martedì 11 gennaio 2011

SPAZIO ROSA

LA FAMIGLIA CRESCE SE LUI SI METTE IL GREMBIULE
Le donne italiane hanno un numero medio di figli tra i più bassi al mondo, meno di un figlio e mezzo a testa. Quali sono le ragioni di questa bassissima fecondità? Se lo è chiesto Letizia Mencarini, professore associato in Demografia alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino che in un suo approfondito studio ha rilevato che una delle possibili spiegazioni è il basso livello di partecipazione degli uomini italiani alle attività domestiche e alla cura dei figli. La collaborazione degli uomini è solo marginale e dietro pressanti sollecitazioni delle estenuate compagne. Nelle nuove generazioni, però, comincia a vedersi qualche miglioramento, almeno per quanto riguarda la cura dei figli. Sempre più giovani si scoprono padri attenti e premurosi, cambiano pannolini, preparano biberon, si alzano di notte insonnoliti per accudirli. Per quanto riguarda le attività domestiche resiste ancora un certo maschilismo, sono “cose da donne”. I risultati di alcune ricerche rivelano che quando gli uomini sono attivi è più probabile che la famiglia cresca. Per molte donne, però, la presenza sia nel mercato del lavoro che nei compiti domestico-familiari si traduce in un pesante impegno proprio perché gli uomini italiani si sono adattati poco ai cambiamenti di vita delle loro partner. L’asimmetria dei compiti di genere che caratterizza le coppie e le famiglie italiane, resa ancora più pesante dalla scarsa disponibilità di servizi per l'infanzia - e non sempre si può contare su nonni tutto fare - è molto probabilmente il frutto di una mentalità che si trasforma con molta lentezza. In Europa c'è stato un aumento straordinario dei livelli d'istruzione femminile, tanto che le generazioni più giovani di donne hanno livelli medi più alti di quelli dei coetanei maschi. Un numero sempre più alto di giovani donne, istruite, non costruisce più la propria "identità" sociale solo attraverso il matrimonio e la famiglia, ma vuole anche lavorare, conquistare l'autonomia economica, ricoprire altri ruoli rispetto a quello di moglie e madre. A questa crescente eguaglianza fuori della famiglia, osserva la docente, non corrisponde però la stessa tendenza all'interno delle relazioni di coppia e delle famiglie. L'uguaglianza di genere non varca la "porta di casa", dove i ruoli restano imperniati alla tradizione. Proprio nei paesi dove le coppie sono rimaste più vicine al modello tradizionale dell'uomo - principale, se non unico, "percettore di reddito" - dove il lavoro femminile trova limitazioni dalla mancanza di servizi di supporto alla famiglia, e dove l'organizzazione sociale rende difficile combinare lavoro e famiglia, i livelli di fecondità sono colati a picco. In questi contesti, nelle coppie che non possono permettersi aiuti esterni familiari o a pagamento, se gli uomini non contribuiscono al lavoro di cura e domestico, le opportunità per le donne in campo lavorativo possono infatti essere severamente compromesse proprio dall'avere figli. E questo può spingere molte donne a ridurre il numero di figli o addirittura a rinunciare alla maternità.
Mariolina Sardo

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