Diverse coincidenze ci hanno
fatto riprendere in mano il libro del Gattopardo
di Giuseppe Tomasi di Lampedusa ma quella più clamorosa fu la notizia sulla
salute dell’attore francese Alain Delon. La nostra generazione si innamorava di
questo bel attore francese che interpretava brillantemente il giovane siciliano
Tancredi nella famosa versione cinematografica
di Luchino Visconti. Lo vedevamo sullo schermo fiero, con gli occhi
sorridenti velati da una leggera ironia ma pieni di vita. Ora il Giornale di
Sicilia ha pubblicato una delle foto della sua foto-galleria
dedicata all’attore che pare sia la più cliccata in questo periodo. Vediamo un
Alain Delon sempre bello ma serio con gli occhi quasi tristi. Gli auguriamo
quindi pronta guarigione e tanta voglia di
vivere e di combattere con i suoi acciacchi, l’arte di cui sono maestri
tanti nostri amici settantenni.
E’ sempre bello rileggere un
buon romanzo perché ti offre delle nuove scoperte. Questa volta ci “aiuta” la
prefazione di Luois Aragon, lo scrittore
francese impegnato nel Partito Comunista Francese che fu invitato a scrivere la
prefazione della traduzione del libro in ceco, uscita nel 1968. All’inizio
descrive come è stata accettata la traduzione francese: grande successo dai
lettori ma da parte della critica letteraria quasi rifiutato con il giudizio di
un romanzo che segue i vecchi canoni letterari, che ignora le tecniche moderne
della “nouvelle vague”, che descrive la Sicilia solo dal punto di visita di una classe
sociale in declino, gli aristocratici, e
non la vera vita del popolo italiano. In breve non è una “letteratura
impegnata”.
Aragon forma la sua opinione autonomamente, non segue
i suoi colleghi di sinistra che per principio rifiutano la filosofia
“siciliana” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un nobile, che quindi deve
denotare il declino se no persino degrado del pensiero critico solo perché
appartiene alla classe sociale condannata a perdere i suoi privilegi, e quindi
non più autorevole. Scrive: “Gattopardo
è qualcosa di più che un libro bellissimo, è uno dei più grandi romanzi di
questo secolo.”
Poi però procede guardando il
testo letterario con una lente d’ingrandimento prestata da Carlo Marx (il
procedimento usuale ai critici marxisti) quando dice: “No, non pensate che io
voglia vedere in Giuseppe Tomasi ‘un marxista’! Però non vi sembra strano che
desiderava che noi pensassimo che il suo avo poteva conoscere nel novembre 1860 Carlo Marx?”
Non è nostra intenzione di fare
una ‘nostra’ critica letteraria di un capolavoro della letteratura italiana
tanto meno approfondire la filosofia del suo autore. Vogliamo soffermarci solo
su alcune curiosità o coincidenze che ci hanno colpito. La prima è la minuziosa
descrizione della tavola nella villa Salina pronta per la cena dove accanto
all’argenteria troviamo i calici in cristallo di Boemia con le iniziali F.D.
(Ferdinandus dedit) perché regalo dello stesso Re. Se procediamo nella lettura
troviamo le lettere sui calici sbiadite come simbolo di tutto ciò che
riguardava la monarchia e la nobiltà. Ci
piace pensare che per noi il cristallo di Boemia ha conservato il suo fascino anche con le sue forme e disegni
moderni.
La seconda coincidenza riguarda
Marineo. Don Fabrizio, con tutta la famiglia, si sta trasferendo nella sua
villa a Donnafugata e per raggiungerla da Palermo ci mette tre giorni. “La
prima notte, passata a Marineo, dall’amico notaio, era ancora sopportabile” ma
man mano che la strada sale, la comodità scompare e don Fabrizio paragona la
propria vita a questo brutto viaggio. All’inizio (quindi anche a Marineo) ha
avuto piacevoli risvolti per procedere con molte più difficoltà in montagna e
incontrare i pericoli che gli causano la disperazione. Qui ci permettete una licenza che non c’entra con l’immagine dell’autore del
Gattopardo: per noi Marineo ci
accompagna durante tutto il viaggio della nostra vita a due ed è rimasta
quell’angolo della Sicilia che ci porta allegria, amicizia e simpatia molto
lontane dalla disperazione. Sarà forse un po’ anche perché per noi rappresenta
vacanza e festa d’estate, la fatica quotidiana, la lasciamo a Milano.
La nostra riflessione sul Gattopardo ci ha portato lontano nel
tempo e nello spazio e non abbiamo qui menzionato gli spunti essenziali che lo
compongono: come i cambiamenti radicali lì descritti che portarono alla stessa situazione di prima
e come la speranza che ‘dopo’ : “governeranno solo le persone oneste e capaci”
è stata delusa. “Dopo sarà tutto uguale anche se tutto cambierà” prevede don
Fabrizio. Sviluppare questi pensieri ci
porterebbe ancora più lontano. Accontentiamoci delle piccole coincidenze di una
lettura vacanziera.
08.08.2014
Růžena Růžičková
Aggiungere qualcosa è quasi
blasfemo. Mi ricordo quando alla fine degli anni sessanta giunsi a Praga
conobbi Hana Kvasnickova che stava preparando la tesi sul Gattopardo (1968) e
per una ceca conoscere un siciliano con cui potersi confrontare lo ritenne una
fortuna. Gli regalai l’edizione feltrinelliana in italiano e qualche altra
pubblicazione e mi fece leggere la sua tesi. Ammetto che dal punto di vista critico
non le fui molto utile, ma disse gli servi molto a capire i siciliani. Fu
allora che iniziai le ricerche a cosa poteva legare la Sicilia alla Boemia e
iniziai con la parola tri (3) che si scrive e legge e pronunzia allo stesso
modo. Poi la „Bolla d’Oro“ di Federico II, poi la marchesa nobildonna sicilana
dama di corte dij, madre di Santa Zdislava protettrice dei domenicani boemi
(1200) e la presenza della Skoda alla
Targa Florio ecc.ecc. per finire alle gocce dei lampadari delle nostre case
rigorosamente di Boemia, per non dimenticare i confronti fra Federico II con
Carlo IV nel 700 anniversario in preparazione, Imperatore incoronato a Roma che
bazzicava fra Petrarca e Cola di Rienzo, che ci sta per far ripetere
l’esperienza che abbiamo vissuto con la produzione del film sui santi Cirillo e
Metodio.
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