La più santa di tutte le reliquie
Iniziamo
una serie di servizi sulle reliquie della Passione. Lasciamo agli
scettici e ai difficili le considerazioni, peraltro abbondanti e non
nuove sul valore delle reliquie. Per noi sono documenti della fede.
In
questo periodo di meditazione sulla morte sulla croce di Gesù Cristo è
legittimo domandarsi se e dove esistono le reliquie della vera croce
sulla quale fu crocifisso il nostro Signore. Fra
storia e legenda dobbiamo tornare molto lontano nel tempo. A
Gerusalemme, nell’anno 325 d.C. furono rinvenute tre croci, alcuni
chiodi e il Titulus, cioè la tavoletta sulla quale fu
scritta la colpa attribuita al condannato, mentre si rimuovevano i
detriti nel posto dove Adriano fece erigere il foro occidentale. Un
altro imperatore, Costantino il Grande diede l’ordine di abbattere il
tempio dedicato alla Venere e incaricò sua madre Elena di sorvegliare i
lavori. Siamo abituati a vedere
rappresentata santa Elena come abbraccia la croce e a ragione perché ha
avuto il ruolo decisivo in questo ritrovamento sensazionale. La
Legenda aurea di Jacopo da Varazze del XII secolo ci porta un po’ fuori
strada. Racconta degli ebrei che si rifiutarono di rivelare ad Elena il
luogo dove avevano nascosto la croce di Gesù dopo la crocifissione,
pare per paura dell’antica profezia che diceva che il loro “dominio”
avrebbe avuto fine con il ritrovamento della croce. Alla minaccia
dell’imperatrice di bruciarli tutti le consegnarono uno di loro di nome
Giuda che dopo le torture e digiuni forzati cedette e condusse
l’imperatrice lì dove era nascosta la croce; la terra iniziò a tremare
e si sentì un particolare profumo. Giuda riconobbe che Cristo era il
redentore del mondo. Si iniziò a scavare e si trovarono, venti piedi in
profondità, le tre croci. Nacque il dilemma: quale era la vera croce di
Gesù? In quel momento passò lì il corteo funebre con un giovane
defunto. Avvicinarono al morto prima una croce, poi la seconda e al
contatto con la terza, il morto si alzò dalla bara e lodò il Signore.
Giuda si fece battezzare con il nome di Ciriaco. L’imperatore
Costantino scrisse di questo fatto nel 325 d.C. al vescovo Macario di
Cesarea parlando delle “Meravigliose circostanze” in cui fu rinvenuta
“la testimonianza della santissima passione di Gesù, così a lungo
sepolta sotto terra”. Un po’ diversamente
raccontò i dettagli di questo rinvenimento sant’Ambrogio di Milano
nella sua omelia funebre per l’imperatore Teodosio (395): Elena,
incoraggiata da un sogno ordinò che si procedesse alla ricerca del
luogo in cui era stata nascosta la croce, identificata dalla presenza
del Titulus. Una volta
ritrovata, Elena faceva suddividere la croce in tre parti: un terzo
rimase a Gerusalemme, un altro terzo portò con sé a Roma, l’ultimò
terzo mandò al figlio. L’iscrizione della croce fu fatta suddividere in
due parti: la metà sinistra rimase a Gerusalemme, quella destra fu
portata a Roma. Lo stato in cui si trovava il Lignum crucis
dopo tre secoli non era appariscente e quindi si decise di esporre solo
i frammenti, successivamente intagliati a forma di croce sottolineando
che la parte rappresenta l’intero (Pars pro toto). La
reliquia della croce fu divisa maggiormente nel 638 quando Gerusalemme
era caduta nelle mani di mussulmani e il patriarca aveva smembrato il
legno della croce in diciannove parti che aveva fatto pervenire ad
altri sedi episcopali d’Oriente: a Costantinopoli arrivarono 3
frammenti e a Gerusalemme ne rimasero 4. Nell’epoca
dei crociati, quando cominciò a fiorire il commercio di reliquie,
fecero pervenire in Occidente numerosi frammenti, forse non tutti della
vera croce. L’imperatrice Elena custodiva a Roma una parte della vera
croce e la seconda metà dell’iscrizione della croce nel palazzo che
Costantino, dopo la sua morte donò alla Chiesa. Con le modifiche
durante gli anni è diventata attuale basilica di Santa Croce di
Gerusalemme in Roma. Oggi solo i cristiani armeni di Gerusalemme sono
certi di possedere tre grossi frammenti della vera croce, che si trova
nel tesoro della cattedrale di San Giacomo, nel quartiere armeno.
La
croce della nostra parrocchia che noi veneriamo venerdì santo non è la
“vera croce” ma ci permette di riflettere sulla vera passione del
nostro Signore. Le vicende della croce ritrovata, frantumata e sparsa
nel mondo ci possono appassionare e incuriosire ma quello che conta per
la nostra fede è la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, la Passione
di Cristo che rivivremo ancora queste feste di Pasqua, se prepariamo il
nostro cuore e la nostra mente al miracolo più grande.
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