lunedì 11 agosto 2014

GEPARD



Diverse coincidenze ci hanno fatto riprendere in mano il libro del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa ma quella più clamorosa fu la notizia sulla salute dell’attore francese Alain Delon. La nostra generazione si innamorava di questo bel attore francese che interpretava brillantemente il giovane siciliano Tancredi nella famosa versione cinematografica  di Luchino Visconti. Lo vedevamo sullo schermo fiero, con gli occhi sorridenti velati da una leggera ironia ma pieni di vita. Ora il Giornale di Sicilia ha pubblicato una delle foto della sua foto-galleria dedicata all’attore che pare sia la più cliccata in questo periodo. Vediamo un Alain Delon sempre bello ma serio con gli occhi quasi tristi. Gli auguriamo quindi pronta guarigione e tanta voglia di  vivere e di combattere con i suoi acciacchi, l’arte di cui sono maestri tanti nostri amici settantenni.
E’ sempre bello rileggere un buon romanzo perché ti offre delle nuove scoperte. Questa volta ci “aiuta” la prefazione di Luois Aragon, lo  scrittore francese impegnato nel Partito Comunista Francese che fu invitato a scrivere la prefazione della traduzione del libro in ceco, uscita nel 1968. All’inizio descrive come è stata accettata la traduzione francese: grande successo dai lettori ma da parte della critica letteraria quasi rifiutato con il giudizio di un romanzo che segue i vecchi canoni letterari, che ignora le tecniche moderne della “nouvelle vague”, che descrive la Sicilia solo dal punto di visita di una classe sociale in declino, gli aristocratici,  e non la vera vita del popolo italiano. In breve non è una “letteratura impegnata”.
 Aragon  forma la sua opinione autonomamente, non segue i suoi colleghi di sinistra che per principio rifiutano la filosofia “siciliana” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un nobile, che quindi deve denotare il declino se no persino degrado del pensiero critico solo perché appartiene alla classe sociale condannata a perdere i suoi privilegi, e quindi non più autorevole. Scrive: “Gattopardo è qualcosa di più che un libro bellissimo, è uno dei più grandi romanzi di questo  secolo.”
Poi però procede guardando il testo letterario con una lente d’ingrandimento prestata da Carlo Marx (il procedimento usuale ai critici marxisti) quando dice: “No, non pensate che io voglia vedere in Giuseppe Tomasi ‘un marxista’! Però non vi sembra strano che desiderava che noi pensassimo che il suo avo poteva conoscere nel  novembre 1860 Carlo Marx?” 
Non è nostra intenzione di fare una ‘nostra’ critica letteraria di un capolavoro della letteratura italiana tanto meno approfondire la filosofia del suo autore. Vogliamo soffermarci solo su alcune curiosità o coincidenze che ci hanno colpito. La prima è la minuziosa descrizione della tavola nella villa Salina pronta per la cena dove accanto all’argenteria troviamo i calici in cristallo di Boemia con le iniziali F.D. (Ferdinandus dedit) perché regalo dello stesso Re. Se procediamo nella lettura troviamo le lettere sui calici sbiadite come simbolo di tutto ciò che riguardava la monarchia e la nobiltà.  Ci piace pensare che per noi il cristallo di Boemia ha conservato il  suo fascino anche con le sue forme e disegni moderni.
La seconda coincidenza riguarda Marineo. Don Fabrizio, con tutta la famiglia, si sta trasferendo nella sua villa a Donnafugata e per raggiungerla da Palermo ci mette tre giorni. “La prima notte, passata a Marineo, dall’amico notaio, era ancora sopportabile” ma man mano che la strada sale, la comodità scompare e don Fabrizio paragona la propria vita a questo brutto viaggio. All’inizio (quindi anche a Marineo) ha avuto piacevoli risvolti per procedere con molte più difficoltà in montagna e incontrare i pericoli che gli causano la disperazione.  Qui ci permettete una licenza  che non c’entra con l’immagine dell’autore del Gattopardo: per noi Marineo ci accompagna durante tutto il viaggio della nostra vita a due ed è rimasta quell’angolo della Sicilia che ci porta allegria, amicizia e simpatia molto lontane dalla disperazione. Sarà forse un po’ anche perché per noi rappresenta vacanza e festa d’estate, la fatica quotidiana, la lasciamo a Milano.
La nostra riflessione sul Gattopardo ci ha portato lontano nel tempo e nello spazio e non abbiamo qui menzionato gli spunti essenziali che lo compongono: come i cambiamenti radicali lì descritti  che portarono alla stessa situazione di prima e come la speranza che ‘dopo’ : “governeranno solo le persone oneste e capaci” è stata delusa. “Dopo sarà tutto uguale anche se tutto cambierà” prevede don Fabrizio.  Sviluppare questi pensieri ci porterebbe ancora più lontano. Accontentiamoci delle piccole coincidenze di una lettura vacanziera.

08.08.2014                     Růžena Růžičková

Aggiungere qualcosa è quasi blasfemo. Mi ricordo quando alla fine degli anni sessanta giunsi a Praga conobbi Hana Kvasnickova che stava preparando la tesi sul Gattopardo (1968) e per una ceca conoscere un siciliano con cui potersi confrontare lo ritenne una fortuna. Gli regalai l’edizione feltrinelliana in italiano e qualche altra pubblicazione e mi fece leggere la sua tesi. Ammetto che dal punto di vista critico non le fui molto utile, ma disse gli servi molto a capire i siciliani. Fu allora che iniziai le ricerche a cosa poteva legare la Sicilia alla Boemia e iniziai con la parola tri (3) che si scrive e legge e pronunzia allo stesso modo. Poi la „Bolla d’Oro“ di Federico II, poi la marchesa nobildonna sicilana dama di corte dij, madre di Santa Zdislava protettrice dei domenicani boemi (1200)  e la presenza della Skoda alla Targa Florio ecc.ecc. per finire alle gocce dei lampadari delle nostre case rigorosamente di Boemia, per non dimenticare i confronti fra Federico II con Carlo IV nel 700 anniversario in preparazione, Imperatore incoronato a Roma che bazzicava fra Petrarca e Cola di Rienzo, che ci sta per far ripetere l’esperienza che abbiamo vissuto con la produzione del film sui santi Cirillo e Metodio.

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