 1876, avevano definito ‘il tarlo roditore della società siciliana’.
Ciro Spataro
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