giovedì 16 gennaio 2014

DALLA LIBERAZIONE ALLA LIBERTà



   E’ il titolo di una mostra fotografica aperta presso il Centro Ceco di Milano nel periodo dal 14.01. al 14.02.2014. La scelta del periodo è probabilmente voluta, perché uno dei personaggi che si ripete su molte foto – sia di persona sia a causa del suo funerale – è Jan Palach che si è dato fuoco proprio il 16.01.1969 e il 19.01.1969 è morto.
Funerali in forma provata?
 Fotografi famosi hanno immortalato un periodo lungo e quello che sorprende è che vediamo molto spesso i soldati sovietici con i loro carri armati. Nel 1945 furono accolti con entusiasmo, con i fiori proprio come portatori della liberazione dall’occupazione tedesca e quindi portatori della pace ma presto hanno svolto il ruolo dominante nel colpo di Stato del febbraio 1948 e la riconoscenza ai fratelli russi diventò di facciata anche se continuamente ricordata dai grandi striscioni. “Con l’Unione Sovietica fino all’eternità” fu una delle frasi più frequenti non solo durante i cortei del 1°maggio ma durante tutto l’anno. Questo stretto legame con il potere stalinista di Mosca colpiva molti oppositori ma anche gli stessi comunisti che finivano per lunghi anni in prigione – se tutto andava bene – o giustiziati per dimostrare la fermezza verso il nemico anche nello stesso Partito Comunista. Con la morte di Joseph Stalin iniziava lentamente un periodo di disgelo che culminò nei primi mesi del 1968 con l’elezione di un nuovo comitato del Partito Comunista cecoslovacco di cui il segretario generale diventò Alexander Dubček. (Permettetemi una nota personale. Quando arrivò questa notizia a casa mia il commento di miei genitori fu: è sempre un comunista non aspettiamoci niente di buono.) Con le riforme moderate il governo cercava il cosiddetto “socialismo dal volto umano”; il regime inventava una forma di democrazia e di libertà che non urtasse con il potere monopolistico del partito comunista e soprattutto non irritasse i successori di Stalin che mantenevano la compattezza del blocco sovietico. La primavera di Praga durò fino al 21 agosto 1968. Assaggiare la ventata di libertà dopo 20 anni di cupa oppressione, vi posso assicurare, era entusiasmante. Speravamo che anche nell’Unione sovietica le cose si movessero nella stessa direzione. E invece la doccia fredda: nella notte fra 20. e 21 agosto sono entrati nella Cecoslovacchia di nuovo i carri armati e i soldati russi (insieme ad altre nazioni del Patto di Varsavia). Questa volta non furono accolti con i fiori e con i canti ma con una protesta; i giovani cechi e slovacchi usavano le loro conoscenze di russo per spiegare ai loro coetanei nella divisa della Armata Rossa che non c’era nessun pericolo e consigliavano a ‘Ivan di tornare a casa’.
Non riuscirono a convincere nessuno perché le truppe sovietiche rimasero in Cecoslovacchia per altri 20 anni a controllare il cosiddetto periodo di normalizzazione che ha soffocato l’entusiasmo e la coesione della popolazione nati durante la Primavera di Praga. Diventava ‘normale’ tradire questo spirito perché il datore del lavoro ci chiedeva la nostra opinione a riguardo dell’intervento delle truppe “amiche” e molti non avevano il coraggio degli eroi: di fronte alla perdita del posto di lavoro rinnegavano il proprio passato. Si formò però un gruppo dei giovani studenti che non sopportavano questa situazione ed erano pronti a sacrificare la propria vita pur di scuotere la coscienza dei loro concittadini. Contro i compromessi che vedevano intorno a loro offrivano il sacrificio supremo, erano disposti a diventare una fiaccola vivente nel buio morale. Il primo estratto fu Jan Palach che scelse un posto strategico per il suo gesto estremo: la vicinanza della statua di san Venceslao nella omonima piazza di Praga. La sua fiamma lì era non solo molto ben visibile ma simboleggiava una continuità con il monumento del santo patrono ed altri santi cechi che vi si trovano e che “guardavano” un altro figlio di questa nazione capace di amarla fino a dare la vita per essa. Subito dopo la sua morte Jan Palach riuscì a scuotere la gente che si riunì in massa nelle vie in assoluto silenzio, partecipò in code lunghissime al suo funerale, organizzato dal rettore della sua Università nel centro storico di Praga, (durante la festa di laurea di mia sorella si osservava un minuto di silenzio) ma poi il regime riuscì a spostare la tomba di Jan Palach da Praga nel suo paese natio e la “normalizzazione” prese il sopravento. Nei giorni subito dopo il sacrificio di Jan Palach si fece notare il drammaturgo Václav Havel che invitò i giovani studenti a non imitare quel gesto , piuttosto a portare i fiori al posto dove si è immolato il loro eroe, il che era pure coraggioso. Per questo appello Václav Havel si è trovato in prigione.
   Altri 20 anni è durata la dominazione indiretta sovietica fino alla Rivoluzione di velluto. Alla mostra vediamo anche le foto del periodo delle manifestazioni spontanee contro il regime comunista, la gioia di Václav Havel e Alexander Dubček alla notizia della dimissione del comitato centrale del Partito Comunista cecoslovacco, saluto del Cardinal Tomášek all’assemblea dei cittadini davanti al Palazzo arcivescovile e l’elezione di Václav Havel al Presidente della Repubblica 29.12.1989. Comincia un nuovo periodo questa volta senza i carri armati e “fratelli”russi. Il titolo della mostra ci lascia con la speranza che sia il periodo di libertà. Sono passati 25 anni e si possono fare i primi bilanci. In attuale Repubblica ceca c’è la libertà di parola, il mercato libero, la libertà di diventare imprenditori, e possedere la proprietà privata. Purtroppo dobbiamo costatare che la Libertà con L maiuscola, che presuppone la responsabilità e la sincera dedizione alla ‘res-pubblica’, scarseggiano. Ora ognuno deve decidere da solo, se avere un altro oppressore – ad esempio il denaro, il potere, la carriera ad ogni costo, la morale senza scrupoli – oppure seguire la luce della fiaccola vivente che si è accesa per salvare la dignità della vita, la libertà interiore. La storia della Boemia nella seconda parte del secolo scorso si è svolta diversamente da quella italiana e molti fatti che abbiamo qui ricordatoci potrebbero servire come ammonimento. Per esempio la consapevolezza che il dono della libertà non è per niente scontato e va conquistato e custodito ogni giorno. Buona fortuna a tutti.

16.01.2014                                                                                      Růžena Růžičková

2-CONTINUA

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