lunedì 30 marzo 2015

ALCUNE RIFLESSIONI SU PECCATO DI MAFIA DI ROSARIO GIUè




EDB, Bologna, 2015  , Pag.114 , Euro 10

Ho letto il libro di  Rosario Giuè: Peccato di mafia (Potere criminale e questioni pastorali) con molto interesse ma anche con molta trepidazione come mi succede di fronte ad ogni male. Erano i giorni in cui papa Francesco a Napoli il 21.03.2015 riprendeva le famose parole pronunciate dal papa Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993: “Nel nome di Cristo, crocifisso e risorto, di Cristo che è via, verità e vita, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di Dio!” e le cambiò in “Convertitevi all’amore di Dio e alla giustizia.” Questo accento sulla giustizia mi sembrò importante nel sud d’Italia dove può succedere che si faccia confusione fra il peccato e il reato – come dice l’autore del libro.
Nello stesso giorno si è svolta la ventesima  giornata della lotta contro la mafia a Bologna guidata da  don Ciotti con l’Associazione ‘Libera’. A quella dell’anno scorso papa Francesco ha mandato le parole rivolte ai mafiosi (21 marzo 2014): “Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male!” Non c’è bisogno di sottolineare più che, dal Pontefice della Chiesa cattolica vengono i messaggi chiari. 
Nella prefazione del libro troviamo invece l’affermazione: “La Chiesa italiana spesso appare come un’istituzione autoreferenziale, chiusa nelle proprie logiche di sopravvivenza, che lascia soli i martiri in terre di mafia.” Il giudizio mi sembra molto severo ma non conosco a sufficienza la situazione siciliana per poter esprimermi.  In seguito l’autore mi porta su un terreno ancora più incomprensibile alla mente umana – l’olocausto - quando dice:  “come non è più possibile fare teologia e pregare e passare sotto silenzio ciò che è accaduto ad Auschwitz, allo stesso modo oggi non è possibile essere Chiesa senza farsi carico del peso del dolore umano dei poveri e delle vittime”. Non voglio fare teologia ma voglio pregare anche se non capisco ciò che è successo ad Auschwitz e mi aiuta la risposta di un rabbino ebreo data alla domanda: “Dove era Dio ad Auschwitz” che diceva “Era con noi nelle camere a gas”. Similmente mi porta un po’ fuori strada l’autore quando interpreta diversamente da come lo capisco io il sacrificio di Gesù :“La logica sacrificale è stata utile anche a stabilizzare il dominio dei prepotenti, a giustificare o a non contrastare anche il potere mafioso”… nell’  “accentuata  spiritualità del sacrificio e della sopportazione in tanti riti e processioni sulla passione di Gesù.” Lo nota l’autore ma io ho partecipato a molti riti pasquali  in Sicilia e mi hanno aiutato a vivere profondamente questo momento cruciale del cristianesimo. Li ho apprezzato maggiormente perché quando ho vissuto nella Cecoslovacchia comunista eravamo privati di molte espressioni religiose che in Italia sono naturali. Sono delle vere ricchezze che sappiamo apprezzare solo quando ci vengono tolte?
Per quanto riguarda l’impegno politico della Chiesa l’autore deplora scarso interesse per i poveri, per la promozione umana e per le vittime della mafia. “Per decenni si è ritenuto di non doversi occupare delle questioni politiche, a meno che non fosse per la condanna del comunismo e della difesa della libertà religiosa e dell’istituzione ecclesiale.” I problemi del mondo sono sicuramente  numerosi  ed è vero che si devono condannare tutti i soprusi ma il comunismo minava l’esistenza stessa della Chiesa e la  condanna era doverosa e non sminuiva il male procurato dalla mafia. Mi succede spesso di incontrare in Italia la gente che ammira i principi del comunismo come molto simili al Vangelo dimenticando che un cristiano non può accettare la violenza come rimedio alla disuguaglianza sociale e soprattutto non può accettare l’ateismo militante dello Stato derivante dalla famosa frase di Karl Marx: ’ Religione è l’oppio del popolo’.  Per chi si vorrebbe fare un idea più precisa del periodo del comunismo posso raccomandare un libro appena uscito in italiano su un martire di comunismo Padre Josef Toufar “Come se dovessimo morire oggi” di Miloš Doležal, ed. La Casa di Matriona .
 “Per Gesù di Nazaret, la dignità e la libertà di ogni persona è importante.”  “Da lui si può imparare a resistere, con fiducia, al male. Resistere al male prodotto dalle mafie è prendere le distanze dal sistema circostante che lo causa e lo sostiene. Il potere politico-mafioso deve sapere con chi stanno i vertici della Chiesa, con chi sono i cristiani “impegnati” nella vita diocesana o parrocchiale.” La prudenza che all’autore spesso sembra eccessiva ci vuole in molti casi per non fare i danni maggiori. Inoltre penso che il cristiano sta sempre dalla parte del bene e che c’è un limite del compromesso che non può superare. Quando i comunisti  interrogavano i cattolici quasi si disperavano perché non riuscivano a far cambiare loro l’opinione, a farli collaborale o abbandonare la loro fede. Credo che così è anche nei confronti della mafia. Oltre un certo limite il cristiano non può accettare il compromesso.
L’autore esprime il suo dolore per la situazione in Sicilia con questa espressione: “Questo ‘Sud crocifisso’ è il segno dei tempi, l’appello di Dio al ministero ecclesiale e pastorale. ‘Deporlo dalla croce’ è il ministero fondamentale.” Lo capisco, anche il papa Francesco ha denunciato la corruzione e la disoccupazione soprattutto dei giovani come la privazione della dignità. Ma se vogliamo usare un’immagine così forte come il paragone con Gesù Cristo crocifisso dobbiamo anche accettare che Egli non è sceso dalla croce. Se accettiamo pienamente che Lui guidi la storia e noi siamo i Suoi strumenti , poi le cose cambiano ma non con i nostri tempi e non sempre con i nostri modi. Se permettete faccio ancora un paragone con la storia dell’Est europeo. Noi che ci vivevamo avevamo davvero impressione che quel tipo di male non cesserà mai che durerà “fino all’eternità” come leggevamo sui striscioni. Dopo 40 anni del deserto è arrivata la desiderata libertà. Potremmo aprire un altro capitolo chiedendoci se la sappiamo usare. Oggi ci troviamo sulla stessa barca con gli stessi problemi,  con la corruzione e la mafia, magari con le origini più recenti ma non meno aggressivi. 
24.03.2015                                                                            Růžena Růžičková


Ps. Quanto sopra chiamano  due osservazioni non da poco. La prima è del Cardinale di Praga Duka quando afferma che “gli anni cinquanta al lettore italiano ricordano Peppone e Don Camillo. Ma nel blocco sovietico la lotta tra il comunismo e la chiesa non fu altrettanto divertente”.
E anche altrettanto doloroso constatare che a Marineo il libro di Rosario Giuè  non si trova nelle librerie.

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