In questa estate caldissima
non molliamo l’attenzione verso i più piccoli. Leggiamogli una storia una
favola, un racconto. Quello che li colpirà più di tutto sono le storie vere, le
storie personali di famiglia. Forse a noi sembreranno banali, ma loro ci
guardano come “eroi” del loro mondo.
Me la sono trovata davanti all’improvviso. Mani ai fianchi,
aspetto fiero, testa altera voce ferma e decisa. Quando una marinese prende
questo atteggiamento c’è poco da fare e da dire. Cerco di calmarla. Signora Geltrude
ragioniamo. Non si alteri ne possiamo discutere … Fu irremovibile. “Io da qui
non mi muovo …” e installatasi comodamente accudì alle sue faccende. Ora ditemi
voi se è possibile “scacciare” una partoriente (gestante), sarebbe stato uno
sfratto inumano appunto ! Era sdraiata quasi spaparazzata e sembrava più grossa
e grande di quanto in realtà lo fosse. Aspettò che mi allontanassi un po’ per
elencare una serie di j’accuse che più che un avvocato sembrava un pugile. “Caro
signore un tempo qui era pieno di boschi e noi ci vivevamo liberi e tranquilli.
Nessuno si permetteva di allontanarci, nessuno ci scacciava, nessuno ci
disprezzava. Ho lavorato per decenni a portare la posta da un posto a l’altro
puntuale, precisi, senza ritardi. Abbiamo lasciato tracce persino nella vostra
storia locale. Si là sotto a Risalaimi, sotto il Castello ci venne affidato il
messaggio da portare al Sultano a Palermo della vittoria di Re Ruggero sugli
arabi “inseguiti fin sotto i mulini di Marineo…”. Ancora oggi se Lei va in Via
Messine Marine trova addirittura un quartiere abitato da noi dopo più di mille
anni. E che dire di Piazza del Duomo a Milano e di Piazza San Marco a Venezia ?
Forse anche Lei si è fatta la foto con noi … E quindi è logico che ogni tanto
torniamo in questo luogo che ci diede fama e dove eravamo considerati “alla
pari”. Ora lei mi scaccia dimenticando tutto il passato. Non avevo altri
argomenti perché mi aveva già elencato le progressive devastazioni dell’uomo
sulla natura, l’ambiente, il creato. Mancava poco che fossi definito “distruttore
del creato”.
Un insolito rumore mi sveglia con quel suono che una
volto era della radio quando la mattina dava il segnale orario. Fu l’insistenza
a spingermi ad andare in balcone e credetemi vorrei essere capace di
descrivervi la scena e quindi mi scuserete se non ne sono all’altezza. In quel
grande vaso dove sta “l’altro nespolo” (il figlio di quello emigrato prima a
Milano e poi a Ravenna) erano proprio li
tutti e tre. Altro che bocca aperta! Loro sì che ce l’avevamo perché reclamavano
un diritto sacrosanto di tutti i viventi: essere sfamati. Bocche rosse che
sembravano forni da pizza, e lei la Signora Geltrude che dava cibo prima ad uno
e poi all’altro. Due piccolissimi appena nati, ancora quasi senza piumaggio, ma
con tantissima sete e fame. Ora sono li e sono passate poche ore ma la Geltrude
ha già fatto una dozzina di viaggi portando da mangiare ai suoi due piccoli. Ho
sistemato una piccola ciotola, ho messo un cartone affinché il sole non
esagerasse con il suo calore, ho sparso alcune briciole di pane e mi sono messo
di guardia.
Ora sto cercando due fiocchetti da mettere nel vaso e
anche due nomi appena la Geltrude ci farà sapere il loro genere.
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