giovedì 19 dicembre 2013

PUPU SENZA FILU




In un simposio non si fanno commentare le poesie ai politici (sia la Salerno che il D’Amato sono stati esemplari), sono gli stessi poeti che ne discutono o chi è soggetto o oggetto delle poesie. Tocca all’emigrante darci le sensazioni che descrive la poesia. Nel nostro caso la Signora Laura La Sala scrive una lirica (e la legge) Pupu Senza Filu. Non sta a me elencare quanto alloro , coppe, diplomi abbia in casa. Quanto segue è rivolto ai soliti noti di qualsiasi area provengano.
La professionalità di questi dei arriva al punto che hanno paura dei commenti e fanno intervenire solo quelli che li incensano. Il sottoscritto , oggetto, non poteva intervenire per rispetto del simposio in quanto era presente colui che ha scritto l’infame lettera contro i pupi e il mio intervento avrebbe trasformato la serata in un regolamento di conti. Ovviamente loro non hanno questa sensibilità e come minimo avrei incassato un “vastasu” o qualcosa di simile a “buttaneddu” come nel loro stile.
Ecco perché metto il mio commento qui (o si dice sinossi?) . Il fatto che il nuovo assessore ha perso sensibilità , ma triplicato faziosità dimostra che lui può dormire nella capanna di Betlemme solo perché i veri inquilini sono assenti ed è bene che non lo sappiano.

Stu pupu sicilianu
Beddu baffutu
Cu la spata n’manu,
pinnulia:
comu lu tiatru,
ca nuddu apprezza. (1)
Na vota granni e picciriddi
C’era scialu, tiatru di burattini,(2)
e pupari, cunti di principi, ducati, (3)
Orlando, Angelica,
cavaddi,cavaleri, spati e curazzeri
facianu sugnari:
regnanti vecchi e picciriddi.(4)
Ora lu pupu è mpinnuliatu, comu
Un ruttami nta na gnuni : (5)
eppuru iu, ci sugnu affiziunata,
sunnu radici di lu me passatu.(6)
Terra siciliana maltrattata !
Sempri n’ginocchiu comu
Un piccaturi, ca prea nta n’artaru
Ddu Cristu sempri ncruci:
non trova mai risettu!
Poviru burattinu abbannunatu
Chinu di storia, ma
Cu lu sguardu fissu, pari ca mi
Talia scunsulatu:
m’abbannunasti, ma sugnu sempri prontu,
pi lu prossimu cuntu:
di sti tempi, ci fussi, atru chi cuntari !...
Atru chi scialari!...
Macari di chianciri
Tantu lu cori è chinu di duluri.
Sta biniditta terra:
senza patri nè patruni,
nun si susi !
Tristi la sorti :
di Sicilia
baracchi
e burattini  (7)

1)Sacrosanto. Il pupo “pinnulia” quando non lavora soprattutto oggi che non è più apprezzato perché sostituito da mille altre proposte. Solo il Teatro Greco ha resistito migliaia di anni superando tecnologia e modernità. Eppure Platone nel suo “Simposio” (che coincidenza !) parla di un “puparo” di Siracusa che si trovava in quel “simposio” ad Atene… 
2)Il termine burattini era praticamente inesistente negli anni d’oro del teatro dei pupi. I pupari disdegnavano questo termine perché completamente diverso. Il burattino ha una grossa testa di legno semivuota dove l’artista introduce le dita e calza come un guanto . Dalla testa parte il costume che copre  mano e braccio. L’artista coperto da una baracca (di solito di velluto rosso) agisce in piedi in un boccascena di circa due metri di lunghezza ed uno di altezza . E’ solo o con una compagna e possono muovere due burattini per volta. Dal bergamasco alla Emilia Romagna quasi ogni papà è un burattinaio. Il pupo fa parte della famiglia delle marionette, note già in mesopotamia, ma affermatesi in Sicilia più o meno alla fine del millesettecento. Una specie di pupo è descritto dal Cervantes nel Don Chisciotte. Cervantes che era nella stessa nave alla battaglia di Lepanto assieme a dei marinesi dove perse anche un braccio.
3)Le nostre tre grandi tradizioni sono : cunto, cantastorie, pupo. Tre cose diverse e separate. Noi crediamo che il tutto inizia con il cuntu : il cuntista, il rinaldo, l’incantamentum,l’aedo, il rapsode, il trubadores, l’ozan, il romanceros, il trovatore, il cantambanco,il giullare, il rimatore, il cantore, il bardo, il minnesanger, il menestrello, il griot, il bankelsangen, il storystellers, il Cielo d’Alcamo o Jacopo da Lentini, il Canterino di Piazza san Martino Andrea di Jacopo di Tieri dei Mangiabotti da Barberino in Val D’elsa riempiva le piazze o le corti. Poi il passo fra cuntista e cantastorie fu breve, è bastato aggiungere musica e canto. Poi ad un certo punto questo non bastò più. Il pubblico voleva le immagini ed ecco il Teatro o meglio l’Opera dei Pupi.
4)molta della fortuna del teatro dei pupi era dovuta al fatto che era l’unica forma di teatro popolare che metteva su spettacoli da testi grandiosi con costi irrisori. Cosa che poi sfruttarono le compagnie popolari girovaghe.
5) Debbo ammeterlo , ma debbo aggiungere che i miei pupi hanno sangue vero nelle vene. Tante cose sono intervenute per decretarne la conseguente decadenza. A Marineo è bastato un cafone spalleggiato da certi incoscienti che hanno privato i nostri giovani e la cittadinanza di una realtà divenuta “patrimonio dell’Unesco” . Peggio di ammazzare uno a lupara. Peggio di uno stupro di gruppo.
6)Spiacente non concordo. E’ una frase fatta. La più grande ipocrisia del nostro tempo. Tutti abbiamo assistito allo stupro e nessuno ha mosso un dito. Anche i nuovi si sono uniti agli stupratori: il cosidetto fuoco amico. Mentre si sta apparecchiando la tavola per la grande abbuffata del cimitero (che stomaco abbuffarsi sopra i morti) senza che nessuno muova un dito. A qualcuno piace essere stuprati altrimenti non è giustificabile lo scempio davanti gli occhi di tutti. L’alibi è nel trasformare un fatto pubblico in un fatto personale usando mistificazione
7)Altra mistificazione. Cristo è sempre sulla Croce perché c’è sempre qualcuno che leva i chiodi ma subito dopo dietro di lui c’è ne è un altro che li ribatte. Prima tutto era colpa di Roma, poi della mafia, ora ? Il piangersi addosso di noi siciliani è vergognoso. Noi alleviamo infami e ne conserviamo gli escrementi. Voi poeti avete il pianto facile e l’accusa generica.

Ps parte di queste risposte sono prese dal mio intervento al convegno Mito e Teatro (15.4.2013)

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