sabato 28 giugno 2014

ISTRUZIONI PER L'USO

Intanto avrei fatto l’inaugurazione il sabato pomeriggio per dare la possibilità la domenica alla gente di ritornare subito a rivisitare il museo il giorno dopo a mente fresca. Chi si intende di queste cose ha preferito la domenica cosi nessuno vi andrà di lunedi e se avrà memoria rimanderà la cosa al prossimo fine settimana (sic). Buona parte dei visitatori conosce gli oggetti esposti per due semplici motivi: il primo per averli visti girare per casa il secondo perché il Pulizzotto “non sa fare nulla se non ha almeno un centinaio di strumenti vicino”. Sembra che buona parte di questi strumenti li usi quotidianamente dal cagliare il latte a fare il pane per non parlare di quando si trova in campagna. Parla usando metafore rubate alla cultura contadina e asseconda i suoi discorsi mostrando attrezzi e strumenti che ormai solo lui possiede. Ora suggeriamo di non visitare la mostra da soli. E permetteteci qualche esempio.
Per i giovani
Meglio con la fidanzata. Commentando gli attrezzi inevitabilmente emergerà la fatica di chi usava questi strumenti nel passato. E questo vi porterà a paragoni ricordando i nostri vecchi che col sudore aiutati anche da questi strumenti per allora tecnologicamente all’avanguardia “accumulavano” benessere per le prossime nozze. E da lì in poi se non siete poeti chiamate Ezio Spataro e fatevi suggerire non solo frasi d’amore ma anche di passato contadino.
Per le famiglie
E’ imperativo andare con i figli ancora a carico (intendo che ancora “dialogano” con voi). Ora se abbiamo imparato qualcosa da tutti questi “educatori” a tempo pieno ora è il momento di “dimostrare i muscoli”. Qui entra in gioco la continuità , l’eredità, il Dna. Ogni attrezzo è legato ad un nonno ad un padre ad uno zio (ovviamente anche in campo femminile). La nonna con quell’utensile trasformava una misera cena in un banchetto sontuoso. Il nonno “raccoglieva” dall’orto facendoli arrivare in cucina integri e rigogliosi. Avere un setaccio non era un lusso ma saperlo usare nelle molteplici applicazioni ne era capace solo la nonna. Quella zappetta con il manico a gobbe porta ancora i segni dei calli delle mani del nonno. E cosi per ogni attrezzo c’è una storia da raccontare legata alla propria famiglia. E i Vostri figli lo vedranno guardandovi nel viso sorridente e gli occhi umidi quando incontrerete visivamente l’attrezzo che suscita maggiori ricordi.
Per tutti gli altri
Prendiamo atto che se non impariamo a conservare il passato siamo in balia del caso. Dobbiamo difenderci da chi per un motivo o per l’altro vuole cancellare il passato. Lo subiamo tutti i giorni ! Se un bambino ritorna a casa e chiede “Papi, se tu sei il genitore n.1 e la mamma è la n.2 la nonna che numero è essendo morto il nonno paterno …?” Per fortuna che alcuni nostri figli sono ancora educati “a mano “ all’antica e cosi ci evitano domande tipo che numero hanno i genitori dello stesso sesso, i risposati, i divorziati, e qui mi fermo. In parole povere quelli che il Papa non ha voluto giudicare lasciandoci nella stessa angoscia che ci lasciò Paolo VI quando non si decideva per gli anticoncezionali. Ora la prima azione da fare è quella di andare a conservare subito, per chi fa ancora in tempo, la memoria familiare. Prendete i nonni gli anziani e “interrogateli” , conservate i loro ricordi , fate voi il loro “diario” su qualsiasi cosa. Da dove iniziano i loro ricordi (da un fatto, al matrimonio suscitatene i dettagli !, ad un evento) poi confrontate le date collegandole ai fatti storici a eventi paesani e infine catturate i loro ricordi . Mettete il tutto in quaderno aggiungete qualche foto e diventerà il vostro piccolo museo personale che vi terrà compagnia tutta la vita. Nell’era digitale dove nessuno scrive più una lettera rivalutiamo questo strumento.
Io non so come reagiranno le future generazioni di innamorati quando e se riusciranno a salvare il primo messaggino con scritto ti voglio bene e se ancora leggeranno qualche romanzo d’amore dove”…lei prese tutte le mie lettere e le rileggeva ogni giorno…”.In parte, a tutto questo ,sopperisce questo nuovo museo che non è altro che un album , uno scorrere di diapositive di immagini aride se non li abbiniamo ad un vissuto personale. E siamo ancora in tempo esistendo personaggi come Inguì che andrebbe ingaggiato come guida stabile perché molti di noi ne hanno bisogno.
Spiando e girando fra gli “allestitori” abbiamo rubato questa frase “la gente di Marineo ha un cuore grande, sente di essere parte di qualcosa ... E questo e' stata una delle cose più belle che io abbia visto in 15 anni …”. Grazie !

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