sabato 1 agosto 2015

ACQUAVERDE 3





IL RACCONTO DELLA DOMENICA

ACQUA VERDE 3

Di Giuseppe Salvatore Pomara



Nota dell’Autore

       
   Senza la caparbietà di Marian Selàm questa storia non avrebbe visto la luce. Il manoscritto che Pepo le aveva spedito, infatti, era andato perduto assieme a tutto quello che possedeva nell’incendio appiccato dai fondamentalisti islamici, che aveva distrutto l’ospedale dove lavorava e da dove era stata costretta a fuggire. Fortunatamente, avendolo letto molte volte, aveva tutto nella mente. Ho attinto da lì per scrivere questa storia.     Avevo incontrato Marian un paio di volte in casa di Pepo, ma ho avuto modo di conoscere e apprezzare le sue doti umane e scientifiche nei mesi che ho passato con lei in Africa. «Ho estremo bisogno di un chirurgo» mi disse per telefono. Io non avevo più impegni ospedalieri, perciò partii. Non la vedevo da alcuni anni; e quando la vidi all’aeroporto, fui felice di costatare che era in gran forma nonostante le sofferenze e le privazioni. Era come se il tempo non fosse passato per lei.
Dopo avermi abbracciato, Marian mi ricordò la ragione che l’aveva portata in Italia.
«Non l’ho dimenticato» risposi. «Spero solo di esserne capace». «Lo sarai, cento per cento. Nessuno lo conosceva meglio di te». Sono stato amico di Pepo Ginestra; siamo nati lo stesso anno e nello stesso paese; abbiamo frequentato le stesse scuole e giocato nelle medesime strade; abbiamo diviso i sogni e siamo stati entrambi emigranti; ci siamo ritrovati all’Università, iscritti alla stessa facoltà.  Abbiamo esercitato la stessa professione per quasi quarant’anni e siamo stati amici tutta la vita. Pertanto, non dico il falso se affermo che questa storia è in fondo anche la mia. Marian ha voluto che fossi io a ricostruirla; ma senza il suo aiuto, sarebbe stato impossibile, giacché il solo manoscritto esistente era in ciò che lei ricordava.   «Sarebbe bello se la storia fosse conosciuta» mi disse. «Sono d’accordo con te» le risposi, «ma poiché non sono uno scrittore e non ho le qualità di Pepo, l’impresa nella quale sto per impelagarmi potrebbe alla fine rivelarsi impossibile».  Lei insistette ed io mi sono lasciato convincere. Pertanto mi auguro, lettore (se mai ce ne sarà uno), che tu possa chiudere non uno ma entrambi gli occhi sullo stile, la sintassi e la lingua; e possa concentrarti solamente sulle tante storie raccontate nel libro. Sono sicuro che ti faranno dimenticare le pecche della scrittura, che sono soltanto mie.

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