martedì 14 giugno 2011

SANTU NOFRIU PILUSU...

Icona di Sant' Onofrio realizzata a Creta nel 1975 per Onofrio Sanicola
Pafnuzio, monaco in Egitto nel V secolo, desideroso di incontrare gli anacoreti del deserto, per conoscere la loro vita e la loro esperienza eremitica, di cui tanto si parlava in quel tempo e in quella zona, si inoltrò dunque nel deserto alla loro ricerca.
Dopo due tappe fatte in 21 giorni, sfinito si accasciò a terra; vide allora apparire una figura umana di terribile aspetto, ricoperta da capo a piedi solo dai lunghi capelli e da qualche foglia. Questo abbigliamento era solito negli anacoreti, che abituati a star soli e visti solo dagli angeli, alla fine facevano a meno di un indumento difficile a procurarsi o a sostituire lì nel deserto. Inizialmente spaventato, Pafnuzio cercò di scappare, ma la figura umana lo chiamò dicendogli di restare, allora egli capì di aver trovato chi cercava, era un anacoreta. Stabilitasi una fiducia reciproca, cominciarono le confidenze, l’eremita disse di chiamarsi Onofrio e stava nel deserto da 70 anni e di non aver mai più visto anima viva, si nutriva di erbe e si riposava nelle caverne; ma inizialmente non fu così, aveva vissuto in un monastero della Tebaide a Ermopolis, insieme ad un centinaio di monaci.
Ma desideroso di una vita più solitaria sull’esempio di s. Giovanni Battista e del profeta Elia, lasciò il monastero per dedicarsi alla vita eremitica; inoltratosi nella zona desertica con pochi viveri, dopo alcuni giorni incontrò in una grotta un altro eremita, cui chiese di iniziarlo a quella vita così particolare.
L’eremita l’accontentò e poi lo accompagnò in un posto che era un’oasi con palmizi, stette con lui trenta giorni e poi lo lasciò solo, ritornandosene alla sua caverna. Una volta l’anno l’eremita lo raggiungeva per fargli visita e confortarlo, ma in una di queste visite, appena arrivato si inchinò per salutare e si accasciò morendo; pieno di tristezza Onofrio lo seppellì in un luogo vicino al suo ritiro.
Onofrio poi racconta a Pafnuzio di come si adattava al cambio delle stagioni, di come resisteva alle intemperie e di come si sosteneva, un angelo provvedeva quotidianamente al suo nutrimento, lo stesso angelo la domenica gli portava la s. Comunione. Il miracolo dell’angelo fu visto pure da Pafnuzio che Onofrio condusse al suo eremo di Calidiomea, il luogo dei palmizi.  Continuarono le loro conversazioni spirituali finché il santo anacoreta disse: “Dio ti ha inviato qui perché tu dia al mio corpo conveniente sepoltura, poiché sono giunto alla fine della mia vita terrena”. Pafnuzio propose ad Onofrio di prendere il suo posto, ma l’eremita rispose che non era questa la volontà di Dio, egli doveva ritornare in Egitto e raccontare ciò di cui era stato testimone.
Dopo averlo benedetto si inginocchiò in preghiera e morì; Pafnuzio ricopertolo con parte della sua tunica, lo seppellì in un anfratto della roccia. Prima che egli partisse, una frana ridusse in rovina la caverna di Onofrio, abbattendo anche i palmizi, segno della volontà di Dio, che in quel posto nessun altro sarebbe vissuto come eremita.
La ‘Vita’ scritta da Pafnuzio, è nota anche in diverse recensioni orientali, greca, copta, armena, araba; essa ci presenta in effetti un elogio della vita monastica cenobitica e nel contempo, una presentazione dello stato di vita più perfetto: la solitudine nel deserto.
Indipendentemente dalla esistenza storica di Onofrio, la ‘Vita’ greca di Pafnuzio si conclude dicendo che il santo eremita, morì un 11 giugno, comunque s. Onofrio è celebrato il 12 giugno nei sinassari bizantini. Antonio, arcivescovo di Novgorod riferisce che ai suoi tempi (1200) la testa di Onofrio era conservata nella chiesa di S. Acindino.
Il suo culto e il suo ricordo fu esteso in tutti i Paesi dell’Asia Minore e in Egitto, tutti i calendari di queste regioni lo riportano chi al 10, chi all’11, chi al 12 giugno; in arabo è l’Abü Nufar, (l’erbivoro), qualifica che gli si adatta perfettamente.
L’immagine di s. Onofrio anacoreta nudo, ricoperto dei soli capelli, fu oggetto della rappresentazione figurata nell’arte, in tutti i secoli, arricchita dei tanti particolari narrati, il perizoma di foglie, il cammello, il teschio, la croce, l’ostia con il calice, l’angelo.

Il nome Onofrio è di origine egizio e significa ‘che è sempre felice’. In Egitto era un appellativo di Osiride.  


Cartiglio di Nefertiti da cui deriva il nome Onofrio-exlibris


Icona greca del 1700 acquistata in grecia a Monastiraki nel 1973

2 commenti:

  1. Nota
    Avevamo a Marineo nella nostra chiesa madre una statua di Sant’Onofrio spostata di nicchia più volte. I bambini passavamo davanti con timore (tipo l’uomo nero o il lupo cattivo) le donne vi si recavano quando avevano perso qualcosa sperando di ritrovarla recitavano versi o forse cercavano di recuperare l’amore o chissa perché. La statua io la vidi sul sottotetto della chiesa e poi si persero le tracce. Chi asserisce di averla vista al papireto a Palermo. Forse bisognerà far indagare l’attualissimo commissario Marineo…Chi ne avesse notizie è pregato di collaborare. Non solo sulla statua ma anche su tutto ciò che riguarda questo santo.
    Da parte mia suggerisco , a chi andasse a Roma, di visitare la sua Chiesa sul Gianicolo e magari prendere il fresco sotto il cosiddetto albero del “Tasso”- Dove il grande maestro sognava e verseggiava di una Gerusalemme sempre liberata,conquistata, persa e recuperata. Al caso , se vi interessa, si possono ammirare gli affreschi a Sant’Onofrio dedicati. Anche al castello di Praga esiste una piccola reliquia di Sant’Onofrio in mezzo a tantissime altre-

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  2. Mi sembra ( se non ricordo male) che la statua fosse di cartapesta, quindi ritengo che sia andata distrutta (quando, tanto tempo fa) la vidi nel sottotetto era in pessime condizioni. Comunque, la statua faceva parte delle "caratteristiche" della madrice ed incuriosiva-intimoriva.
    Non ci resta che recitare: "Santu Nofriu pilusu, chi nun aviti nè tana nè purtusu, facitmi truvari cos'haju pirdutu!".
    Complimenti per il tuo far memoria, oggi tanto necessario: ogni perdita di memoria danneggia il futuro. Giovanni

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