Chiesa e Liberazione: i temi centrali della Teologia della Liberazione... o della mistificazione
Si finisce di leggere
lo scritto firmato da N.D. e viene subito da domandarsi: "siamo nel 2013 o siamo
tornati al '68 ?"
Trasuda nostalgia di quei tempi e di quel mondo. Fosse solo questo lo si
potrebbe accomunare alle patetiche rievocazioni dei vari laudatores temporis
acti , che so io, della monarchia o del nazi-fascismo, e non varrebbe
certo la pena di ritornarci sopra. Ma non e' solo una questione di
"nostalgia", perche' il tema,
in fondo sempre quello della nuova evangelizzazione , cioe' dell'annuncio,
prima di tutto ai poveri, del lieto annuncio della Resurrezione di Gesu', e'
troppo importante per essere equivocato e, peggio, strumentalizzato a fini
ideologici.
Vediamo dunque qualche precisazione.
Prima di tutto la teologia della liberazione. Cio' che la Chiesa ha condannato ( e la
condanna rimane) e' l'utilizzo delle categorie marxiste come strumenti utili
alla soluzione dei problemi sociali e la loro introduzione nella teologia
cattolica, cioe' nel modo di concepire la liturgia e le linee guida
dell'evangelizzazione. La storia ha dimostrato quanto male e quanti orrori
abbiano prodotto queste categorie applicate alla realta' in qualunque esperienza
politica e in qualsiasi contesto storico e culturale. Non liberazione ma
massacri di milioni di innocenti, schiavitu' di interi popoli, persecuzioni dei
cristiani e degli appartenenti ad altre religioni. E la storia piu' recente
dimostra quanti danni abbia provocato il governo marxista nelle societa'
di quei paesi, con la distruzione delle famiglie, la diffusione dell'
alcolismo, il prevalere incontrollato delle oligarchie e delle mafie. Quanto
alla teologia che senso ha, per fare un solo esempio, parlare di
"strutture di peccato" come origine del male nel mondo, quando in
modo molto esplicito e' lo stesso Gesu' Cristo a dirci che il male esce
"dal cuore dell'uomo" e non viene da fuori di lui?
Ma la teologia della liberazione e' solo quella di Leonardo Boff, che nel
frattempo ha abbandonato il sacerdozio, e' uscito dalla chiesa ed ha
abbracciato posizioni olistico-ecologiste in filosofia e no-global in
politica, Al quale dobbiamo l'amena definizione della Chiesa vista come
un'organizzazione dedita all'"espropriazione dei mezzi religiosi di
produzione"? No di certo. Basta guardare al recente libro pubblicato da
Gehrard Muller e Gustavo Gutierrez , Dalla parte dei Poveri. Per chi non lo
sapesse Muller e' il Prefetto della congregazione per la dottrina della fede (
l'ex Santo Ufficio), messo in quel posto dal suo predecessore Papa Ratzinger.
In questo saggio si esprimono posizioni teologiche ben diverse sia rispetto alle
posizioni di Boff, sia rispetto all' ideologia marxista e al femminismo tipo
"donne pastore". Quanto travaglio vi sia stato negli esponenti della
teologia della liberazione e' testimoniato anche dal cambiamento di posizione
di un teologo come Clodovis Boff, fratello di Leonardo, che nel 2008 ha criticato gli
eccessi della teologia della liberazione sostenendo che si incorre
nell"errore fatale" di considerare il povero come "principio
operativo primo della teologia".
E prosegue "Da questo errore di principio possono derivare solo effetti
funesti. [...] Quando il povero acquista lo statuto di 'primum' epistemologico,
cosa avviene con la fede e la sua dottrina a livello di teologia e anche di
pastorale? [...] Il risultato inevitabile è la politicizzazione della fede, la
sua riduzione a strumento per la liberazione sociale".
Ne consegue che
"La 'pastorale della liberazione' diventa un braccio fra tanti del
'movimento popolare'. La Chiesa
si fa simile a una ONG e così si svuota anche fisicamente: perde operatori,
militanti e fedeli. Quelli 'di fuori' provano scarsa attrazione per una 'Chiesa
della liberazione', poiché, per la militanza, dispongono già delle ONG, mentre
per l’esperienza religiosa hanno bisogno di molto più che una semplice
liberazione sociale. Inoltre, per il fatto di non percepire l’estensione e la
rilevanza sociale dell’attuale inquietudine spirituale, la teologia della
liberazione si mostra culturalmente miope e storicamente anacronistica, ossia
alienata dal suo tempo".
Citiamo queste critiche (tratte dal sito www.chiesa.it di Sandro Magister dell' Espresso), non per
prendere posizione rispetto alle singole argomentazioni, ma per dare conto
della ricchezza e della complessita' del dibattito teologico. Del resto e'
proprio la compresenza di piu' scuole e sensibilita' teologiche che costituisce
da sempre il patrimonio della Chiesa Cattolica, e che, essendone
salvaguardata la coerenza rispetto al "depositum fidei"
apostolico, consente di garantire la continuita' della sua trasmissione lungo
le generazioni, evitando i rischi di un settarismo autoreferenziale di matrice
protestante. E Papa Francesco? Qual' e' la sua posizione riguardo a questi
temi? Ecco quanto scrisse il cardinale Bergoglio nel 2005, commentando le tesi
sostenute in un lavoro del sociologo sudamericano Carriquiry.
"La vasta produzione bibliografica sull’America latina (dalla “sociologia
impegnata” alla teoria della dipendenza, dalla teologia della liberazione ai
cristiani per il socialismo, dalle denunce a tinte forti ai dibattiti sulle
strategie rivoluzionarie) è andata via via esaurendosi sin dagli anni ottanta.
Ha dato certamente contributi di differente valore e apporti significativi ma,
ultimamente, ha pesato di più la forte connotazione ideologica, con la sua
riduttiva visione della realtà. Soprattutto dopo il crollo dell’impero
totalitario del “socialismo reale”, queste correnti di pensiero sono
sprofondate nello sconcerto. Incapaci sia di una riformulazione radicale che di
una nuova creatività, sono sopravvissute per inerzia, anche se non manca ancora
oggi chi le voglia anacronisticamente riproporre. Poco tempo dopo, il rinato
ricettario neoliberale del capitalismo vincitore, alimentato dalle utopie del
mercato autoregolatore, avrebbe mostrato anch’esso tutte le sue contradizioni e
limitazioni. L’opera del Dott. Carriquiry offre una visione d’insieme nuova,
che va al di là di quelle visioni ideologiche inadeguate, incapaci di
abbracciare l’intera realtà dei nostri popoli e di rispondere ai loro desideri,
ai loro bisogni e alle loro speranze".
Si rassicuri quindi l'untore : l'amore per i poveri e' cosa troppo importante per la Chiesa, ed e' connaturato
al dispiegarsi della sua azione lungo i secoli attraverso e opere di tanti suoi
figli, per essere lasciato alla strumentalizzazione degli squallidi epigoni di
una ideologia i cui delitti, che hanno fatto del XX secolo l'epoca
con il piu' alto numero di martiri della storia, non possono essere dimenticati.
Trasuda nostalgia di quei tempi e di quel mondo. Fosse solo questo lo si potrebbe accomunare alle patetiche rievocazioni dei vari laudatores temporis acti , che so io, della monarchia o del nazi-fascismo, e non varrebbe certo la pena di ritornarci sopra. Ma non e' solo una questione di "nostalgia", perche' il tema, in fondo sempre quello della nuova evangelizzazione , cioe' dell'annuncio, prima di tutto ai poveri, del lieto annuncio della Resurrezione di Gesu', e' troppo importante per essere equivocato e, peggio, strumentalizzato a fini ideologici.
Vediamo dunque qualche precisazione.
Prima di tutto la teologia della liberazione. Cio' che la Chiesa ha condannato ( e la condanna rimane) e' l'utilizzo delle categorie marxiste come strumenti utili alla soluzione dei problemi sociali e la loro introduzione nella teologia cattolica, cioe' nel modo di concepire la liturgia e le linee guida dell'evangelizzazione. La storia ha dimostrato quanto male e quanti orrori abbiano prodotto queste categorie applicate alla realta' in qualunque esperienza politica e in qualsiasi contesto storico e culturale. Non liberazione ma massacri di milioni di innocenti, schiavitu' di interi popoli, persecuzioni dei cristiani e degli appartenenti ad altre religioni. E la storia piu' recente dimostra quanti danni abbia provocato il governo marxista nelle societa' di quei paesi, con la distruzione delle famiglie, la diffusione dell' alcolismo, il prevalere incontrollato delle oligarchie e delle mafie. Quanto alla teologia che senso ha, per fare un solo esempio, parlare di "strutture di peccato" come origine del male nel mondo, quando in modo molto esplicito e' lo stesso Gesu' Cristo a dirci che il male esce "dal cuore dell'uomo" e non viene da fuori di lui?
Ma la teologia della liberazione e' solo quella di Leonardo Boff, che nel frattempo ha abbandonato il sacerdozio, e' uscito dalla chiesa ed ha abbracciato posizioni olistico-ecologiste in filosofia e no-global in politica, Al quale dobbiamo l'amena definizione della Chiesa vista come un'organizzazione dedita all'"espropriazione dei mezzi religiosi di produzione"? No di certo. Basta guardare al recente libro pubblicato da Gehrard Muller e Gustavo Gutierrez , Dalla parte dei Poveri. Per chi non lo sapesse Muller e' il Prefetto della congregazione per la dottrina della fede ( l'ex Santo Ufficio), messo in quel posto dal suo predecessore Papa Ratzinger. In questo saggio si esprimono posizioni teologiche ben diverse sia rispetto alle posizioni di Boff, sia rispetto all' ideologia marxista e al femminismo tipo "donne pastore". Quanto travaglio vi sia stato negli esponenti della teologia della liberazione e' testimoniato anche dal cambiamento di posizione di un teologo come Clodovis Boff, fratello di Leonardo, che nel 2008 ha criticato gli eccessi della teologia della liberazione sostenendo che si incorre nell"errore fatale" di considerare il povero come "principio operativo primo della teologia".
E prosegue "Da questo errore di principio possono derivare solo effetti funesti. [...] Quando il povero acquista lo statuto di 'primum' epistemologico, cosa avviene con la fede e la sua dottrina a livello di teologia e anche di pastorale? [...] Il risultato inevitabile è la politicizzazione della fede, la sua riduzione a strumento per la liberazione sociale".
Ne consegue che
"La 'pastorale della liberazione' diventa un braccio fra tanti del 'movimento popolare'. La Chiesa si fa simile a una ONG e così si svuota anche fisicamente: perde operatori, militanti e fedeli. Quelli 'di fuori' provano scarsa attrazione per una 'Chiesa della liberazione', poiché, per la militanza, dispongono già delle ONG, mentre per l’esperienza religiosa hanno bisogno di molto più che una semplice liberazione sociale. Inoltre, per il fatto di non percepire l’estensione e la rilevanza sociale dell’attuale inquietudine spirituale, la teologia della liberazione si mostra culturalmente miope e storicamente anacronistica, ossia alienata dal suo tempo".
Citiamo queste critiche (tratte dal sito www.chiesa.it di Sandro Magister dell' Espresso), non per prendere posizione rispetto alle singole argomentazioni, ma per dare conto della ricchezza e della complessita' del dibattito teologico. Del resto e' proprio la compresenza di piu' scuole e sensibilita' teologiche che costituisce da sempre il patrimonio della Chiesa Cattolica, e che, essendone salvaguardata la coerenza rispetto al "depositum fidei" apostolico, consente di garantire la continuita' della sua trasmissione lungo le generazioni, evitando i rischi di un settarismo autoreferenziale di matrice protestante. E Papa Francesco? Qual' e' la sua posizione riguardo a questi temi? Ecco quanto scrisse il cardinale Bergoglio nel 2005, commentando le tesi sostenute in un lavoro del sociologo sudamericano Carriquiry.
"La vasta produzione bibliografica sull’America latina (dalla “sociologia impegnata” alla teoria della dipendenza, dalla teologia della liberazione ai cristiani per il socialismo, dalle denunce a tinte forti ai dibattiti sulle strategie rivoluzionarie) è andata via via esaurendosi sin dagli anni ottanta. Ha dato certamente contributi di differente valore e apporti significativi ma, ultimamente, ha pesato di più la forte connotazione ideologica, con la sua riduttiva visione della realtà. Soprattutto dopo il crollo dell’impero totalitario del “socialismo reale”, queste correnti di pensiero sono sprofondate nello sconcerto. Incapaci sia di una riformulazione radicale che di una nuova creatività, sono sopravvissute per inerzia, anche se non manca ancora oggi chi le voglia anacronisticamente riproporre. Poco tempo dopo, il rinato ricettario neoliberale del capitalismo vincitore, alimentato dalle utopie del mercato autoregolatore, avrebbe mostrato anch’esso tutte le sue contradizioni e limitazioni. L’opera del Dott. Carriquiry offre una visione d’insieme nuova, che va al di là di quelle visioni ideologiche inadeguate, incapaci di abbracciare l’intera realtà dei nostri popoli e di rispondere ai loro desideri, ai loro bisogni e alle loro speranze".
Si rassicuri quindi l'untore : l'amore per i poveri e' cosa troppo importante per la Chiesa, ed e' connaturato al dispiegarsi della sua azione lungo i secoli attraverso e opere di tanti suoi figli, per essere lasciato alla strumentalizzazione degli squallidi epigoni di una ideologia i cui delitti, che hanno fatto del XX secolo l'epoca con il piu' alto numero di martiri della storia, non possono essere dimenticati.
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