domenica 14 maggio 2017

PORTOGALLO FATIMA



A questo racconto vorrei aggiungere due note.
Allora npn  avevo conoscenza che “una leggenda” facesse partire da Le Puy una coppia che dopo diverse traversie arrivasse a quello che oggi è il Santuario delle Apparizioni, oggi noi lo chiamiamo il Santuario di Fatima, che è appunto il nome della protagonista della Leggenda. Inutile precisare che Fatima è un nome musulmano …
L’altra riflessione è che il 13 maggio , ricorrenza, Renato Bianchi ha ricevuto il Sacramento della Confermazione ed è a lui che dedico oggi questo racconto.


    IL RACCONTO DELLA DOMENICA   di  “domenica 28 novembre 2010”
Gli immensi vialoni danno conferma che si trattava di una tipica città imperiale, come Vienna, Parigi, Roma,Copenaghen, Praga. Non vedi la fine e ti sembra che più vai avanti, più il viale si allunga.      In questi grandi viali sei sempre più solo perché non vedi mai quello che passa dall’altro lato della strada.      Tutti vanno di corsa e fra alberi, auto, chioschi e cose varie, alla fine hai camminato per un’ora senza aver visto nessuno.      Per fortuna questo vialone aveva una fine, e in piazza del Restauratore inizia un’isola pedonale proprio davanti all’ascensore costruito da Eiffel. Negozi vecchi di cento anni e negozi nuovissimi come tripperia e arrogance messi insieme uno accanto all’altro. Poco dopo inizia la salita verso il borgo, o la vecchia Lisbona, dove la sera ci si ritrova nei locali tipici ad ascoltare il fado bevendo vino verde o vino tinto o vino porto. Viuzze strette dove le macchine passano appena o meglio sono solo in parcheggio, ed io finalmente posso sbirciare persino dentro le case protette da tende per mosche più o meno trasparenti. Finalmente vedo la gente. Chi sta seduto davanti la porta di casa, chi cucina, chi rattoppa, chi ritorna con un borsone pieno di primizie appena comprate al vicino mercato.      Quasi  in cima al borgo mi trovo davanti la chiesa ed entro un po’ emozionato, pensando di trovarmi nella casa natale di Sant’Antonio de Lisboa. Da ragazzo non sapevo che fosse di Lisbona. Una stanzetta con un altare e una foto del Papa in preghiera e migliaia di scritte sul muro bianco. Passerò un’ora per leggerle tutte, dalle invocazioni alle suppliche, dai ringraziamenti alle attese, in tutte le lingue con la stessa umiltà.
Il mio pensiero vola a Padova alla immensa basilica del Santo, alla sua organizzazione mondiale, alla sua ciclopica struttura. In quelle stanze di Lisbona, c’è tutta l’essenzialità della devozione. Non c’è nemmeno una cassetta per l’elemosina.     Allora mi ricordo del 12 giugno quando per otto giorni qui si fa festa in onore del Santo, per otto giorni tutto è pieno di luci, colori, festoni che sembra carnevale.      Di giorno tutti lavorano, poi al tardo pomeriggio festa sino a sera con processioni e canti.   
   Il giorno dopo sono ad Oporto. Ero seduto su una panchina di pietra alla foce del Duoro e non riuscivo a vedere l’altro lato. Mi dava un senso di timore vedere come tutto è immenso. Persino l’aria sembra che ti schiacci. Tutte le misure a cui sei abituato vengono a cadere.      Fiumi come questi che sfociano nell’Oceano ti fanno venire la pelle d’oca. Due giganti che si incrociano, si spingono, si confondono, e tu sei più o meno un sassolino sull’asciutto.      Mentre guardavo tutto questo mi sono ricordato delle frasi che avevo letto nella casa di Sant’Antonio. Me le ricordavo tutte le più significative.
     Passata Coimbra sulla sinistra inizia la strada verso l’interno. Il verde perenne del Portogallo ti accompagna sempre.     I paesetti sono semplici e ben curati, le case hanno le punte dei tetti all’insù, sullo stile importato dall’estremo Oriente; ci tengono tanto i portoghesi: come gli orientali vogliono indicare che c’è un nesso fra terra e cielo e quindi è come rivolgersi costantemente al cielo.      Durante il viaggio mi ripetevo mentalmente le frasi che avevo letto a Lisbona. A queste aggiungevo le mie. Sì, una bella casa in montagna mi ci voleva, anche la macchina era ora di cambiarla. Qualche soldo in più non mi sarebbe dispiaciuto e quindi analizzavo con che criterio in cielo scegliessero i vincitori delle lotterie. I miei figli me li vedevo già super ingegneri e con borsa di studio, mia moglie sempre giovane ed io al centro del mondo come realmente mi spettava.      Poi pensavo ai miei amici e conoscenti. Sì, appena giunto devo pregare per loro. Per mia cugina che gli è sparito un figlio di undici anni dalle mani senza accorgersene ed ancora oggi si chiede che cosa se ne fanno in cielo di un ragazzetto così. Per una mia amica che a quarant’anni con quattro figlie bellissime come la madre si ritrova punita, senza essere mai stata colpevole, su una carrozzina ed io non posso andare a trovarla perché mi sento un vigliacco fortunato.  Per Paolo che un giorno è stato scelto e il tempo si è fermato e tutti ci aspettiamo che riprenda e visto che non succede mi angoscio non comprendendo perché lui, o perché.
     Per quei due che tutto pensavano ma non che qualcuno andasse a dir loro: ecco vi prendo un figlio  di vent’anni! Come ci prendi un figlio di vent’anni? Perché? Forse perché ne abbiamo altri due?      Quando arrivo davanti al piazzale potrei subito iniziare le mie preghiere se non mi rendessi conto che in questo luogo un giorno tre pastorelli dialogarono, pregarono, ricevettero confidenze dalla loro vera Madre e che noi abbiamo chiamato segreti forse perché non siamo all’altezza di essere suoi figli. Tre pastorelli…      Mi guardo attorno e vedo il tassista che da Oporto mi ha portato sin qui che mi guarda dicendomi: “Signore, qui tutto si risolve, vada tranquillo, entri pure!”      Un prete spagnolo mi domanda: “que passa fratello? Domandi pure tutto quello che vuole, la nostra Signora è anche nostra Madre!”.      Dovevo essere angosciato, ho ripetuto quasi tutte le frasi che avevo letto da Sant’Antonio, avevo ricordato tutti i miei amici sfortunati e ora mi sentivo pronto a chiedere per me.      “Ti prego non togliermi quello che ho…”.      Arrivo in albergo che era tardissimo, agitatissimo ritiro i fax, i telex e gli appunti delle telefonate. Ho anche paura, non sono tranquillo e penso alla macchina nuova, alla lotteria e a tutto ciò che avevo desiderato avere in più e mi vergogno. Finalmente trovo il bigliettino che aspettavo fra tutti gli altri.      “Dove sei stato? E’ tutta la sera che ti cerchiamo! Sei stato nelle vecchie cantine a bere il porto? Non esagerare! Noi stiamo tutti bene, ciao!”      Ti ringrazio, nostra Signora, perché fino ad oggi mi hai lasciato tutto quello che ho!

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