martedì 18 agosto 2015

Santu Ciru di Mariné



La tentazione (foto di P.T. anni 70)
Fermarsi un attimo a contemplare, in questo scorcio d'estate, per le strade di Marineo il variopinto spettacolo della Dimostranza potrebbe far vacillare il nostro innato senso del tempo e dello spazio.
Lo "scintillare d'elmi, lo sfavillare di corazze e lo svolazzare di variopinte piume", quasi ci turba, disarma, sconvolge per la bellezza e l'energia che da ogni dove sprigiona l'entusiasmo di attoniti spettatori che gioiscono e languono, sorridono e piangono seguendo da transenne e balconi l'umano cammino di Ciro tra le traversie terrene che lo videro per le vie di Alessandria Medico, Eremita e Martire. Sono secoli che tutto ciò ritorna. Nonostante problemi, imprevisti e strutturali mancanze di risorse. Gli arditi paesani perpetuano il ricordo di un Santo lontano nel tempo e pure mediorientale, la cui vita narrando, eleggono figlio di terra marinese, fratello di sangue e sudore, compagno di strada sapiente e consolatore, in poche parole Protettore delle nostre esistenze.
C'è pure dell'altro, c'è il teatro ed il dramma, vocazione naturale dei marinesi, da sempre impegnati tra finzione e realtà a rivivere col racconto i segni del passato e presente; da sempre avvezzi all'interpretazione dell’altrui miseria e ricchezza e ben lieti dunque di vestire i panni del Santo o dei suoi aguzzini, dell'imperatore o degli armigeri, e, pur d'esserci, anche dell'ultima comparsa del gioco, ma presenti e pronti a dire: c'ero anch'io. E sorprende, questa sfida, gli estranei, coloro che giunti da terre vicine e lontane odono con fremito lo scalpitio di cavalli, lo schioccare di fruste, i canti e preghiere di fanciulli a schiera vestiti di raso  che inneggiano alla sapienza, alla gloria, alla santità. Qualità d'altri tempi, e per questo più attraenti, avvincenti e intriganti, con cui misurarsi fino allo stremo, vestendo noi stessi i panni di quei personaggi, calandosi dentro, da apprendisti, da profani, al mestiere di narrare e rappresentare; sicuramente motivati, convinti che quello che si recita è in fondo la VITA. Ciro l'eroe che a tono risponde a giudici ed imperatori incarna la nostra segreta aspirazione di elevare noi stessi alla grandezza di coloro che ci opprimono, di beffeggiare, quasi, il potere costituito nel nome di una dignità che solo la Fede diede al nostro Santo. Ambizione  che viene a noi negata diuturnamente nel quotidiano vivere. Per questo l’ardore- rapimento ci prende quando nelle piazze risuona l’eco declamatorio del sillabare quei versi, di muoversi in scena inciampando in chi osserva e, spesso, interviene dicendo la propria, generando le risa o lo stizzito rimprovero.
Metafora di quella coralità che nel nostro borgo tutto coinvolge, che fa di ogni segreto nascosto sapere di tutti, la Dimostranza continua, si perpetua e pare scontato che finché la Rocca, madre sapiente, riparerà il groviglio di pietra, cemento e varia umanità, da apocalissi future, rivivremo sempre festanti, plaudenti e orgogliosi l’antico gioco che ci porta, itineranti, a narrare  le glorie terrene di Santu Ciru di Mariné.
Nino Di Sclafani

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