Stiamo per chiudere l’anno o meglio il trimestre “poetico”
con l’appuntamento che Laura La Sala ci dà per sabato 19 dicembre alle ore 18
nella sala della cultura al castello. Il Comune sponsorizza la serata dopo
ben tre eventi di poesia. Il nostro
assessore alla discriminazione ancora non ci ha fatto sapere quali requisiti
bisogna avere per essere inseriti nella “priority list” e poter ricevere l’invito.
E’ una vecchia storia che sa più di becero razzismo che di poesia e cosi uno
squallido gruppetto va in giro con l’invito “definendosi” prescelto per poi non
andarci. Io sarei disposto a pagare una tangente per essere inserito in questo
elenco che mi discrimina fortemente e che permette a i miei amici di bollarmi
come sovversivo.
Quindi la Signora la Sala ci presenta delle raccolte
di poesia battezzandole “Nun mi chiamari fimmina e la mia Isola” e non possiamo
che apprezzare questo suo ennesimo lavoro. Anche se la stessa mi ha apostrofato
come uno “che non apprezza il suo lavoro” , mi ritrovo nuovamente dentro un
madornale giudizio errato. Intanto trovare “una fimmina” cosi caparbia e forte
da diventare imprenditrice di se stessa, autodidatta con un suo stile preciso e
tagliato è cosa rarissima. E questo è degno di apprezzamento. Poi cosa debbo
dire sulla poesia quando abbiamo figure come Franco Virga o come Ciro Spataro
che vivono di poesia. Nel mio piccolo io sono stufo di poesie siciliane che
elogiano questa terra e i suoi abitanti in modo esagerato trasformando natura e
bellezza oltre il dovuto ma che poi non produce gente
di qualità che sa solo conservare problematiche medievali e alleva droni e parassiti.
Il giudizio critico sulla poesia della La Sala non
posso emetterlo io . Io racconto sensazioni, spessissimo sbagliate. Sono un
osservatore che anzicchè “sparlare” ha
il coraggio di scriverle cosa molto rara in un contesto di saccenti.
Ciò non toglie che la mia ricerca di “eccellenze
locali” suggerisce che non si arriva
alla produzione della La Sala per caso. O meglio per dirla chiaramente “la
classe non è acqua”. Quindi spero che i
marinesi siamo un po’ più interessati perché all’ultimo simposio sono andati
tutti “al mare” o a raccogliere olive lasciando nel castello solo i poeti e i
parenti e non sono riuscito a trovare nemmeno uno spettatore “non imparentato”.
E questo non ci fa onore.
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