In effetti un tentativo di ritorno indietro nel tempo
stava avvenendo: per iniziativa dell’instancabile Totuccio Pulizzotto si svolgeva un incontro tra alcuni “ballerini”
marinesi ed i componenti di una associazione palermitana che si interessa
attivamente – e con successo – al recupero ed alla riproposizione degli antichi
balli tradizionali siciliani. Non è nuovo Salvatore Pulizzotto ad aspitare nel suo ristorante amarcord del genere.Giovanni Trentacosti e Giuseppe Zuccaro eseguivano
alla pianola la sciutissa, lu lannisi, la
porcaellannisi e lu pantaluni e
l’abballarini locali mostravano agli ospiti il modo di ballare “a la marinisi”; poi i due gruppi si
fondevano e di fatto la serata si trasformava in una mini festa da ballo del
tempo che fù. Insomma una improvvisata fra appassionati ritrovatisi a discutere sullo stesso tema.
Marineo nel passato fu uno dei paesi più attivi e
vivaci nel campo del ballo popolare: nei giorni del carnevale grandi veglioni
pubblici si sommavano alle decine e decine di “soni” nelle case private: si ballava con entusiasmo e soddisfazione
dalla sera all’alba del giorno successivo!
Il fatto è che il ballo rivestiva importanza sociale
notevolissima: era una delle poche occasioni – forse l’unica – per avvicinare
le ipotetiche fidanzate e tentare di lanciare la fatidica “dichiarazione”. Così
non ci si poteva stupire se negli anni’30, ’40 e ’50 del secolo scorso ,
contadini, operai, schiffarati,
frequentavano le famose scoli d’abballu,
tenute da suonatori di chitarra, mandolino ed organetto: ovviamente si ballava
solo tra uomini…ma cu nu sapìa abballari,era
svantaggiato nel fàrisi zitu!
Oltre a questo, il ballo era svago, divertimento,
abilità, valvola di sfogo alla routine giornaliera, nonché importante occasione
di socializzazione.
Ecco perché lunedì sera, tra un ballo e l’altro, tra
marinesi e gruppo palermitano è nato un feeling che ha prodotto l’intenzione di
riincontrarsi , approfondire le modalità esecutive dei balli marinesi ed al tempo stesso riesaminare i significati
“nascosti” che attraverso il ballo la comunità marinese metteva in scena.
A Simona, Antonella, Chiara - le anime del gruppo
palermitano- ed a tutti gli altri partecipanti, un arrivederci a presto:
Salvatore garantisce!
Franco Vitali
Quando ho visto le fotografie sono rimasto allibito e
chiesi subito che il nostro maggiore studioso di tradizioni mi facesse due
righe. Vidi prima le foto e poi mi giunse l’articolo. Ormai pochi ricordano
quando si ballava dal “barbiere” e pochi ricordano “veglioni” e saloni da
ballo. A tale proposito vorrei aggiungere un paio di testimonianze. La prima è
che proprio in quel salone delle conferenze di oggi, si tenevano i veglioni.
Alcuni organizzati dall’allora Sindaco Fragale che ne deteneva il possesso per
via dell’ammasso del grano. Scoprii allora “i servizi igienici” che usavano al
tempo… (andate a vederli se fate ancora in tempo). Poi mi ricordai dei balli,
come meglio descrive il Vitali, ad hoc per aiutare le “zitelle”. E fu questo
che mi colpi nel vedere le foto ! Il rispolverare metodi antichi per dare un
aiutino … E aggiungo anche un altro dettaglio a beneficio del Vitali . Negli
anni settanta quando diveniva raro ballare la Contradanza feci una ricerca e
trovai il testo originale della “chiamata” (La Contradanza siciliana in tre
versioni) sulla rivista Lares degli anni ’50 e non ricordo se la diedi a Pippo
Cangialosi (grande gridatore della contradanza) o a Giosi Muratore. Infine l’ultimo
ricordo che mi è prezioso. Alla fine degli anni cinquanta viaggiavamo tutti a
pizzini e “dialogare” con una ragazza era pressocchè impossibile. Figurarsi
andarci a ballare. Il ballo avveniva sempre a casa di qualcuna “rispettabile”.
Ma noi giovani smaniavamo … e cosi il Bivona , io , il Guastella, Giovanni Perrone e pochi altri
ci inventammo un “pomeriggio danzante” in un locale vuoto della parallela del
Corso. Appuntamento alle ore 17, Alle ore diciotto noi “brillantinati”
sciacquati e sgrassati eravamo già in posizione. Alle 19 ci siamo guardati
in faccia mentre nella via passeggiavano già “i padri dei marinesi a matula”
inneggiando alla nostra sconfitta. Decidemmo di dividerci e cosi andammo casa per
casa dalle ragazze dicendo che già tutte le ragazze erano al ballo tranne lei ,
ed elencavamo i nomi delle ragazze. Al che le madri sentendo che le altre ragazze
erano presenti “liberarono” le proprie
figlie. La notte nessuno dormi. Non perché avevamo accanto le ragazze ma l’emozione
era tale …
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