IL RACCONTO DI NATALE
RESTA QUI CON NOI
Questo articolo merita una premessa. L’ho scritto oltre ventianni or
sono dopo aver fatto un giro lunghissimo visitando i maggiori santuari europei
(Mejugorie, Lourdes, Fatima, Loreto, Siracusa, ecc.) e scrivendone sul Segno
(settimanale della Diocesi di Milano). Ricordo che appena usci l’articolo il
mio Parroco (Don Pasquale Rigamonti , buon anima) mi abbraccio commosso
dicendomi: “…ma quello era Gesù… !”. Mi commossi anch’io. Quando lo pubblicai
sul Guglielmo un amico mi disse: ma alla fine chi era quel tuo fratello ?
Aggiungendo era il tizio è vero, facendomi nome e cognome …
Mi
alzo di buon mattino anche se sono stanco, come tutti quelli che in questi
giorni prefestivi hanno mille cose da fare. Fischietto anche. Il cielo è
chiarissimo e dal mio balcone si vedono le Prealpi bergamasche e il bianco
della neve fa sembrare la città pulitissima. Mi sento orgoglioso di vivere a
Milano e di colpo sono spariti sporcizia e disordine, caos di traffico, gente
che corre affannosamente, ingorghi, urla, strombazzamenti e code. Mi vesto e
prendo il caffè in terrazzo in mezzo alla neve nella tazza delle grandi
occasioni. Beh, bisogna provare certe sensazioni. E come il pittore che finita
la sua opera cancella e ripulisce il suo quadro: alla fine ti sembra senza
difetti. Cosi a guardarla Milano è veramente perfetta. Scendo e subito incontro
il signor Andrea che a fatica cerca di alzare la serranda del suo negozio. Mi
sento in forma e con una spinta è su e il signor Andrea mi saluta ringraziandomi.
All’angolo di via Boschovick incontro la vecchia fioraia che cerca di
attraversare e a vederla immobile sul ciglio della strada mi sembra una statua.
In un attimo sono da lei. Calmo le macchine che arrivano e, presa sottobraccio
la fioraia, l’accompagno all’altro lato mentre il barista all’angolo mi chiede
se ho cambiato morosa. Sto per proseguire e vedo lo stesso barista che armeggia
con interruttori e spine per cercare un guasto al suo impianto elettrico. In
due si fa prima e cosi dopo cinque minuti posso proseguire per la mia strada
salutando il barista che per ringraziarmi mi offre un altro caffè. Ogni tanto
incontro qualcuno che mi saluta e vuole scambiare gli auguri. Qualcuno scivola,
un altro spala la neve, un altro butta sale. Saverio davanti alla sua pizzeria
è alle prese con una gomma bucata. Di lì a poco la gomma è cambiata e lui
prosegue mentre io cerco di lavarmi le mani con la neve. Arrivo finalmente alla
mia macchina parcheggiata per strada nell’unico posto che sono riuscito a trovare
l’altra sera. Incomincio a togliere la neve da sopra, ai lati, dalle gomme, dai
vetri. Infine riesco ad entrare e metto in moto subito. Faccio per partire e
guardando il retrovisore noto nel sedile posteriore un fagotto, quasi un
saccone. Per un momento rifletto su cosa ho lasciato incoscientemente sulla
macchina per tutta la notte. Ma ad un tratto il saccone si muove lentamente e
una mano spunta da sotto. Poi una seconda, poi si sente un sospirone ed io
sbianco per timore ed incredulità. Esco dalla macchina, guardo il tipo, il
colore, la targa e il solito graffio sul lato destro. Rientro e il mio ospite
intanto si è seduto e sta cercando di sistemarsi un po’. “Buon giorno…” Dico
coraggiosamente. “Buon Natale…” mi risponde conciliante. Mi spiega che non era
facile trovare “alloggio” la notte quando nevica tanto e all’improvviso, e
siccome la macchina era aperta gli sembrava un invito. ”Poi sa… ho visto la
foto…bella famiglia, complimenti. Mi sono detto che uno come lei non avrebbe
rifiutato ospitalità”. Anch’io mi sentirei rassicurato nel vedere bambini che
sorridono in braccio a genitori felici. Non aveva sporcato più di tanto e
raccolte le sue cose velocemente ci troviamo al bar a fare nuovamente
colazione. ”Stavo andando da Fratel’ Ettore, ma ieri avevo esagerato e mi
vergognavo un po’… e poi ancora un metro e sarei crollato… per fortuna lei ha
lasciato la macchina aperta…”. Una volta li chiamavano barboni, ora li chiamano
in tanti modi, io per istinto l’ho chiamato fratello. Lui mi ha sorriso ed ha
accettato l’invito a cena per la sera. “ Sarà di magro, sa è vigilia…” dico. In
ufficio ci si scambia auguri e complimenti. Gira qualche pacchettino con
fiocchetti sempre più originali. Qualcuno mi ricorda che la sua famiglia è
aumentata e che a Natale un aumento di stipendio non si può rifiutare. Stavo
per proporglielo io ma è stato meglio così: non sarebbe stato un gesto sincero
altrimenti. Al pomeriggio mi ricordo che la Silvia mi aveva detto dove trovare
pane azzimo ed erbe amare. Così tutti tirati a lucido ci troviamo attorno al
presepe insieme ad un ospite imprevisto che tutti accettano come fratello.
Riesco a portarlo anche alla messa di mezzanotte, che segue con grande
attenzione. Poi sparisce nella chiesa piena ed io lo cerco inutilmente con gli
occhi. Infine mi rassegno perché ho capito e i miei occhi sono lucidi, la mia
gola ha un nodo e la mia coscienza è leggera leggera.
Un
urlo tremendo mi sveglia. A fatica apro gli occhi tiro su la tapparella e vedo
Milano bianchissima. Grido come un matto contro chi usa simili torture come
sveglia. In un attimo sembra che in casa sia entrato un tornado. “Papà in
macchina c’è un barbone puzzolente… è uno schifo, tu lasci la macchina sempre
aperta…”. Barcollo mi gira la testa… “Oggi cosa è…?” chiedo ansioso…“Il 24 dicembre,
la vigilia e tu stai dormendo come un fannullone.” “No non è possibile… ieri
sera abbiamo fatto la cena e poi la messa… e poi…” ripeto continuamente. ”Papi
cosa hai bevuto ieri sera in cantina ? Oggi è la vigilia il 24, e tu non
capisci che dentro la macchina c’è un barbone che puzza di immondizia…” gridano
in coro. Mi precipito per le scale chiedendomi se è stato tutto un sogno. Il
signor Andrea mi chiede gentilmente di dargli una mano con la serranda ma non
capisce che debbo correre alla mia macchina. Urto violentemente una vecchietta
che mando quasi per terra mentre voleva attraversare la strada. Il barista mi
sgrida dandomi del maleducato. Saverio mi fa cenno di avvicinarmi ma gli sono
debitore di almeno un mese di pizze arretrate e passo lontano. Arrivo trafelato
in macchina: è vuota ma si sente uno strano odore di marcio. Impreco contro la
mia sbadataggine e già in ufficio aggredisco il primo che incontro. Inizia un
via vai di telefonate sulla spesa da fare. Branzino, gamberoni, pasta all’ uovo,
Cesarini Sforza come aperitivo, vini bianchi di Sicilia, San Daniele, capesante
e vol au vent, tartufi e salmone, tartine e infine uva brasiliana e
meloni di Algeria. A mezzanotte non andrò a messa. Ho la testa piena di
bollicine. Piero, Walter, Giovanni e famiglie andranno, io resto solo a casa
davanti al camino a riguardare i regali che ci siamo scambiati prima della
cena. Adesso mi viene in mente il sogno. Ripercorro le varie fasi e mi sento
ghiacciare le vene, mi metto un mantello e scendo. La neve non è più la stessa,
sembra fango e il colore rispecchia sia il mio animo che la mia coscienza.
Scivolo e finisco in un mare di fango nero. Mi concio in un modo
impresentabile. Mi avvio alla stazione e passo sotto gli archi, cerco quello
giusto, entro e mi trovo due tavolate piene di gente. Qualcuno allunga gli
occhi e mi scruta. Anche io cerco qualcuno e li guardo uno per uno. Fratel’
Ettore mi si avvicina e chiede chi cerco invitandomi ad entrare. “Ehi tu! Hai
perso tuo fratello?” mi grida uno. Era proprio lui, quello del sogno … mi siedo
vicino a lui in silenzio. “ Resta qui con noi ! Mettiti in ordine ! Ora ti
passo una fetta di panettone. Sai la prima volta ci si sente male, poi ci si
abitua. Conosco il prete e ti farò dare una buona cuccetta. Dai, mangia e non
piangere, tanto qui o altrove rimani sempre un disgraziato e se lo capisci
riesci a sopravvivere” mi sussurra benevolmente. Non sono tornato a casa quella
sera e la mattina presto accettai il caffè da quel mio fratello. Lo abbiamo
bevuto in due bicchieri di plastica con i piedi sulla neve bianchissima e
immacolata.
nota.Fratel Ettore, camilliano, per decenni girava per Milano con la sua sgangherata auto con sopra una statua della Madonna. Gestiva un refettorio-dormitorio sotto gli archi della stazione accogliendo disagiati e disperati.
nota.Fratel Ettore, camilliano, per decenni girava per Milano con la sua sgangherata auto con sopra una statua della Madonna. Gestiva un refettorio-dormitorio sotto gli archi della stazione accogliendo disagiati e disperati.
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