Chi volesse visitare la mostra allestita nel salone del nostro castello deve
obbligatoriamente procurarsi una copia del libro del nostro compianto Aldo
Calderone. Chi ancora non la avesse può ancora trovarne qualche copia al Bar D’Amore
grazie ai figli. Ma soprattutto deve averlo letto il libro perché è in uso da
noi “accaparrarsi” sempre una copia senza dopo leggerla. Quindi bisogna “fare”
la fatica di documentarsi prima di visitare la mostra. L’altro ieri siamo
rimasti stupiti che in un momento le copie del libro del Prof. Lombino sono
andate esauriti perché il libro non è stato “presentato” ma discusso e quindi
bisognava averlo letto prima altrimenti …
La mostra che Ciro
Spataro ha voluto portare a Marineo più che una mostra è una collezione di
bandi e grida di uno specifico periodo
che un collezionista ha raccolto assieme ad altra documentazione del periodo cosidetto
borbonico, frutto di simpatie e nostalgie di un periodo particolare della
nostra storia e del nostro territorio. Questo tema dettagliatamente trattato
dal nostro Aldo Calderone (discendente del nostro omonimo storico principale)
che già nella prefazione “chiude” ogni speranza a futili nostalgie borboniche e
che documenta ampiamente quel “1800 ,secolo maledetto per Marineo” che oggi si
tenta di riproporre come “paradiso delle due sicilie” descrivendo il nostro
risorgimento e casa Savoia come avventurieri e corruttori .
Questo filone che
ogni tanto ritorna grazie a “ordini”
nostalgici che vanno dalla patetica “documentazione” della Angela
Pellizzari in difesa dello Stato Pontificio che pensa che i Mille fossero
chierichetti mancati , se non delinquenti comuni ad altri che tendono a
descrivere quasi un secolo di moti e rivoluzioni a livello di bande armate se non gesta di
briganti nel secolo d’oro del brigantaggio. Se si leva La Conquista del Sud di
Carlo Alianello del 1972 (per non parlare del Buttà Cappellano di Re Ferdinando
che lo segui da Gaeta in poi nell’ esilio lasciandoci pagine di una bellissima
umanità) ogni altro tentativo supera la storia per divenire folklore. Basti
pensare alla “terza marina militare del tempo” che si fa fare beffe da due
sgangherati mercantili degli armatori Rubattino con a bordo mille “straccioni”
illusi di poter fare l’Italia “una e indivisibile”.
Originale che certifica che 150 anni fa abbiamo chiuso i conti coi borboni |
Per non parlare delle
“grandi opere” lasciate ai posteri il
cui esempio più splendido sarebbe quell’anonimo parallelepipedo della ficuzza
che alcuni vorrebbero paragonare ai castelli di caccia di Federico II di Svevia
che prima di essere casine di caccia furono “opere d’arte” in tutti i sensi. Quindi
certi “nostalgici” orgogliosi di ettari di “parchi” per una sola favorita
dovrebbero rileggersi lo stato della popolazione e dei diritti dei “sudditi” in
quel periodo che viene elogiato proprio dopo che il popolo in Francia fu
costretto a decapitare nobili e preti in una rivoluzione che da noi arrivò
tardi . La mostra è ben allestita , ben ordinata ma manca come sempre un gesto
di comparazione cioè la realtà sociale del tempo bisogna dedurla perché non è
chiaramente documentata. Ed ecco perché senza andare alla ricerca di certa bibliografia
difficile o di parte basta il lib ro del Calderone che in questo caso zittisce
alcuni saccenti beatificatori di sogni borbonici. Sarebbe bastato che il nostro
Ciro Spataro (tra l’altro promotore e presentatore del libro del Calerone, con aiuti dello Scarpulla e del Benanti) nonché
autore del ritrovato diario di un garibaldino locale) senza venir meno al gesto
ospitale , ricordasse che questo comune votò all’unanimità per l’unità d’Italia
e che il documento esposto nella mostra che parla dei 24 condannati di cui 8 a
morte per l’omicidio dell’Arciprete Valente era già stato pubblicato descritto
e commentato dal nostro Aldo Calderone che in questo caso entra a pieno diritto
come storico nella nostra storia locale.
Senza nulla togliere
al gesto documentario del collezionista, se non si trattasse di panegirico di
un tempo che non possiamo accettare come “paradiso delle due Sicilie”.
ps il disegno mostra Garibaldi a Ficuzza prima di passare da Marineo