Questo articolo è stato pubblicato sul nostro blog nel 2011.
Era un modo come dire...Buon Natale a tutti !
Ripubblicarlo conferma la motivazione.
Mi alzo di buon
mattino anche se sono stanco, come tutti quelli che in questi giorni prefestivi
hanno mille cose da fare. Fischietto anche. Il cielo è chiarissimo e dal mio
balcone si vedono le Prealpi bergamasche e il bianco della neve fa sembrare la
città pulitissima. Mi sento orgoglioso di vivere a Milano e di colpo sono
spariti sporcizia e disordine, caos di traffico, gente che corre
affannosamente, ingorghi, urla, strombazzamenti e code. Mi vesto e prendo il
caffè in terrazzo in mezzo alla neve nella tazza delle grandi occasioni. Beh,
bisogna provare certe sensazioni. E come il pittore che finita la sua opera
cancella e ripulisce il suo quadro: alla fine ti sembra senza difetti. Cosi a
guardarla Milano è veramente perfetta. Scendo e subito incontro il signor
Andrea che a fatica cerca di alzare la serranda del suo negozio. Mi sento in
forma e con una spinta è su e il signor Andrea mi saluta ringraziandomi.
All’angolo di via Boschovick incontro la vecchia fioraia che cerca di
attraversare e a vederla immobile sul ciglio della strada mi sembra una statua.
In un attimo sono da lei. Calmo le macchine che arrivano e, presa sottobraccio
la fioraia, l’accompagno all’altro lato mentre il barista all’angolo mi chiede
se ho cambiato morosa. Sto per proseguire e vedo lo stesso barista che armeggia
con interruttori e spine per cercare un guasto al suo impianto elettrico. In
due si fa prima e cosi dopo cinque minuti posso proseguire per la mia strada
salutando il barista che per ringraziarmi mi offre un altro caffè. Ogni tanto
incontro qualcuno che mi saluta e vuole scambiare gli auguri. Qualcuno scivola,
un altro spala la neve, un altro butta sale. Saverio davanti alla sua pizzeria
è alle prese con una gomma bucata. Di lì a poco la gomma è cambiata e lui
prosegue mentre io cerco di lavarmi le mani con la neve. Arrivo finalmente alla
mia macchina parcheggiata per strada nell’unico posto che sono riuscito a
trovare l’altra sera. Incomincio a togliere la neve da sopra, ai lati, dalle
gomme, dai vetri. Infine riesco ad entrare e metto in moto subito. Faccio per
partire e guardando il retrovisore noto nel sedile posteriore un fagotto, quasi
un saccone. Per un momento rifletto su cosa ho lasciato incoscientemente sulla
macchina per tutta la notte. Ma ad un tratto il saccone si muove lentamente e
una mano spunta da sotto. Poi una seconda, poi si sente un sospirone ed io
sbianco per timore ed incredulità. Esco dalla macchina, guardo il tipo, il
colore, la targa e il solito graffio sul lato destro. Rientro e il mio ospite
intanto si è seduto e sta cercando di sistemarsi un po’. “Buon giorno…” Dico
coraggiosamente. “Buon Natale…” mi risponde conciliante. Mi spiega che non era
facile trovare “alloggio” la notte quando nevica tanto e all’improvviso, e
siccome la macchina era aperta gli sembrava un invito. ”Poi sa… ho visto la
foto…bella famiglia, complimenti. Mi sono detto che uno come lei non avrebbe
rifiutato ospitalità”. Anch’io mi sentirei rassicurato nel vedere bambini che
sorridono in braccio a genitori felici. Non aveva sporcato più di tanto e
raccolte le sue cose velocemente ci troviamo al bar a fare nuovamente
colazione. ”Stavo andando da Fratel’ Ettore, ma ieri avevo esagerato e mi
vergognavo un po’… e poi ancora un metro e sarei crollato… per fortuna lei ha
lasciato la macchina aperta…”. Una volta li chiamavano barboni, ora li chiamano
in tanti modi, io per istinto l’ho chiamato fratello. Lui mi ha sorriso ed ha
accettato l’invito a cena per la sera. “ Sarà di magro, sa è vigilia…” dico. In
ufficio ci si scambia auguri e complimenti. Gira qualche pacchettino con
fiocchetti sempre più originali. Qualcuno mi ricorda che la sua famiglia è
aumentata e che a Natale un aumento di stipendio non si può rifiutare. Stavo
per proporglielo io ma è stato meglio così: non sarebbe stato un gesto sincero
altrimenti. Al pomeriggio mi ricordo che la Silvia mi aveva detto dove trovare
pane azzimo ed erbe amare. Così tutti tirati a lucido ci troviamo attorno al
presepe insieme ad un ospite imprevisto che tutti accettano come fratello.
Riesco a portarlo anche alla messa di mezzanotte, che segue con grande
attenzione. Poi sparisce nella chiesa piena ed io lo cerco inutilmente con gli
occhi. Infine mi rassegno perché ho capito e i miei occhi sono lucidi, la mia
gola ha un nodo e la mia coscienza è leggera leggera. ..
Un urlo tremendo mi
sveglia. A fatica apro gli occhi tiro su la tapparella e vedo Milano
bianchissima. Grido come un matto contro chi usa simili torture come sveglia.
In un attimo sembra che in casa sia entrato un tornado. “Papà in macchina c’è
un barbone puzzolente… è uno schifo, tu lasci la macchina sempre aperta…”.
Barcollo mi gira la testa… “Oggi cosa è…?” chiedo ansioso …“Il 24 dicembre, la
vigilia e tu stai dormendo come un fannullone.” “No non è possibile… ieri sera
abbiamo fatto la cena e poi la messa… e poi…” ripeto continuamente. ”Papi cosa
hai bevuto ieri sera in cantina ? Oggi è la vigilia il 24, e tu non capisci che
dentro la macchina c’è un barbone che puzza di immondizia…” gridano in coro. Mi
precipito per le scale chiedendomi se è stato tutto un sogno. Il signor Andrea
mi chiede gentilmente di dargli una mano con la serranda ma non capisce che
debbo correre alla mia macchina. Urto violentemente una vecchietta che mando
quasi per terra mentre voleva attraversare la strada. Il barista mi sgrida
dandomi del maleducato. Saverio mi fa cenno di avvicinarmi ma gli sono debitore
di almeno un mese di pizze arretrate e passo lontano. Arrivo trafelato in
macchina: è vuota ma si sente uno strano odore di marcio. Impreco contro la mia
sbadataggine e già in ufficio aggredisco il primo che incontro. Inizia un via
vai di telefonate sulla spesa da fare. Branzino, gamberoni, pasta all’ uovo,
Cesarini Sforza come aperitivo, vini bianchi di Sicilia, San Daniele, capesante
e vol au vent, tartufi e salmone, tartine e infine uva brasiliana e
meloni di Algeria. A mezzanotte non andrò a messa. Ho la testa piena di
bollicine. Piero, Walter, Giovanni e famiglie andranno, io resto solo a casa
davanti al camino a riguardare i regali che ci siamo scambiati prima della
cena. Adesso mi viene in mente il sogno. Ripercorro le varie fasi e mi sento
ghiacciare le vene, mi metto un mantello e scendo. La neve non è più la stessa,
sembra fango e il colore rispecchia sia il mio animo che la mia coscienza.
Scivolo e finisco in un mare di fango nero. Mi concio in un modo
impresentabile. Mi avvio alla stazione e passo sotto gli archi, cerco quello
giusto, entro e mi trovo due tavolate piene di gente. Qualcuno allunga gli
occhi e mi scruta. Anche io cerco qualcuno e li guardo uno per uno. Fratel’
Ettore mi si avvicina e chiede chi cerco invitandomi ad entrare. “Ehi tu! Hai
perso tuo fratello?” mi grida uno. Era proprio lui, quello del sogno … mi siedo
vicino a lui in silenzio. “ Resta qui con noi ! Mettiti in ordine ! Ora ti passo
una fetta di panettone. Sai la prima volta ci si sente male, poi ci si abitua.
Conosco il prete e ti farò dare una buona cuccetta. Dai, mangia e non piangere,
tanto qui o altrove rimani sempre un disgraziato e se lo capisci riesci a
sopravvivere” mi sussurra benevolmente. Non sono tornato a casa quella sera e
la mattina presto accettai il caffè da quel mio fratello. Lo abbiamo bevuto in
due bicchieri di plastica con i piedi sulla neve bianchissima e immacolata.
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