venerdì 19 settembre 2014

GLI ULTIMI CENTO ANNI DELLA GUERRA DI TROIA



Ero un ragazzo e Pino Calderone era una specie di “agente” della giovanissima Einaudi editore di Torino. Lui intellettuale riservato preparato non paragonabile, io scalpitavo cercando di anticipare un futuro impossibile. Avevamo in comune principalmente l’esigenza che i ragazzi debbono scegliere i professori ed io rinunziai a proseguire gli studi perché questo desiderio era inesaudibile. In quegli anni cinquanta su Einaudi usci Civiltà Sepolte di Ceram ed io cosi incontrai Heinrich Schliemann. Da poco avevamo conosciuto Giuseppe Calderone e le sue Antichità Siciliane e scorrazzavamo fra le colline di Marineo in cerca di siti più mitologici che archeologici. Il Ceram di colpo ci fece cambiare strategia portandoci ad una nuova consapevolezza. Da Salvatore Scarpulla venne fuori una copia dell’opera del Calderone e questo ci evitò di ricorrere continuamente alla Biblioteca di Palermo (ancora non era uscita l’edizione in reprint da me suggerita). Con questi volumi in mano imitammo lo Schliemann  quando a Troia con in mano l’Iliade ne cercava  le tracce sul terreno: i due fiumi, le distanze, la circonferenza e mille deboli segnali che il prussiano scopriva nella collina di Hissarlik. Tentammo anche noi la stessa operazione alla Montagnola senza successo e cosi decidemmo di affidarci all’intuito. Scegliemmo due punti: uno vicino ad un mandorlo dove emergeva dal terreno una specie di “muretto”, poi recuperato dagli ultimi scavi, e l’altro quasi sotto il cimitero verso lu malupassu che si verificò più prolifico (moltissimi pendoli e un vaso, oggi al museo-cimitero di Palermo). Il tutto spinse l’allora Sindaco a segnalare la cosa alla Sovraintendenza e da li nacque il filone che ha portato agli scavi recenti.
Questa esperienza che mi portò a conoscere il prof. Vincenzo Tusa, (era il momento più drammatico quando venne  a Marineo ) , non mi allontanò dal tema principale ma suscitò un legame di studi ancora oggi indissolubile. Cercai tutte le notizie possibili su Heinrich Schliemann e Troia e il mondo a cui tutto ciò apparteneva. Il mito Troia divenne il mito  Schliemann . Seguii la feroce campagna scatenata dagli studiosi contro di lui che certamente prima di essere un archeologo fu un affarista poi un mecenate ed infine subì la gogna che gli scatenarono contro coloro che il destino aveva premiato con piccole scoperte mai simili a quelle di  Schliemann . Intanto l’archeologia divenne antropologia, scienza, portando tutte le materie a interagire. Qualsiasi insinuazione  non scalfi mai il mito Heinrich Schliemann  . Poi smisero di aggredirlo sopratutto quando si resero conto che le loro aggressioni valevano quanto i suoi difetti. Poi venne la stagione di Troia “viaggiante”. In quella che era la Jugoslavia, mentre andavo a Mejugorie (1985), risalii un certo fiume che mi doveva portare alla Troia localizzata in Jugoslavia da uno studioso non sprovveduto. La cosa durò poco perché sostenere tale tesi ci volevano argomenti più solidi. In tempi recenti nacque la Troia nel Baltico. Forte di alcuni toponimi e coincidenze seguimmo questa Troia nel Baltico suggerita da F.Vinci nel 1995. Tralascio alcune altri piccoli posizionamenti un po’ ovunque. Intanto ad un ritmo mensile io viaggiavo fra Istambul , Troia, Micene e Atene…
Altro filone fu quello del tesoro di Priamo poi diventato di Schliemann . Parte del materiale fini nella città di Schliemann dove usava, durante i matrimoni, rompere dei vasi in segno augurale. Quindi vi lascio immaginare i vasi troiani in questo uso. Fra Istanbul, Atene e Berlino ci sono grandi tracce di questo materiale. La parte più corposa finisce a Berlino. Hitler dà precisi ordini per salvaguardare il materiale sotto l’incalzare dei sovietici e qui si perdono le tracce. Bisogna aspettare il 1993 quando Boris Eltsin - ospite del Presidente greco - rivelò inaspettatamente l'ubicazione del tesoro nel museo Puškin. La circostanza sarebbe stata confermata dallo stesso Eltsin alla Literaturnaja Gazeta, nonché dal ministro della cultura russo Sidorov.
A questo punto mi organizzo per andare a Mosca subito dopo la notizia che il tesoro verrà esposto al Puskin. Poi arriva la notizia che la mostra si ripeterà ad Atene e quindi nasce la disputa a chi spetta questo tesoro.
In quei giorni un antiquario fiorentino inserisce nel suo catalogo 2 opere. Il Micene e il Troia (Ilion) le due edizioni curate nel 1878 dallo stesso Schliemann, oggi introvabili. Non posso permettermi il costo dei due volumi e cosi acquisto subito quello su Micene (in quei giorni spasimavo più per Micene) e pongo un opzione per l’altro volume. Passo la notte insonne e la mattina dopo richiamo l’antiquario chiedendo di spedirmi il secondo volume. Mi si risponde che è stato venduto per errore, ignorando la mia opzione. In pratica l’antiquario aveva sbagliato il prezzo pubblicando il catalogo con un prezzo dieci volte inferiore e accortosi dell’errore lo ha ritirato vendendolo non so a chi e a che prezzo. A me rimane il Micene ! Ti fa una certa emozione avere fra le mani una edizione curata dallo stesso Schliemann appena finiti gli scavi ….
Inizia un lungo periodo dove escono diversi volumi. Dalla biografia dello Schliemann veniamo a sapere della sua immensa parsimonia, dei rapporti con la moglie e …. addirittura sembra che frequentasse un orafo…. Insomma lo Schliemann oltre che falsario rischia l’accusa di essersi inventato tutto. Iniziano gli scavi moderni si stabilisce quale sia la Troia omerica (Troia VIIa  Blegen  1300 – 1170 ac) e la nuova archeologia fa autocritica e riconosce a Schliemann quello che è di Schliemann. Si diano da fare loro adesso … Intanto Ventris decifra la scrittura lineare B, Dopperfield continua i suoi scavi e si passa all’uso totale degli studi coinvolgendo antropologia,storia dell’arte,chimici,informatici,epigrafisti,geologi,ittologi, archeobotanici, omeristi ,  analisti di testi e cosi via .
Dopo un secolo di tensioni torna il sereno. Manco a dirlo ! Da quando quel 11 giugno del 1182 a.c. Troia venne distrutta (Dionisio di Alicarnasso,sic) …
Intanto irrompe il popolo Arbereshe … per noi sono semplicemente “quelli di Piana…”. I chianoti ! Sembra uno scherzo… Pirro discende da Alessandro il Grande , sua madre Olimpiade discende da Achille da cui Pirro-Neottolemo  figlio di Achille sino al Pirro che poi venne in Sicilia. Il filo ti riporta al tema originale : Troia. Seguo le due piste: gli Arbreshe per arrivare dopo Skandeberg al Guerino detto il Meschino  di Durazzo. Lavoro sopra un edizione del 1861 l’anno in cui nasce mio nonno. Impossibile non arrivare all’edizione critica del Mauro Ceronetti e di Tullia d’Aragona in versi quasi a tutti sconosciuta , che poi scoprirò in qualche modo che si incontra con un Beccadelli… ma questa è un'altra storia. Intanto un certo Barry Strauss coi tipi di Laterza usando tutto lo scibile possibile irrompe sulla guerra di Troia . Questo professore analizza tutti i “gesti” della guerra di Troia dandone una spiegazione: Troia diviene la città Ittita di Wilusa… Strauss usa un metodo nuovo cucendo assieme tutte le scienze per analizzare tutti gli episodi omerici. Usanze, abitudini, diplomazia, guerre e vita comune. Un ottimo lavoro. Poi giunse il tempo del plausibile … e vi basti  l’esempio della morte di Achille il quale colpito nel suo mitico tallone, che lo rendeva invulnerabile, da una freccia  si può legittimamente supporre che più che la sua vulnerabilità violata fosse il veleno della freccia a causarne la morte. Cioè rendere il tutto plausibile : ovvero tradurre il mito !
Si arriva al momento della sintesi e qui ci soccorre Lindsay Clarke che con il suo Guerra di Troia collega tutti i miti e i “fatti di Troia” facendone un “romanzo usando i miti” , collegandoli permettendoti di accedere ad un filone continuo e omogeneo chiarendo il chi il come e il perché, il tutto preso dalle centinaia di fonti. Un dizionario dei miti tradotto nel  romanzo della guerra di Troia …
Intanto  Atene non sfugge al virus innovativo e rivoluziona il suo prestigioso museo. Per decenni abbiamo ammirato “la maschera di Agamennone” che per imponenza gareggiava con il mitico vaso di Eufronio del Metropolitan Museo di New York o con la Venere di Morgantina, o ai bronzi di Riace o altri casi simili. La maschera di Agamennone viene declassata a “maschera funeraria” , il vaso di Eufronio da “star mondiale” finisce al campidoglio a Roma dove il 90 per cento degli italiani ne ignora persino l’esistenza, la Venere di Morgantina (vedi  G.G.Stella) è stata di nuovo sepolta, e i Bronzi ritornano nel mare dell’oblio. Mentre succede tutto questo irrompono nel vialone davanti il museo di Atene i carri armati dei Colonnelli diretti a far strage al politecnico di Atene (novembre 1973) di fronte la Casa della Cultura italiana ed io mi rifugio dentro il Museo perché quando gli uiomini vanno in giro con i carri armati i primi a pagare sono le opere d’arte che vengono ridipinte con il sangue della gente !.
Sopita la polemica Schiliemann, ridimensionato il mito Troia.
Mandorlo e muretto
Poi mi accade nel periodo che venivo ospitato anargiricamente alla Favarella che o la sera tardi o la mattina prestissimo mi spostavo nel piazzale della Montagnola antistante il cimitero e mi guardavo la valle prima in direzione di Solunto e usando l’accendino mimavo i falò degli antichi come strumento di comunicazione, poi spostavo lo sguardo a fondo valle per ascoltare le decine di mulini ad acqua che  resero famosa Marineo, poi mi parve di sentire le voci, le grida e le urla dei normanni che costruivano il ponte dei diavoli a Risalaimi per ingannare gli arabi facendogli credere che  fossero i diavoli a costruire quel ponte che si presupponeva servisse per passare un fiume allora impetuoso, oggi sparito, e aggirare l’esercito nemico con uomini e macchine da guerra … poi sentivo le voci  delle migliaia di persone che avevano abitato la collina e dialogavo con loro e non era un ostacolo che fossero elimi e greci, punici e romani arabi o bizantini, normanni o borboni perché erano accomunati non dalla lingua né dalle idee ma dall’appartenenza allo stesso luogo dove  erano nati e ora sepolti. Poi un giorno mi capitò, di buon mattino, che ,prima un gruppo con furgone poi alla spicciolata si formasse una buona squadra di lavoro e man mano che si formava io li interrogavo e mi venne spiegato che erano dei giovani alcuni locali altri del circondario che facevano parte della campagna di scavi che proprio quel giorno iniziava. Molti sconoscevano il percorso , l’iter per cui si era arrivati agli scavi e discutendo una di loro mi racconto questa storia :” Senza scomodare i classici da Diodoro in poi cerchiamo la Ancyra usando come fonte principale  un certo Padre Calderone che in alcuni volumi parla e descrive il sito. Poi giunsero in Sovraintendenza delle segnalazioni su un gruppo di ragazzi che “lavoravano” sul sito ed oggi siamo in una area dichiarata “archeologica” per iniziare gli scavi sperando … “ Ascoltai esterrefatto e volevo dire “guardi che io sono uno di quei ragazzi …” . Ma le cose che avrei voluto dire erano tante e allora non dissi nulla … e continuai a interagire con gli antichi abitanti della Montagnola … che ora mi dicono chiamarsi Makallesi…
Un secolo e mezzo di “novità” su Troia di cui gli ultimi cinquanta vissuti intensamente sembrava che nulla di  eclatante e nuovo dovesse coinvolgerci e bastava seguire alla lontana le nuove ipotesi quando irrompe l’unico tema sino ad oggi sfiorato.
L’unico che ancora era uscito indenne , che aveva superato l’aggressione a Schielemann e a Troia era Omero. La schiera si ricompone perché l’unico modo che può farti apparire è aggredire chi è stato più grande di te tentando di distruggerlo e non quello di creare qualcosa di simile. Si inizia ad aggredire Omero come storico e non come poeta. Già la Rosa Calzecchi-Onesti (Einaudi 1987) e poi  mandando in pensione il Pindemonte e il Monti che più che traduttori erano interpreti o meglio poeti che traducevano un poeta che venivano accusati  per  “quel modo di tradurre”. Ora la mira si è alzata e Omero dopo le interpretazioni plausibili viene confutato e trattato da storico inattendibile. A milioni di studiosi sono sfuggiti  Darete Frigio e Ditti Cretese ma soprattutto il Darete nella traduzione latina della Storia della Distruzione di Troia avvalorata da Cornelio Nepote (definiti , il Darete e il Ditti,  “storici” dai Padri della Chiesa) , si pensa al Darete come “testimone oculare” e la descrizione fisica che fanno dei personaggi e del racconto dei fatti sembra avere lo scopo di mandare Omero in pensione dimenticando che qualsiasi paragone è fasullo in quanto Omero era e rimane un poeta e non  uno storico. Tre lavori, dopo quelli ottocenteschi del Meister usciti a Lipsia,  la traduzione e commento del nostro Giovanni Garbugino (seguito quasi a ruota) da Luca Canali  e Nicoletta Canzio (2014 traduzione e note) subito incalzati dagli studi di Valentina Prosperi (Omero sconfitto). Questi ultimi lavori non facili da seguire, dai non accademici, seppur agevoli i primi due, più specifici quelli della Prosperi, richiedono oltre alla conoscenza del tema una enorme quantità di rimandi molto faticosa per chi non è studioso del tema.
C. Guastella,G. Perrone,C. Triolo,M. Triolo, O.Sanicola,G.Fragale
 Ora immaginare un “contemporaneo” della guerra di Troia che rimette in discussione ciò che ci ha accompagnato per tutta la vita che seppur corrisponde alle esigenze del nostro tempo (smitizzare) toglie il sapore che il mito e la poesia ci ha dato. Ora lasciamo che l’aridità faccia il suo lavoro cercando di non farci coinvolgere, certi che la natura ci preservi il gusto e il sapore delle cose oltre la scienza. Un aiuto ci viene dai nuovi “romanzi-storici”. Sulla scia del grande successo ottenuto nell’ottocento, un nuovo genere fra il romanzato l’archeologo e lo scientifico viene a interessarci con la rivisitazione di tutto il mondo antico. Storia leggenda e mito si fondono nuovamente con la differenza che molti sono studiosi, archeologi, professori. Uno per tutti Valerio Massimo Manfredi che anche se non sempre ti dà le risposte se non altro ti cita tutte le supposizioni. Era prevedibile che colmasse un vuoto , quello dei Ritorni e cosi sembrava stesse facendo ma il suo saltellare da un mito all’altro del mondo antico lo ha distratto. Ma non vogliamo ipotizzare il futuro.
Non possiamo tralasciare le tracce lasciate nell’epica cavalleresca. Tutto il ciclo “rolandiano-italiano” inizia dalla guerra di Troia e più precisamente dalla spada di Ettore e delle sue armi che coinvolgono molti dei personaggi principali delle nostrane chanson de geste. 
“Cosi queste storie vivranno, si accresceranno, cambieranno fino a quando vi saranno poeti per raccontarle … e chiunque affermi di possedere la verità sulla guerra di Troia è solo un illuso che si lascia trascinare dalla vanità”. Femio bardo di Itaca (Lindsay Clarke 2004).
Padre Tuzzolino interviene sul tema "i giovani e l'archeologia" organizzato dall'Omnia 1957

Proporre una bibliografia ,anche essenziale, è utopistico, cito solo quella più recente che affronta Schliemann e Troia. Del resto i nuovi sapienti sanno che basta inserire una sola citazione su Wikipedia per passare da sapienti a studiosi…
-Lindsay Clarke La Guerra di Troia, Sonsogno-Marsilio 2010
-Barry Strauss La Guerra di Troia , Laterza 2009
-Valentina Prosperi , Omero Sconfitto, Edizioni di Storia e 
   letteratura 2013
-Darete Frigio Storia della Distruzione di Troia di Luca Canali e  
 Nicoletta Canzio Lit edizioni 2014
-Darete Frigio La storia della distruzione di Troia a cura di
 Giovanni Garbugino Edizioni dell’Orso 2011
-Heinrich Schliemann Micene 1878
-W.Ceram , Civiltà Sepolte , Einaudi Torino 1954
-Giuseppe Calderone , Antichità Siciliane Palermo Torino 1892
-Omero nel Baltico 1995
-Orlando Innamorato di Maria Matteo Boiardo
-Orlando furioso di L. Ariosto
-Iliade, Odissea Eneide


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