mercoledì 26 giugno 2013

L'ILLUSIONE !



E' opportuno prima di leggere l'articolo collegarsi a  www.percorsipoeticiabrannu.blogspot.com

per capire meglio la seguente riflessione.                                    
Il vraccocu traditore
Parafrasando Pier Capponi a li vraccochi di Brannu ti vien voglia di rispondere con le mie nespole di Ravenna. Questo pianto antico dell’emigrante, questo amore ormai non corrisposto mi è venuto a noia. E’ simile a quell’amore lontano , travagliato , ostacolato che quando si libera delle trame alla fine ti ritrovi una creatura decrepita avvizzita e soprattutto senza quel fascino che ti eri immaginato.  Ho portato a Ravenna una pianticella di nespolo che vivacchiava nel mio terrazzo di Milano da tanti anni. Convinto che l’aria di Milano nocesse  alla salute di entrambi. Ora a distanza di altri 20 anni mi ritrovo un nespolo che fatte le debite proporzioni sembra una di quelle querce che vedi solo nelle riviste specializzate. Era carico di nespole oltremodo, centinaia e centinaia, mai viste cosi tante opportunamente distribuite , del suo colore tra il rosa  l’arancio e il giallo immischiati assieme. Mi sono seduto a distanza ravvicinata dopo averne colte una manciata . Mentre li mangiavo osservavo l’albero: intimorito con soggezione. Erano frutti grandi, gustosissimi sembravano un dipinto con le nespole opportunamente collocate a distanza giusta come le palline di un immenso albero di natale. Mi venne l’istinto di fotografare albero e frutti temendo che la scena fosse irripetibile. Per un paio di giorni non trovai la macchina fotografica e continuai a godermi nespolo e nespole aggiungendo un gioco a me caro: quello di li baiuliddi ! Iniziai con lanciarli come proiettili  spingendoli con ll pollice e l’indice , poi con una fionda improvvisata  tentando di scacciare una cinquantina di uccelli che beccavano le nespole nella parte alta dell’albero ed infine coprendoli con un mucchietto di terra  con lo scopo che quelli che venivano alla luce appartenessero a chi aveva effettuato il lancio dell’oggetto contro il mucchietto di terra . Essendo l’unico giocatore mi trovai facilmente proprietario di una grossa quantità di inutili baiuliddi che ribattezzai fiches . Non fotografai il nespolo ed ebbi ragione perché quello spettacolo era solo mio, unico proprietario dell’albero e che ero felice di non condividere con nessun altro, salvo che con gli uccelli che probabilmente mi scambiarono per san Francesco o ,più facilmente ,per il lupo.  Pensare che un povero nespolo portato da Marineo a Milano (in forma di baiuliddi ) e irrobustitosi (in piena adolescenza) nella nebbia di Milano , o meglio sopravvissuto , e portato a forza a Ravenna ( dove la nebbia non dura solo i giorni della merla, vero Prof. Inguì , esperto di nebbie e di mosaici ravennati) e là maturato sino a produrre centinaia di frutti  , vale quanto un vraccocu di Brannu ! Si perché basta avere un fratello che , novello Jago o Gano, ti fotografa un vraccocu ignorato da tutti per decine di anni per scatenare la metastasi dell’emigrante che peggio della malattia si estende a macchia d’olio riaprendo la ferita ritenuta a torto sanata e facendoti versare lacrime secche ed aride  di un mondo perduto e rendendoti quello nuovo inadeguato. Oggi che persino gli ebrei , dopo millenni di peregrinazioni , hanno trovato nuove terre promesse , nuove spose e finalmente hanno capito che la vera terra promessa non è quella “latte e miele” da sempre inseguita , ma dove il latte e miele sei tu che lo porti dovunque vai. Là si chiama vraccocu qui si chiama nespolo .  

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