venerdì 25 novembre 2016

DIPINTI COME DOCUMENTI




L'autrice
L’ennesima mostra di pittura al Castello ci costringe a certe riflessioni. Di ritorno dalla quattro giorni di Cefalù (Convegno degli aderenti alla CVC) dove occasioni di fare riflessioni ne abbiamo avuto oltre il dovuto vi proponiamo quelle che ci suggeriscono la presente mostra  perché quelle sul convegno sono qui sotto pubblicate come “diario giornaliero”.
Intanto il tema deve richiamare il nostro interesse perché nessuno di noi può sentirsi escluso dal fenomeno dell’emigrazione. Senza ricorrere a immagini del tipo Il Cammino della Speranza con il Raf Vallone è da non dimenticare il fenomeno pur riconoscendo che storici come il Lombino continuano ad affrontarlo. Per non citare che tutta l’epopea del West in America altri non era che un fenomeno di emigrazione “interna”. Mentre nella nostra gli emigranti lasciavano a casa radici e parenti in America (almeno la filmografia) quasi tutti finivano vittime della natura degli indiani o di vari banditi quindi erano rari i casi “di ritorno”. Da noi era una costante non solo l’invio delle “rimesse” (che per decenni hanno salvato la nostra bilancia dei pagamenti sino a quando si sono  estinte sostituite dalle entrate del turismo) , ma anche “il rientro per l’uso” di queste rimesse (tipico il costruirsi una casa). Questo fenomeno si è fermato con i figli degli emigranti , nati nel nuovo paese, nuovi di lingua, costumi ed usi e che non ne hanno voluto sapere di rientrare. La sofferenza condivisa con alcuni familiari rimasti e chi prendeva il percorso della “spartenza” , per dirla alla Lombino, di colpo in una generazione allargata è sparita. I vecchi genitori che muoiono, i giovani nati lontano e che non hanno origini. E proprio il nostro caso che certi nostri presunti parenti  , desiderosi di conoscere le loro origini incontrando per caso  i nostri figli  con lo stesso cognome ma che non sanno le proprie origini, ma che noi abbiamo subito condivisa una parentela non ancora documentata ma che ha commosso entrambi mentre nel contempo ci siamo buttati un una ricostruzione di un improbabile albero genealogico che qualunque sia alla fine non cambia nulla perché . questa volta per dirla all’antica, sangue chiama sangue!
Quindi siamo ad un fenomeno di emigrazione prima di ritorno e poi nuovo. Di ritorno perché alla fine l’uomo non può farne a meno e rifiuta il “non avere radici” o meglio vuole sapere “chi fur li maggiori tua”. Nuovo fenomeno perché è tornata l’emigrazione di massa. Oggi la chiamano diversamente ma di fatto è identica alle precedenti con pochissime , ma essenziali varianti. Quindi ci troviamo a vedere i nostri figli lasciare nuovamente le nostre case perché quattro coglioni di sociologi o di politicanti ce lo suggeriscono o perché le multinazionali anno bisogno ancora di “negri bianchi o schiavi” all’altro capo del mondo. E cosi la famiglia tipo di oggi è avere oltre la metà dei figli sparsi per il mondo che ti porteranno nipoti trilingue mentre l’altra metà e vittima di coloro che non abbiamo perso a suo tempo quando ci predicavano che i figli non ti appartengono.
Ancora l’arte non si occupa di questo nuovo fenomeno se non in rare occasioni, lasciandolo in mano ai qualunquisti senza terra. Quindi possiamo rivivere questo il fenomeno della emigrazione  visitando questa mostra ( tra l’altro l’autrice si può considerare una vera emigrante essendo vissuta in almeno mezza dozzina di Paesi dall’Africa alla Svizzera.
L’altra osservazione è un dubbio. Abbiamo vissuto il fenomeno della poesia che oltre ad aver prodotto una cinquantina di arrancanti poeti locali alla fine il fenomeno è finito come “sovietico”. Cioè a Marineo esiste solo la poesia di stato ( comunale) salvo il raro caso del Virga (il quale nega che siamo stati assidui nello sponsorizzarlo perché anche lui viene da una scuola sovietica). Ora temiamo che anche la pittura , portata con intraprendenza dal Salvatore Pulizzotto a Marineo come fenomeno quotidiano , ci fa temere sulla sua sovietizzazione . Però anche noi dobbiamo darci da fare ed uscire da ogni tipo di sovietizzazione (in pratica quella che abbiamo sempre chiamato mentalità mafiosa) non fossilizzandoci né sulla sola poesia né sulla sola pittura anche se non vediamo quale sentiero percorrere visto il fallimento totale della proposta “quale cultura per Marineo”. 
Infine l’uso bivalente del salone castellano (mostre in contemporanea con incontri) aiuta entrambi  gli organizzatori.

PS. Caso e considerazioni a parte merita il fenomeno della falsa migrazione dei nostri giovani che abusando delle varie opportunità europee finiscono in paesi come la Cina e la Turkia super protetti e garantiti ma che poi tornano a mani vuote, più aridi di prim

Nessun commento:

Posta un commento