Di Giovanni Perrone
La
notte di Pasqua ogni famiglia ebraica si riunisce per fare festa. Il
più anziano della famiglia racconta ai più giovani la storia dell’uscita
degli Ebrei dall’Egitto, prima Pasqua. I ragazzi ascoltano attentamente
ed intercalano il racconto dicendo “E’ vero!”. La festa pasquale è
occasione per fare memoria, per riaffermare i valori della Pasqua, per
fare interagire anziani e giovani, per riaffermare l’importanza e
l’identità di un evento. E’ un’interazione che aiuta gli anziani a non
dimenticare e responsabilizza i giovani. Non si può celebrare senza
memoria, riconoscenza ed impegno! L’arrivo e l’accoglienza di un
centinaio di ragazzi sigolenesi e dei loro accompagnatori a Marineo dà
avvio alle celebrazioni del trentesimo anno di vita del gemellaggio tra
Marineo e Sainte Sigolène. In
questi tre decenni, centinaia di alunni e di famiglie hanno potuto
vivere l’esperienza del viaggio, dell’ospitalità, del confronto con
stili e costumi diversi. Non voglio ripercorrere la storia di questo
trentennio, caratterizzata – come ogni umano evento – da luci ed ombre,
da generoso, competente e costante impegno di tanti e da estemporanee e
talora arroganti improvvisazioni e fugaci passioni di tanti altri. Ci
penseranno altri nelle varie occasioni programmate. Riflettendo, con
gratitudine verso molti, sul gemellaggio, ricordando le centinaia di
volti sprizzanti entusiasmo e commozione di ragazzi, ma anche di adulti,
che hanno avuto la fortuna di partecipare agli scambi, mi vengono in
mente alcuni indicatori essenziali per organizzare e valutare una
celebrazione perché non sia e non resti un epidermico evento buono solo a
far gloriare i protagonisti di turno. Celebrare vuol dire far memoria, rendere grazie, garantire continuità.
Non
è facile oggi far memoria: la nostra società è sovente malata di
Alzheimer. Far memoria è riscoprire le radici, comprendere ed
interpretare i motivi che hanno generato l’evento, pulire l’evento dalle
incrostazioni del tempo e degli uomini, tagliare gli eventuali rami
secchi ed estirpare eventuali virgulti selvaggi che opprimono la pianta,
ridare autenticità all’evento. Per fare degna memoria occorre sentirsi
parte di un cammino che viene da lontano e che vuole andare lontano.
Bisogna avere la virtù dell’umiltà e sapere ascoltare i testimoni dell’evento
per evitare che l’evento si trovi ad essere strumentalizzato o vittima
di una mutazione genetica. Purtroppo, le istituzioni non sempre sanno
fare memoria e tante celebrazioni si riducono in autoreferenti
esternazioni dei potenti di turno. Il far memoria fa emergere la virtù
della gratitudine verso chi ha generato e reso vitale l’evento; verso
chi vi ha dedicato competenza, energie, risorse; verso chi ci è stato
prima di noi. Priva delle
radici, infatti, una pianta ben presto si inaridisce. La riconoscenza e
la gratitudine sono segni di stile, d’intelligenza, di dignità ed anche
di buona educazione. Chi ha responsabilità dirigenziali ed educative non
può dimenticarlo. In una
famiglia, ad esempio, il fare memoria vuol dire esprimere gratitudine
nei confronti dei nonni che magari, con mille sacrifici, hanno costruito
la casa ove si abita. Non si può tenere il nonno alla porta di casa
quando si fa festa. Lo si accoglie con rispetto, dandogli il posto
migliore! La celebrazione del
gemellaggio può essere occasione educativa per le persone e la comunità
affinché il far memoria e l’esser grati divenga stile di vita di
ciascuno e di tutti. La memoria e la gratitudine non sono virtù statiche
e appariscenti, né false esternazioni; sono virtù vive che garantiscono
autenticità, fecondità e continuità all’evento. Continuità,
non sterile e faticosa ripetitività, non estirpazione del passato tanto
per cambiare, ma capacità valutativa e rigenerativa perché
l’evento abbia sempre freschezza ed attualità, perché germogli nuovi
spuntino dall’antico tronco e diano generosi frutti. Continuità è sapere
da dove si viene ed essere consapevoli di dove si va, sapendo anche
guardare oltre l’orizzonte; è l’arte di valorizzare tutte le risorse per
far sempre meglio. Auguri, perciò, al gemellaggio a quanti ne
sono responsabili, a chi è stato chiamato (o si è fatti chiamare) a
farsene carico. Grazie a chi generosamente s’impegna per sostenerlo.
Auguri,
soprattutto, alle comunità sigolenese e marinese per questo prestigioso
evento che li onora. Auguri perché memoria, gratitudine e continuità
possano essere “fatti” visibili e credibili in ogni momento.
Nessun commento:
Posta un commento