A questo racconto vorrei aggiungere due
note.
Allora npn
avevo conoscenza che “una leggenda” facesse partire da Le Puy una coppia
che dopo diverse traversie arrivasse a quello che oggi è il Santuario delle
Apparizioni, oggi noi lo chiamiamo il Santuario di Fatima, che è appunto il
nome della protagonista della Leggenda. Inutile precisare che Fatima è un nome
musulmano …
L’altra riflessione è che il 13 maggio ,
ricorrenza, Renato Bianchi ha ricevuto il Sacramento della Confermazione ed è a
lui che dedico oggi questo racconto.
IL RACCONTO DELLA DOMENICA di “domenica 28 novembre 2010”
Gli immensi vialoni danno conferma che si trattava di
una tipica città imperiale, come Vienna, Parigi, Roma,Copenaghen, Praga. Non
vedi la fine e ti sembra che più vai avanti, più il viale si
allunga. In questi grandi viali sei sempre più
solo perché non vedi mai quello che passa dall’altro lato della strada.
Tutti vanno di corsa e fra alberi, auto, chioschi
e cose varie, alla fine hai camminato per un’ora senza aver visto nessuno.
Per fortuna questo vialone aveva una fine, e in
piazza del Restauratore inizia un’isola pedonale proprio davanti all’ascensore
costruito da Eiffel. Negozi vecchi di cento anni e negozi nuovissimi come
tripperia e arrogance messi insieme uno accanto all’altro. Poco dopo inizia la
salita verso il borgo, o la vecchia Lisbona, dove la sera ci si ritrova nei
locali tipici ad ascoltare il fado bevendo vino verde o vino tinto o vino
porto. Viuzze strette dove le macchine passano appena o meglio sono solo in
parcheggio, ed io finalmente posso sbirciare persino dentro le case protette da
tende per mosche più o meno trasparenti. Finalmente vedo la gente. Chi sta
seduto davanti la porta di casa, chi cucina, chi rattoppa, chi ritorna con un
borsone pieno di primizie appena comprate al vicino mercato.
Quasi in cima al borgo mi trovo davanti la
chiesa ed entro un po’ emozionato, pensando di trovarmi nella casa natale di
Sant’Antonio de Lisboa. Da ragazzo non sapevo che fosse di Lisbona. Una
stanzetta con un altare e una foto del Papa in preghiera e migliaia di scritte
sul muro bianco. Passerò un’ora per leggerle tutte, dalle invocazioni alle suppliche,
dai ringraziamenti alle attese, in tutte le lingue con la stessa umiltà.
Il mio
pensiero vola a Padova alla immensa basilica del Santo, alla sua organizzazione
mondiale, alla sua ciclopica struttura. In quelle stanze di Lisbona, c’è tutta
l’essenzialità della devozione. Non c’è nemmeno una cassetta per l’elemosina.
Allora mi ricordo del 12 giugno quando per otto giorni
qui si fa festa in onore del Santo, per otto giorni tutto è pieno di luci,
colori, festoni che sembra carnevale. Di giorno
tutti lavorano, poi al tardo pomeriggio festa sino a sera con processioni e
canti.
Il
giorno dopo sono ad Oporto. Ero seduto su una panchina di pietra alla foce del
Duoro e non riuscivo a vedere l’altro lato. Mi dava un senso di timore vedere
come tutto è immenso. Persino l’aria sembra che ti schiacci. Tutte le misure a
cui sei abituato vengono a cadere. Fiumi come
questi che sfociano nell’Oceano ti fanno venire la pelle d’oca. Due giganti che
si incrociano, si spingono, si confondono, e tu sei più o meno un sassolino
sull’asciutto. Mentre guardavo tutto questo mi
sono ricordato delle frasi che avevo letto nella casa di Sant’Antonio. Me le
ricordavo tutte le più significative.
Passata Coimbra sulla sinistra inizia la strada verso l’interno. Il verde
perenne del Portogallo ti accompagna sempre. I paesetti
sono semplici e ben curati, le case hanno le punte dei tetti all’insù, sullo
stile importato dall’estremo Oriente; ci tengono tanto i portoghesi: come gli
orientali vogliono indicare che c’è un nesso fra terra e cielo e quindi è come
rivolgersi costantemente al cielo. Durante il
viaggio mi ripetevo mentalmente le frasi che avevo letto a Lisbona. A queste
aggiungevo le mie. Sì, una bella casa in montagna mi ci voleva, anche la macchina
era ora di cambiarla. Qualche soldo in più non mi sarebbe dispiaciuto e quindi
analizzavo con che criterio in cielo scegliessero i vincitori delle lotterie. I
miei figli me li vedevo già super ingegneri e con borsa di studio, mia moglie
sempre giovane ed io al centro del mondo come realmente mi spettava.
Poi pensavo ai miei amici e conoscenti. Sì,
appena giunto devo pregare per loro. Per mia cugina che gli è sparito un figlio
di undici anni dalle mani senza accorgersene ed ancora oggi si chiede che cosa
se ne fanno in cielo di un ragazzetto così. Per una mia amica che a
quarant’anni con quattro figlie bellissime come la madre si ritrova punita,
senza essere mai stata colpevole, su una carrozzina ed io non posso andare a
trovarla perché mi sento un vigliacco fortunato. Per Paolo che un giorno
è stato scelto e il tempo si è fermato e tutti ci aspettiamo che riprenda e
visto che non succede mi angoscio non comprendendo perché lui, o perché.
Per quei due che tutto pensavano ma non che qualcuno andasse a dir loro: ecco
vi prendo un figlio di vent’anni! Come ci prendi un figlio di vent’anni?
Perché? Forse perché ne abbiamo altri due? Quando
arrivo davanti al piazzale potrei subito iniziare le mie preghiere se non mi
rendessi conto che in questo luogo un giorno tre pastorelli dialogarono,
pregarono, ricevettero confidenze dalla loro vera Madre e che noi abbiamo
chiamato segreti forse perché non siamo all’altezza di essere suoi figli. Tre
pastorelli… Mi guardo attorno e vedo il tassista
che da Oporto mi ha portato sin qui che mi guarda dicendomi: “Signore, qui
tutto si risolve, vada tranquillo, entri pure!”
Un prete spagnolo mi domanda: “que passa
fratello? Domandi pure tutto quello che vuole, la nostra Signora è anche nostra
Madre!”. Dovevo essere angosciato, ho ripetuto
quasi tutte le frasi che avevo letto da Sant’Antonio, avevo ricordato tutti i
miei amici sfortunati e ora mi sentivo pronto a chiedere per me.
“Ti prego non togliermi quello che ho…”.
Arrivo in albergo che era tardissimo,
agitatissimo ritiro i fax, i telex e gli appunti delle telefonate. Ho anche
paura, non sono tranquillo e penso alla macchina nuova, alla lotteria e a tutto
ciò che avevo desiderato avere in più e mi vergogno. Finalmente trovo il
bigliettino che aspettavo fra tutti gli altri.
“Dove sei stato? E’ tutta la sera che ti
cerchiamo! Sei stato nelle vecchie cantine a bere il porto? Non esagerare! Noi
stiamo tutti bene, ciao!” Ti ringrazio, nostra
Signora, perché fino ad oggi mi hai lasciato tutto quello che ho!
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