Autoritratto |
SPAZIO ROSA
L’ALTRA META’ DELL’ARTE
Sofonisba Anguissola, signora della pittura rinascimentale,cremonese di nascita ma palermitana di adozione
Comincia con Sofonisba Anguissola e le sue sorelle l’ingresso delle donne nella storia della pittura. Siamo nel ‘500 e le donne, anche se ricche di talento, sono tenute lontane dalle botteghe artistiche, riservate agli uomini. Ma nella nobile famiglia Anguissola dovevano esserci mezzi adeguati perché tutte e sei le sorelle vengono avviate alle arti in casa ed è a questo universo domestico che si ispireranno i numerosi dipinti di scene di vita familiare. Solo a Sofonisba, la più dotata, viene concesso di frequentare - non da sola, cosa impensabile per quei tempi, ma in compagnia di una delle sorelle - la bottega del pittore lombardo Bernardino Campi. Era nata a Cremona nel 1530 e ben presto, grazie alle conoscenze altolocate del padre Annibale e della sua fama di ritrattista, venne chiamata alla corte dei Farnese, dei Gonzaga e perfino da Filippo II a Madrid, dove divenne anche dama di corte della regina-bambina Isabella di Valois con cui strinse un rapporto di confidenza e profonda amicizia, accomunate dalla passione per la pittura. Ed è in quella corte, avendo la pittrice espresso il desiderio di sposare un italiano, che venne combinato per procura il matrimonio con il siciliano don Fabrizio Moncada governatore di Paternò. Dopo la morte del marito, avvenuta in mare durante un assalto dei pirati, lasciò la Sicilia e a Livorno conobbe il nobile genovese capitano Orazio Lomellini che sposò trasferendosi poi a Genova. A 83 anni il marito la riportò nell’isola dove aveva numerosi interessi da curare. A Palermo continuò a dipingere nel quartiere arabo di Seracaldi, meglio noto come il Capo, nonostante il forte calo della vista per una cataratta. Ed è intorno ai 90 anni che la pittrice incontra il giovane e promettente pittore fiammingo Antoon van Dyck, che aveva ammirato i suoi quadri alla corte di Spagna, desideroso di conoscerla di persona. Il pittore era stato invitato a Palermo da Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia per conto del re di Spagna Filippo VI, perché gli facesse un ritratto. In quella occasione, mentre l’artista ne eseguiva uno schizzo, l’anziana donna conversando amabilmente ebbe modo di raccontargli di sé e di dargli preziosi consigli tecnici come quello di non prendere la luce dall’alto altrimenti l’ombra delle rughe della vecchiaia diventa troppo forte. I suoi ritratti sono conservati in prestigiosi musei d’Europa e d’America, ma chi volesse vederne uno può spingersi sino a Paternò dove l’artista dipinse, affranta dal dolore, in ricordo del marito un olio su tela della Madonna dell’Itria, a cui il casato dei Moncada era particolarmente devoto. Il dipinto che si trova nella Chiesa dell’Annunziata, è privo di data e firma e solo recentemente è stato attribuito alla pittrice, grazie a un documento notarile rinvenuto nell’archivio storico di Catania.
Morì nel 1625 e fu sepolta nella cripta della chiesa palermitana di San Giorgio dei Genovesi, dove ancora oggi può leggersi una lapide in cui il marito Orazio Lomellini esprime tutto il suo dolore e l’ammirazione per l’amata consorte.
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