Buona Pasqua Marineo!
Il
Vangelo del giorno dopo la festa pasquale, ci racconta che le donne,
recatesi al sepolcro, ricevono la notizia che Gesù è nuovamente vivo.
Cristo senz’altro è resuscitato dappertutto. Nelle società opulente e
in quelle dove si muore di fame. E’ risorto pure a Marineo, nelle case
di chi sta bene e in quelle di chi non sa più come andare avanti. Non è
resuscitato per niente, invece, in chi ancora oggi crede nella speranza
che le cose cambino,che il sistema cambi. Questo è quel che sappiamo.
Ci si lancia nel vuoto della disperazione perché da tempo non si riesce
a trovare lavoro. Di chi si lamenta non ne conosciamo neanche i nomi.
In fondo è quasi un dettaglio. La notizia già c’è tutta e non abbiamo
bisogno d’altro. Tanti nomi, infatti, nella nostra Marineo, dove molti
senza lavoro muoiono civilmente, giorno per giorno, ancor prima che
anagraficamente. E anche quando uno straccio d’impiego si trova, è
perché si riesce a entrare alla corte di qualche santo molto terreno,
inserendosi nell’ennesimo carrozzone di precariato che non crea lavoro.
Non ci sarà nuova vita, né liberazione da niente, visto che abbiamo
appena festeggiato la libertà dall’oppressore di ieri, anche se non
abbiamo ben chiari gli oppressi e gli oppressori di oggi. Fine della
corsa per noi giovani marinesi. Non si può chiedere a tutti la
grandezza divina, per chi ha fede o dice di averla, di rialzarsi dal
proprio letto di “morte”. Il percorso dei comuni mortali è ben diverso.
Quando si muore cala il sipario. Ma questa volta non è stata una
tragedia venuta chissà da dove. Non c’è dietro la malattia inattesa che
scioglie la carne o un casuale incidente che la disintegra. Oppure la
cattiveria plateale dei carnefici che issano un corpo sulla croce. Le
cause di questa tipologia di morte stanno tutte nel vivo della società.
Ci interpellano tutti e in primo luogo chiamano per nome e cognome la
politica, qualsiasi sia il significato che ciascuno attribuisce a
questa parola e se è ancora possibile evocarla per nome e cognome.
Perché, se non sono le istituzioni a creare le precondizioni per
il lavoro vero, nel privato e nel pubblico, e non nero e non regalato,
chi deve farlo? Chi deve porre le basi affinché i tantissimi giovani
che sono dovuti andar via,possano gestire l'iniquità della forzata fuga
di cervelli che affligge la nostra comunità, sognando, ovviamente se
vogliono, di tornare nel nostro paese evitando l'alienazione da una
Marineo che è più spesso matrigna che madre. Le istituzioni
rappresentative, i partiti che portano al loro interno le loro donne e
i loro uomini, talvolta rassicurati dal loro voto con l’anima del
galoppino, presentano sempre più persone che lavorano per la prossima
campagna elettorale e mai per le prossime generazioni. La citazione
proviene da una riflessione di un grande statista della politica
italiana, Alcide de Gasperi. Difficile fare resuscitare anche lui. Il
problema è che nella nostra nazione di persone così ve ne sono sempre
meno. Non parliamo poi,nella nostra Marineo. Qui siamo dibattuti tra
chi dice, prendendoci per i cosiddetti, che non farà più alcun precario
e tra chi poi, di tanto in tanto,localmente, impugna la ramazza
moralizzatrice per fare pulizia. Che non si fa mai. Mai che si esca da
questo circolo vizioso a forma di collo di bottiglia, creando sviluppo
e occupazione vera. Un imbuto collettivo ed esistenziale nel quale è
rimasto affogato stavolta, e non è la prima volta, e non sarà purtroppo
l’ultima, anche la nostra comunità marinese che ahimè si lamenta troppo
e ne ha ben donde. Difficile in questi giorni dirsi buona resurrezione,
di fronte ad una morte così. Se non con una massiccia dose d’ipocrisia
o una quantità smisurata di speranza.
Peppe Perrone
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