venerdì 26 aprile 2013

Morta la DC o la democrazia?




È se la DC non fosse mai morta?! Ad assistere alle vicende politiche nazionali con Letta (junior) presidente del consiglio, PD e PDL insieme, il dubbio potrebbe non essere così lontano dalla realtà. Con tangentopoli la DC ufficialmente venne spazzata via dalla scena politica ma i democristiani, dopo un periodo di sbandamento, si ritrovarono chi nel centrodestra chi nel centrosinistra e il designato primo ministro Enrico Letta, politicamente figlio dell’Andreatta democristiano, trova spazio nel PD mentre lo zio Giorgio assume il ruolo di regista del PDL.  Analizzando il percorso politico dell’ultimo ventennio, invaso da forti aspettative riformiste, viene fuori che lo scontro politico tra centrosinistra e centrodestra, più che su tematiche ideologiche od economiche, sia stato focalizzato sul berlusconismo e sull’anti-berlusconismo, con il leader del (presunto) centrodestra nel ruolo di parafulmine di tutte le scintille. Quanto lo scontro sia stato realmente politico, più che di facciata, è tutto da dimostrare; nessuna reale riforma è stata portata avanti nell’ultimo ventennio nonostante la sostanziale alternanza tra i due poli alla guida del paese, anzi, ogni volta che le spinte riformiste hanno minato gli equilibri politici, la casta si è difesa mediante l’apertura della crisi di governo, con gli ex democristiani in prima fila (con i vari Mastella, Casini, Pisanu, Monti … salvatori della casta). Il dubbio che nasce da questa breve analisi è che in un momento storico delicato, seguito a tangentopoli, con le spinte bipartitiche, la vecchia classe politica dominante, per non perdere il potere a favore di altre, ed estreme, classi, sia esse di destra che di sinistra, volutamente, mediante un oculata regia, si sia distribuita nei due nascenti poli con l’intento di influenzarne e governarne le spinte riformiste. 
Se questo scenario dovesse trovare riscontro nella realtà si spiegherebbe meglio il perché di una connivenza PD e PDL alla guida di un governo tecnico guidato da Monti (rinnegato solo per scelte elettorali) e si spiegherebbe ancora di più un governo politico tra PD e PDL oggi, dove la stabilità del potere precostituito risulta minacciato dall’antipolitica e, sopratutto, dalla crisi economica.  In questo scenario si giustificherebbe anche il maggiore tempo richiesto per le scelte istituzionali, frutto di una più intensa attività di mediazione tra le anime centriste dei due schieramenti e le anime idealiste che, naturalmente, ogni polo porta con se. Uno scenario di questo tipo significherebbe la morte della democrazia rappresentativa (se mai esistita) a vantaggio di un’oligarchia di fatto che, attraverso il camuffamento ideologico, finisce, pur in minoranza, col controllare e governare le naturali scelte ideologiche, moraliste, politiche fatte dal popolo nei vari momenti storici.  LIBBY

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