C CARAVAGGIO 10
L L ’approdo allo Sbarcatello e la
presunta morte nella chiesetta di S. Maria fuori dal borgo.
Una mattina ricevetti una e-mail dal Ferrini, l’aprii subito e rimasi colpito dal suo contenuto. Il titolo del breve scritto inviatomi era “Il luogo dove il Caravaggio mori”. Il sagace storico avvalendosi di credibili documenti storici e richiamando alcuni passi dello scritto del Baglioni, contemporaneo di Caravaggio e autore di uno scritto sugli artisti del seicento romano, sosteneva che il pittore approdò non sulla spiaggia della Feniglia nel comune di Porto Ercole. Secondo il dotto portoercolese Michelangelo giunse allo Sbarcatello, un approdo usato in passato dai pirati collocato a nord-ovest nella parte estrema del territorio della località marina e semi-nascosto agli occhi vigili e indagatori dei dominatori spagnoli. Sempre nello scritto rigettava l’esistenza di un hospitale denominato “ S. Maria Ausiliatrice” e documentava l’esistenza di una piccola chiesetta che rispondeva al nome di S.Maria collocata fuori dal borgo medievale. Il toponimo di – S. Maria - gli venne probabilmente attribuitogli qualche anno dopo la morte del pittore lombardo.
Lo scritto, stringato e discorsivo,
confermava le mie impressioni sul Ferrini: una persona seria e desiderosa di
dare fondate e credibili risposte agli irrisolti quesiti legati alla mitica
figura del Caravaggio. La sua interpretazione mi apparve verosimile e mi
convinse che la leggenda dello sbarco del pittore sulla spiaggia della Feniglia
perdeva senso e consistenza.
Nei giorni a venire ebbi vari colloqui telefonici con la
dott.ssa Alessia Cervone impegnata ad affrontare l’arduo compito storiografico
di verificare la solidità e verosimiglianza delle variegate malattie e quali di
queste potevano avere eventualmente causato la morte del Merisi. Nell’ultima
telefonata concordammo di vederci nella sede del Comitato dato che la sua
ricerca era in uno stato avanzato e, oltre ad una analisi critica delle
presunte patologie che i diversi biografi avevano attribuito al Caravaggio,
aveva formulato alcune sue ipotesi che mi erano sembrate sostanziose. La
dottoressa si presentò con uno sguardo fiammeggiante e soddisfatto, mi passò
una cartellina ricca di schede ed annotazioni. Diligentemente e con tipico
metodo scientifico aveva abbinato, alle diverse ipotesi di patologie, una
scheda in cui riportava le sintomatologie delle malattie secondo l’attuale
scienza medica e a cui potevano corrispondere quei particolari sintomi di cui
si disponeva testimonianza storica. Si trattava di un lavoro compiuto con
passione e seria applicazione. Durante i
nostri incontri e le nostre telefonate, sulla base delle conoscenze
storico-biografiche sul Merisi di cui disponevo, avevo realizzato due possibili patologie: il saturnismo e la
sifilide. La Cervone mi confermò che le due malattie potevano essere
compatibili con i disturbi di cui soffriva il Caravaggio, infatti fra le schede
mediche da lei preparate due riguardavano il saturnismo e la sifilide. Da parte
sua riteneva che la causa più probabile di morte del pittore era da individuare
in un colpo di sole. La ringraziai per la ricerca compiuta e, appena se ne
andò, iniziai a leggere il prezioso materiale che mi aveva appena lasciato. Fui
colpito da alcune considerazioni critiche da lei formulate e riportate in uno
sintetico scritto di cui mi riservai di approfondire la lettura. Nel frattempo
approfondivo la ricerca storiografica
per ripercorrere le tappe che avevano potuto portare il pittore a contrarre sia
la sifilide che il saturnismo.
La
seria e puntale ricerca basata su una attenta lettura delle poche e confuse
notizie storiche inerenti la o le presunte patologie del Caravaggio aveva
prodotto i suoi ricchi frutti. Allargare la già estesa ridda di ipotesi di
malattie che il nostro sfortunato pittore avrebbe o aveva contratto, poteva
solo contribuire ad ingenerare ulteriore confusione. La obiezione che veniva
spontanea verteva sulla possibilità di ricadere in una specie di accanimento
storico-interpretativo; sarebbe stato invece più saggio limitarsi alle scarne
certezze sulla sua vita e dedicarsi alla valorizzazione dei suoi inimitabili
capolavori. Un’altra critica poteva emergere da una specie di avidità
conoscitiva incentrata sugli aspetti più torbidi della vita di Michelangelo o
sugli episodi oscuri e tetri che hanno accompagnato tutta la sua esistenza e in
particolare l’ultimo anno della sua presenza su questa terra. Ognuna di queste
osservazioni aveva una sua apparente ragionevolezza, una sua bontà e un
apparente buon senso, salvo il fatto non marginale che inerisce il compito e la
missione di chi si applica alla ricerca storica: portare alla luce tutta la
verità. Ricostruire fedelmente episodi, fatti ed eventi di ciò di cui si tratta
è l’attività precipua della storiografia. Soffermarsi su alcuni torbidi ed
oscuri eventi che permettono di ripensare atti e comportamenti di tutta una
serie di importanti personaggi che ruotavano intorno al pittore, acquista una
valenza chiave per meglio comprendere gli avvenimenti. Diventa un importante
procedura che può dischiudere una diversa rilettura dei costumi morali, del
sistema valoriale, degli aspetti antropologici e umani della società italiana
dei primi seicento, ed in particolare del clima culturale e psicologico
regnante a Roma e Napoli. Riportando chiarezza su alcuni aspetti della vita del
Caravaggio, del suo carattere, di come è stato raffigurato, elaborare nuove
idee sulle sue presunte malattie, fondate su solide basi medico-scienitifiche,
è un esercizio di stile della ricerca che fa piazza pulita di superficialità e
pressapochismi. Infine non vi sono dieci o mille verità storiche in combutta
tra loro, ma solo probabilità supportate e suffragate da credibili materiali e
ragionamenti verosimili. Anche nel prospettare altre possibili patologie
sofferte dal Merisi, nulla si concedeva alla improvvisazione e alla
spettacolarizzazione delle nuove
formulazioni. La dott. Cervone, indipendentemente dalla sua giovane età,
seguiva la strada maestra del rigore e della prudenza diagnostica, specialmente
nel caso in oggetto. Le presunte malattie da lei supposte non avevano la
pretesa di presentarsi come certezze ma solo come possibilità: il carbonchio,
la letptospirosi, la sepsi. Solo nel caso del colpo di sole, il contesto
storico, la specifica situazione psicologica-comportamentale (il delirio) e
fisica (la febbre alta) del pittore, l’ambiente fisico e le condizioni
climatico-atmosferiche componevano una insieme da cui sgorgava, in questo caso,
una altamente probabile patologia dall’esito mortale.
Nessun commento:
Posta un commento